Kristian Ghedina - foto Ansa

Il Foglio sportivo

Ghedina spinge Paris: “Ha un fisico bestiale, è la sua pista”

Stefano Vegliani

Giovedì 28 dicembre a Bormio la discesa libera sulla pista che assegnerà le medaglie olimpiche 2026. Intervista all'ex campione degli sci

"Non manco mai al parterre della Sasslong per la Coppa del mondo. In fondo è la mia pista. Ma con due figli al seguito e decine di tifosi che mi fermano per una foto, non è facile seguire la gara, però quando è sceso Dominik Paris l’ho guardato con attenzione: ha fatto un capolavoro". Kristian Ghedina con la vittoria di Paris sulla pista della Val Gardena ha perso il primato di ultimo italiano a vincere a Santa Cristina di Val Gardena, ma dopo ventidue anni il momento per sfatare questo tabù era arrivato. “Ci voleva una zampata di orgoglio maschile per rispondere alle vittorie a ripetizione delle bravissime Brignone e Goggia”.

Questo successo ha sancito anche il ritorno sul gradino più alto del podio del discesista metallaro. Un appuntamento che mancava da un anno e mezzo. Ora, con diciotto vittorie è terzo nella lista degli uomini jet più vincenti nella stria dello sci. Davanti ci sono Franz Klammer con venticinque e Peter Mueller con diciannove. E ora, giovedì 28 dicembre, si gareggia sulla pista Stelvio di Bormio dove Paris ha vinto sette volte (sei in discesa e una in super G) e quindi può raggiungere Muller, ma soprattutto si gareggia sulla pista che assegnerà le medaglie olimpiche 2026. Una pista bella e pronta, scevra da interventi dell’uomo e da qualsiasi polemica se si esclude la viabilità per raggiungere l’alta Valtellina da Milano. Un tracciato che sicuramente distribuirà medaglie a grandi atleti, non adatta agli outsider.

“Sono rimasto stupito dalla performance di Paris in Val Gardena, perché è una pista dove bisogna sciare agili e delicati”, spiega Ghedina a Il Foglio Sportivo, “lui ha un fisico bestiale ed è per questo che Bormio è la sua pista. La Stelvio, alla pari con Wengen, è fisicamente impegnativa, forse la più impegnativa del circo bianco: nessuno dal 1993, quando è entrata stabilmente nel calendario, ha saputo domarla come lui. Io ho sempre faticato, il mio miglior risultato è stato un terzo posto, ma sono mingherlino, tanto che in squadra mi hanno sempre preso in giro”. 

Tremila duecento cinquanta metri di lunghezza con una picchiata di poco superiore ai mille metri di dislivello. Già al cancelletto di partenza si apre un baratro con una pendenza del sessantatré per cento. Bisogna subito saper accelerare al massimo, dopo il salto della Rocca ci si infila nel bosco di pini, cembri e abeti. Canalino Sertorelli, curvoni degli Ermellini per arrivare nel punto più spettacolare della pista, la Carcentina, spesso decisiva nel risultato finale: una diagonale ghiacciatissima dove non bisogna avere nessun timore reverenziale, trasmettere agli sci coraggio e potenza. Neppure un attimo per respirare sul piano dei prati del Ciuk ed ecco il salto di San Pietro che può proiettare ben oltre i quaranta metri di volo. I muscoli bruciano fino all’ultimo metro, con il salto conclusivo. Si viaggia sempre a cento all’ora.

“Io spero vivamente che Dominik Paris continui fino alle Olimpiadi di Milano-Cortina, che conquisti quella medaglia che a me è sempre sfuggita - sottolinea Ghedina - mancano tre stagioni, tornare a vincere dopo un anno e mezzo di digiuno nella prima discesa dell’anno non può che essere un’iniezione di fiducia. Se continua e ha veramente ritrovato il feeling giusto, ha davanti trenta gare per provare a chiudere il gap di otto successi che gli mancano per superare il record di Franz Klammer. Intanto lo devo anche ringraziare per la vittoria in Gardena che ha impedito al norvegese Kilde di affiancare me e il grande discesista austriaco degli anni Settanta con quattro sigilli sulla Sasslong. Io però su Paris ho ancora un vantaggio: è vero che mi ha superato in tutte le classifiche, mi resta la vittoria a Wengen dove ho centrato il risultato pieno volte e lui mai, ma ora gli tocca”.

Kristian Ghedina ha abbandonato la coppa del Mondo dopo le Olimpiadi di Torino a quasi 39 anni. “Qualche volta penso che mi piacerebbe essere ancora al cancelletto di partenza, che senza il mal di schiena avrei potuto continuare, il richiamo delle corse in auto però è stato forte per fami accantonare gli sci da gara in cantina. Poi è arrivata la famiglia, il matrimonio con la Patty (Patrizia Auer, ex  nazionale di sci) e i figli Natan che ha tre anni e Bryan che ha nove mesi. Gli impegni non mi mancano”. 

Sorge spontanea una domanda: ci sarà un altro Ghedina sciatore? “Natan non è spericolato come me, prima di fare una cosa ci pensa bene, vuole capire. Per me è importante che gli piaccia stare all’aperto, fare qualunque sport. Il momento di mettere gli sci è arrivato, ma mi ha già detto che non vuole sciare con me. Vuole andare con Anuk, la figlia di Tina Maze, che ha sei anni. Tina, campionessa slovena, ha vinto due ori olimpici, quattro mondiali e detiene il record di punti in coppa del mondo. Sono certo che sarà una buona maestra”.

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