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Crocicchi

Chi glielo dice ai tifosi del Bologna che la Superlega potrebbe scombussolare tutto?

Enrico Veronese

La squadra guidata da Thiago Motta è al quarto posto e, al momento, in corsa per una qualificazione alla prossima Champions League che chissà se ci sarà o meno

E adesso chi lo dice, alle tifose e ai tifosi del Bologna, che “L'anno che verrà” potrebbe non catapultarli nell’innominabile, perché i superleghisti hanno vinto e niente sarà più come prima? Il giocattolo di A22 ha l’effetto di una strada chiusa alle legittime ambizioni conquistate sul campo: il meccanismo delle franchigie, senza promozioni né retrocessioni, si dice toglierà al calcio (e al fantacalcio?) il motivo per cui generazioni di spettatrici e spettatori lo hanno sempre seguìto, ovvero la classifica, la graduatoria, misurarsi coi migliori o salvarsi per non sprofondare tra gli outsider.

E se fosse, invece, che l’inopinata quanto discussa sentenza della Corte di Giustizia dell’Unione Europea aprirà nuove porte antiche, chiudendo qualche portone fine a se stesso? Allo stadio Renato dall’Ara cantano Lucio Dalla sotto un tramonto da sogno, dopo l’ennesima partita mostruosa che in un presente ormai passato spalancherebbe la vista verso la Champions League della Uefa in posizione dominante: ma non tutto viene per nuocere, se la conseguenza sarà il ritorno del calcio a una dimensione, importante ma non totalizzante, cui destinare i giusti spazi e tempi senza ipertrofia né imposizione.

All’ennesimo 2 per cento di share per Red Bull Lipsia – Red Bull Salisburgo, in qualche canale telecomandato dopo il 7, un freddo martedì di novembre, c’è chi è pronto a giurare che il tifoso cittadino, il fratello partigiano si radicalizzeranno attorno alla propria realtà locale, tornando allo stadio mai dismesso (magari pure in trasferta) allo scopo di ammirare e sostenere, chi sa, il prossimo Bologna lottare per lo scudetto e lanciare giovani talenti in Serie A: il calcio della domenica, tramandato da prima delle tv, non il tag ai @followers nelle più tardive reinvenzioni delle pagine facebook.

Fiducia, quindi: la stessa dei genitori nigeriani quando appongono nomi quali Destiny o Knowledge ai loro futuri campioni, più positivisti dei modelli cifrati da Elon Musk.

La Superlega sarà un continuo voltarsi indietro: quanti retropassaggi avventati in queste settimane, dall’insospettabile Giovanni Di Lorenzo a Caleb Okoli, in una Coppa Italia che testimonia come anche le squadre più forti non hanno riserve di valore pari dei titolari. Ormai si vince e si perde in undici, ed è la meno piacevole delle lezioni che il campionato sta distillando prima del cambio di calendario: la seconda parla della scaltrezza di Cristiano Giuntoli, che recapita a Frosinone un furgoncino di belle speranze (Matías Soulé, Enzo Barrenechea, Kaio Jorge, a breve Dean Huijsen e prima Pol Lirola) ma “punisce” i gialloblu tenendosi Kenan Yildiz, a tutto vantaggio della Juventus.

Una terza viene da Reggio Emilia, dove il Genoa sbanca lo stadio del Sassuolo al grido di “vogliamo il Var” prima ancora che “vogliamo il gol”: nemmeno i giocatori di Alberto Gilardino si erano accorti del rigore elargito a loro vantaggio, ma in curva sanno bene che gli atleti vanno aspettati almeno un anno, se non due, prima di non doverli rimpiangere. Quando retrocessero, Albert Gudmundsson e Caleb Ekuban erano tra i primi nei banchi degli accusati, additati a pena della squadra; l’immediata promozione da protagonisti, e una tranquilla Serie A da sorprese, li riportano nel focus per aver migliorato se stessi, migliorando la formazione.

È ciò che succede a Venezia - veniale escursione in Serie B - dato l’evolversi triennale degli Starsky e Hutch, stars and stripes, dalla marmorea indisponenza dell’esordio all’imprescindibile immanenza attuale: le prestazioni sublimi di Gianluca Busio e Tanner Tessmann li proiettano all’ambiziosa Nazionale maggiore statunitense e chissà, ai massimi prosceni (a questo punto, manco è dato sapere se italiani, europei, transarabi, privati) dopo aver masticato delusioni, indispettito le platee, seminato scetticismo e derubricato i progressi a fatalità.

Questo insegna il calcio, tra le altre cose: mai accantonare definitivamente, concedere sempre il beneficio del dubbio, come davanti a un crocicchio di montagna. Tutto serve, ogni elemento conserva un proprio posto: ci sarà la Superlega per i charter dall’Indonesia, ma chi non vorrà essere devastato nei propri motivi per amare il pallone se ne fregherà ampiamente, e troverà la sua via. Come in una Christmas carol, per eterogenesi dei fini, compiendo il disegno di un architetto superiore. Cucù.

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