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Olive #4

Il calcio fluido e libero di Andrea Colpani

Giovanni Battistuzzi

Il centrocampista del Monza è diventato, partita dopo partita, l'unico giocatore indispensabile per Raffaele Palladino. E questo dopo anni nei quali non si riusciva a capire che calciatore fosse e dove dovesse giocare

C'era un tempo, poco più di tre anni fa, nel quale a Bergamo ci si interrogò sul futuro di Andrea Colpani. Aveva appena terminato la sua prima stagione da professionista in Serie B, in prestito al Trapani, ed era tornato nella squadra che lo aveva cresciuto. C'era chi diceva: è forte, ma... e seguivano dubbi sulla sua capacità di reggere fisicamente alla Serie A; c'era chi diceva: è forte, ma... e seguivano dubbi sul suo utilizzo in campo, quale ruolo avrebbe potuto svolgere. C'era nessuno che in quel ragazzo alto e secco come un palo non ci vedesse del talento, tanto talento. Eppure ben in pochi avrebbero scommesso che quel ragazzo alto e secco come un chiodo avrebbe potuto davvero essere un giocatore adatto al grande calcio. Perché era alto e secco come un chiodo, con gambette più da maratoneta che da calciatore e pochi muscoli sotto pelle; perché era un po' trequartista e un po' mediano, perché era un po' incursore e un po' regista, e quindi niente di tutto questo.

Finì che nessuna di quelle domande ottenne una risposta. Finì che il suo nome venne fatto al direttore sportivo del Monza, Filippo Antonelli Agomeri, che lo visionò giusto una manciata di minuti, o almeno questo si narra (ma da chi il ds lo conosce bene) prima di chiamare Adriano Galliani e dire che l'uomo giusto per il centrocampo l'aveva individuato. Finì che pure Adriano Galliani visionò il ragazzo e nemmeno lui ebbe il minimo dubbio che Filippo Antonelli Agomeri avesse ragione. Finì che Andrea Colpani venne preso dal Monza (in prestito biennale) e che in Brianza tutti quei “ma”, dopo la constatazione “è forte”, si sono diradati prima, scomparsi poi.

Andrea Colpani è ancora alto e secco come un chiodo e ancora non si sa bene se sia un mediano, una mezzala o un trequartista, ma a Monza, soprattutto a Raffaele Palladino, non frega assolutamente nulla. Perché è bravo, non ci sono ma..., soprattutto quello che fa lo fa dannatamente bene e quindi, in un calcio che è diventato fluido per schemi e posizioni, come buona parte della società, ecco che uno come Andrea Colpani è perfetto. D'altra parte gioca a un tocco e porta palla, contrasta e controlla il gioco, scatta in avanti e premia spesso gli scatti in avanti altrui, difende e tira, fa assist e fa gol, a oggi tutti i gol del Monza in questa Serie A, a oggi tre gol e quattro punti. Non male per uno che non si sapeva dove mettere.

Pure Raffaele Palladino, a inizio della sua avventura al Monza,  non sapeva dove metterlo, infatti lo piazzò in panchina. Poi l'ha iniziato a usare un po' esterno, un po' da centrale, un po' sulla trequarti. Non tutte le storie d'amore nascono con un colpo di fulmine. A volte, e spesso sono le migliori, si fondono sul reciproco adattamento. Con il tempo, le partite, i minuti in campo, Raffaele Palladino ha capito che quel ragazzo alto e secco come un chiodo era l'unico per cui valeva la pena cambiare idea sulle proprie convinzioni tattiche, per cui valeva la pena adattarsi a lui e non chiedere il contrario. E così l'allenatore, partita dopo partita, ha fatto evolvere il suo schema dal 3-4-2-1 al 3-4-Colpani-1-1. In fondo se il calcio è fluido, la società è fluida, anche lui poteva, doveva, rendere più fluido il suo Monza, e puntare su un giocatore che è forse indefinito e indefinibile, ma che merita, proprio per questo una dimensione tutta sua. Qualcosa di molto diverso dalla tutela, che altro non è che una forma apparentemente simpatica di repressione. Qualcosa che è responsabilizzazione e attestato di stima, che è soprattutto l'evidenza che quando si ha uno forte in squadra dovrebbe essere lasciato giocare come sa. L'aveva capito benissimo Nereo Rocco ormai una vita fa: “Poche monade, se un xé bon l'è bon e basta e sa zogar. Non ghe vol un allenatore, ghe vol el campo”.

   


   

Anche quest'anno c'è Olive, la rubrica di Giovanni Battistuzzi sui (non per forza) protagonisti della Serie A. Piccoli ritratti, non denocciolati, da leggere all'aperitivo. La prima giornata è stato il momento di Jens Cajuste (Napoli). Il secondo appuntamento è stato dedicato a Luis Alberto (Lazio). Nella terza giornata vi ha tenuto compagnia Ruggiero Montenegro con Federico Chiesa (Juventus).

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