Jannik Sinner (LaPresse)

Il Foglio sportivo - IL RITRATTO DI BONANZA

Sinner, tutto il resto è volgare

Alessandro Bonan

Questo ragazzo piovuto dal cielo è un campione che dobbiamo imparare a rispettare, senza per forza infilarlo dappertutto, visto che il tutto è un vortice di chiacchiere inutili. Lasciamolo in pace a sbocciare

Non voglio dare ragione a un amico, il quale, volendo fare una battuta, ritiene che vincere sia volgare. Anche se una traccia di verità, in questo piccolo paradosso, ci deve essere. Jannik Sinner  conquista Melbourne, diventa il giocatore più forte della storia del tennis, e tutti cominciano tirarlo per la racchetta: la politica, i giornali, la tv, e perfino quel mondo a parte che si chiama festival di Sanremo, un pianeta gigante, grande come tutta l’Italia, dove ogni parola si trasforma in proclama (perché Sanremo è lo stremo). 

Ora, si tratta di capire qual è il problema che ci affligge. Forse siamo diventati un popolo così volgare, insulso, un enorme grande fratello, da trattare il meglio come peggio non possiamo? Viene il sospetto di sì. Per questo motivo mi auguro che Sinner venga consigliato bene da chi gli sta intorno, creandogli un filtro, dei buoni motivi per scegliere di continuare a vincere anziché perdersi nei discorsi di tutti. Perché vincere, in realtà, non è volgare, è una bellissima cosa, perfino molto elegante se lo fai così come lo ha fatto Sinner. Non piange Jannik, al massimo si cruccia (il sopracciglio si alza leggermente in una mezza curva che sa di perplessità). Non ride quasi mai durante una partita, perché non c’è niente da ridere mentre prolunghi una fatica che spesso dura molte ore. Non se la prende con il destino se qualcosa trama contro di lui, in quanto le trame esistono nella testa degli sconfitti in partenza. Non vede mostri negli avversari, ma uomini da battere per conquistare il successo finale. Non protesta scomposto davanti al furbo, si limita soltanto ad un richiamo, una mano alzata timida verso il giudice, come se fosse un bimbo che non ha capito. Non vince la partita contro nessuno ma per se stesso, contento di soddisfare una innata inclinazione al successo. E per farlo non suda neanche più di tanto, perché sudare si, quello è un po’ volgare. Non gioca per i soldi, in quanto i soldi per lui non esistono (dove sono? In quale banca? Chi paga le tasse a Montecarlo? Chissenfrega, dico io, che penso a tutto il giro di denaro che muove una star del genere).  

 

Insomma Sinner, questo ragazzo piovuto dal cielo (che le montagne ne sono più vicine), è un campione che dobbiamo imparare a rispettare, senza per forza infilarlo dappertutto, visto che il tutto è un vortice di chiacchiere inutili. Lasciamolo in pace a sbocciare, ha solo 22 anni. Conosce il campo, la racchetta, le palle gialle e un avversario con cui giocare. Lasciamolo dentro il confine di questo mondo, il suo, tenendolo fuori dal resto, quello sì, molto volgare. 

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