Calma e autorevolezza. Come non cadere nell'inganno consueto del web

Piero Vietti
Non c’è giorno in cui – spesso a ragion veduta – qualcuno non critichi Google, Facebook o qualche altro colosso della Silicon Valley per l’influenza che hanno sulle idee, il discorso pubblico e la capacità di modificare la nostra percezione della realtà. Quello che pochi raccontano è come questo potere sia paradossalmente alla portata di tutti, in particolare di “stupidi e creduloni”.

E’ normale in questi tempi di iperconnessione digitale leggere e sentire parlare di privacy in pericolo su internet, con il Grande Fratello di turno che controlla le nostre email, le nostre chat, i nostri like e analizza le nostre opinioni trasformandole in dati che a loro volta vengono trasmessi a terze parti più o meno conosciute. Non c’è giorno in cui – spesso a ragion veduta – qualcuno non critichi Google, Facebook o qualche altro colosso della Silicon Valley per l’influenza che hanno sulle idee, il discorso pubblico e la capacità di modificare la nostra percezione della realtà. Quello che pochi raccontano è come questo potere sia paradossalmente alla portata di tutti, in particolare di “stupidi e creduloni”.

 

Charles Seife è un matematico che insegna Giornalismo alla New York University, collabora con varie testate prestigiose, e ha scritto un manuale (“Le menzogne del web”, da poco edito in Italia da Bollati Boringhieri) che racconta bene l’equivoco in cui tendiamo a cadere quotidianamente, quello per cui se una cosa è su internet, probabilmente è vera. “Un tempo ci volevano tutte le risorse di uno stato totalitario per costruire una realtà alternativa da propinare alla popolazione. Oggi un singolo individuo può farlo da sé”, scrive Seife nei capitoli iniziali del suo saggio, che non si limita ad analizzare come gran parte dell’informazione che ci arriva dal web spesso è incompleta, manipolata, se non totalmente falsa, ma svela come dietro a tanti “incontri” che facciamo in rete ci siano truffe, secondi fini e menzogne. Seife non è un ingenuo luddista che combatte il progresso rimpiangendo l’onestà perduta dell’èra pre internet, sa che gli impostori esistono da quando esiste l’uomo, ma spiega – argomentando con decine di esempi – che a costoro il web ha dato uno strumento potentissimo per esercitare “la loro paziente opera distruttiva”. Il titolo originale del libro è “Virtual Unreality”, e illustra bene quello che Eugenio Montale chiamerebbe “l’inganno consueto” in cui ci imbattiamo quotidianamente, il nulla su cui “come su uno schermo” si accampano “di gitto” cose che noi crediamo reali. Troppo duro? Forse, ma l’analisi di Seife ha il pregio di essere lucida e mai astratta, anche se usa immagini forti: le informazioni false che circolano in rete sono come i virus di malattie gravi che superato un certo livello di trasmissibilità, persistenza e interconnesione diventano inarrestabili.

 

FarmVille, il gioco a cui chiunque abbia un profilo Facebook ha per lo meno sentito parlare – se non proprio giocato – funziona esattamente come un verme parassita che vive nel fegato delle pecore e per riprodursi “si impossessa” del cervello delle formiche costringendole a mettersi sulla punta dei fili d’erba per essere mangiate dagli ovini: FarmVille (e i giochi simili) ci costringe a cliccare fino alla noia sul mouse e poi a spendere soldi per smettere di doverlo fare, con il solo risultato di arricchire chi ha inventato il gioco. Un procedimento non troppo diverso da quello delle truffe via email di sconosciuti che ci scrivono da paesi lontani promettendoci un mare di soldi se solo noi prima manderemo loro qualche centinaio di euro, in cui ogni anno cascano in migliaia.

 

[**Video_box_2**]Ma al di là delle truffe più o meno classiche, è lo stato dell’informazione che preoccupa Seife, a partire dal rifiuto del concetto di autorità che tanto ha giovato a Wikipedia, per cui si è passati in breve tempo dalla percezione della conoscenza come elitaria e non soggetta al volere della maggioranza alla pretesa che essa sia democratica: l’autorevolezza su internet è spesso slegata dalla competenza effettiva, e spesso non è verificabile. Se a questo si aggiunge che “la rete ha messo una fortissima pressione temporale sugli organi di informazione”, per cui conta chi per primo mette in circolo una notizia, ecco spiegato secondo Seife il decadimento dell’attività dei reporter, costretti a trovare fonti autorevoli in poco tempo, a prescindere da quanto valgono. “Sacrificare l’immediatezza a favore della riflessione”, auspica e suggerisce Seife, affilare il nostro senso critico, fidarsi di chi è davvero autorevole e cercare chi non blandisce i nostri pregiudizi. Un programma irrealizzabile, ma che vale la pena tentare.

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  • Torinese, è al Foglio dal 2007. Prima di inventarsi e curare l’inserto settimanale sportivo ha scritto (e ancora scrive) un po’ di tutto e ha seguito lo sviluppo digitale del giornale. Parafrasando José Mourinho, pensa che chi sa solo di sport non sa niente di sport. Sposato, ha tre figli. Non ha scritto nemmeno un libro.