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Olive #7

I calzini bassi di Albert Gudmundsson

Giovanni Battistuzzi

L'islandese non ha un ruolo e non ha una posizione. Proprio per questo sta facendo bene nel Genoa di Alberto Gilardino. È soprattutto la miglior risposta calcistica allo stereotipo dell'Islanda e del calcio islandese

Il problema dei pregiudizi non è tanto il fatto che questi sono un modo di facilitare la complessità della realtà – anzi, è ciò che hanno di positivo – è che ci fanno scivolare nello stereotipo. E lo stereotipo è parecchio noioso, rende fisso e immutabile ciò che fisso e immutabile non è. Va così nella quotidianità, va così anche nel calcio. Per anni, da quando l’Islanda ha trovato un posto nella geografia calcistica, i calciatori islandesi erano per noi italiani molto alti, molto grossi, molti fisici, molto quadrati. Per il sommarsi di tutte queste caratteristiche erano riusciti ad arrivare ai quarti di finale degli Europei del 2016. Fu un grande innamoramento collettivo di tutto quel mondo calcistico che cerca innamoramenti collettivi al di fuori dei confini nazionali. Una bella narrazione di squadra, di uomini con un solo volto e caratteristiche standard: grandi, grossi, lottatori. Un simpatico stereotipo calcistico. 

Poi è apparso a Genova, al Genoa, Albert Gudmundsson. E ha complicato un po’ le cose. 

Albert Gudmundsson non è alto, non è grosso, non è quadrato. Soprattutto è complesso. 

Albert Gudmundsson non è un trequartista, non è una punta o una mezza punta, non è un esterno né a destra né a sinistra. È un giocatore senza ruolo, che non fa parte di nessuna categoria prestabilita. O forse sì, di una sì. È un giocatore coi calzini tenuti bassi e i giocatori coi calzini tenuti bassi un tempo erano eresia calcistica, vagabondi del campo. Potevano essere attaccanti o trequartisti, mezzali o ali, eppure non erano nulla di tutto questo, erano semplicemente giocatori coi calzini tenuti bassi, talmente complicati che serviva trovar loro uno spazio, non un ruolo, serviva dar loro la facoltà di giocare, non trovargli un posto in campo. 

   

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I giocatori coi calzini bassi dovevano avere la possibilità di fare ciò che a loro era più congeniale, ossia giocare per giocare, divertirsi a prescindere da ruoli, tattiche e tutto quello che va dietro alle idee di gioco degli allenatori. 

L’allenatore del Genoa Alberto Gilardino è stato calciatore con un ruolo e coi calzini alti a coprigli per intero tibia e perone. Ha segnato, e molto, in carriera, spesso grazie a calciatori coi calzini tenuti bassi. Conosce bene il genere, li ha apprezzati in campo, li apprezza dalla panchina. E così quando il 6 dicembre 2022 si ritrovò a fare per contratto l’allenatore dei rossoblù – e non più solo della primavera – capì che se voleva avere un futuro in panchina avrebbe dovuto puntare almeno suo di quei giocatori che gli permettevano di segnare, e molto, in carriera. Perché un giocatore del genere ce lo aveva in squadra: Albert Gudmundsson. 

L’islandese fino ad allora giocava, ma aveva un ruolo, una posizione, qualcosa di preciso da fare in campo. Alberto Gilardino gli ha tolto questo peso, perché tutto ciò è un peso per un giocatore coi calzini tenuti bassi. Il concetto di squadra, di tattica, valeva per gli altri nove giocatori di movimento. Lo spartito era semplice: tre difensori, cinque centrocampisti, un attaccante e Albert Gudmundsson. Non che Albert Gudmundsson fosse esentato da fare ciò che facevano tutti, ossia tornare, difendere, attaccare, giocare di squadra. Solo che lui aveva la possibilità di scegliere dove stare, da quale posizione partire. 

Finì che i suoi dieci gol, tre assist e una quantità elevatissima di azioni iniziate o pre-rifinite furono essenziali per la promozione del Genoa. 

Finì che si è trovato in Serie A, con compagni dai nomi più altisonanti del suo, ma senza che cambiasse alcunché. Il Genoa gioca bene e allo stesso modo dell’anno scorso: un portiere, nove giocatori di movimento e Albert Gudmundsson. 

Albert Gudmundsson oggi come ieri scorrazza per il campo, prende il pallone, fa quello che ritiene più opportuno dalla posizione a suo avviso più opportuna. A volte gli riesce tutto, a volte meno, capita che non gli riesca niente. Non si può chiedere a un calciatore coi calzini tenuti bassi la costanza di un mediano. Sono atleti che vivono di momenti, a volte entrano in un loro vortice e tanti saluti. È lì che serve la bravura degli allenatori. E Alberto Gilardino cerca di fare in modo di esserlo. 

Perché è complicato Albert Gudmundsson. In campo, nelle giocate e nei movimenti che fa. Sia al Psv che all’AZ Alkmaar avevano capito il suo talento, nessuna delle due era convinta davvero che un giocatore così, uno coi calzini tenuti bassi, potesse davvero fare al caso loro. Anche la fantasia, l’originalità, nei Paesi Bassi passa per la razionalità. E tutto ciò forse è un pregiudizio, ma fu Johan Cruijff a farci capire che non era uno stereotipo. 

Albert Gudmundsson è senz’altro un giocatore che sa il fatto suo, che non gli interessa poi molto di ciò che si dice in giro di lui, di critiche, fischi e polemiche. All’AZ Alkmaar i suoi stessi tifosi lo criticavano dicendo che era un anarchico, che pensava solo a se stesso. Un po’ era così davvero, ma è un problema di tutti i giocatori con i calzini tenuti bassi. 

Ora Albert Gudmundsson ha un problema ben più serio. L’hanno accusato di molestie sessuali in Islanda, lui si è proclamato innocente, ha detto che non vuole parlare di questo con la stampa, che ha già detto quello che doveva dire ai magistrati. Ha chiesto rispetto sia per chi ha accusato che per l’accusato, che il diritto di cronaca è giusto, ma sarebbe anche giusto aspettare la decisione del tribunale. Non era scontato che accadesse.

    


      

Anche quest'anno c'è Olive, la rubrica di Giovanni Battistuzzi sui (non per forza) protagonisti della Serie A. Piccoli ritratti, non denocciolati, da leggere all'aperitivo. La prima giornata è stato il momento di Jens Cajuste (Napoli). Il secondo appuntamento è stato dedicato a Luis Alberto (Lazio); nella terza giornata vi ha tenuto compagnia Ruggiero Montenegro con Federico Chiesa (Juventus); nella quarta è stato il turno di Andrea Colpani (Monza); nella quinta di Romelu Lukaku (Roma); nella sesta è sceso in campo Yacine Adli (Milan).