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il foglio sportivo

Oltre a Sinner c'è di più: tutti i segreti del tennis italiano 

Umberto Zapelloni

“Eravamo poveri, brutti e cattivi. Ora i nostri campioni sono un esempio anche etico e morale”, ci dice il presidente federale Angelo Binaghi

Oltre a Sinner c’è di più. Oltre alla Coppa Davis c’è di più. Questa volta l’anno d’oro del tennis italiano è l’inizio e non la fine di un percorso. Lo raccontano i numeri, lo confermano le facce dei protagonisti che hanno da poco l’età per prendere la patente. Tutti vogliono i nostri eroi. Dal Presidente della Repubblica fino al Festival di Sanremo, passando pure da Porta a Porta. Ma loro, cortesi, ringraziano e rimandano. I numeri parlano di 660 mila tesserati, oltre 4 milioni e mezzo di praticanti, 6 giocatori nel Top 100 che diventano 18 nei Top 200. Tutto questo per una nazione che nel luglio 2000 era sprofondata in Serie B e, quattro anni dopo, addirittura in Serie C. “Eravamo la disciplina più disastrata d’Italia, eravamo poveri, brutti e cattivi, senza soldi e giocatori, con una buona dose di corruzione all’interno del nostro sistema - racconta Angelo Binaghi, presidente federale al settimo mandato - Oggi siamo belli, con i migliori giocatori del mondo, e siamo ricchi perché abbiamo innescato un sistema positivo e redditizio. I privati e gli enti pubblici oggi sanno che miniera d’oro è il tennis. E i nostri atleti sono dei ragazzi straordinari, prima di essere dei campioni in campo”.

Sarà anche una coincidenza, ma Binaghi diventa presidente nel dicembre del 2000 e comincia a gestire il tennis nel 2001, l’anno in cui è nato Sinner. “Non ci avevo pensato”, ammette. Il nuovo tennis e il suo campione sono nati nello stesso anno. “E’ innegabile che questi giocatori siano figli del nuovo corso che abbiamo lanciato tra mille problemi e difficoltà agli inizi del 2001 e il merito delle vittorie è loro, non mio”. Ma qual è il segreto di questa rinascita? “Eravamo poveri perché non avevamo i soldi per pagare gli stipendi, brutti perché non avevamo un giocatore giovane che potesse darci una speranza e sporchi perché al nostro interno c’erano dei cattivi professionisti sul piano etico e morale. I segreti sono stati tanti, innanzitutto una bella opera di pulizia. Abbiamo cacciato via tutti tenendo solo quello che poi è diventato il segretario generale. Abbiamo scoperto casi di corruzione, casi di interessi personali in attività svolte per conto della federazione. Così abbiamo deciso di fare una bellissima opera di pulizia dalla quale è rinata la federazione. Nel frattempo ci siamo fatti una nostra televisione (noi sardi dovremo fare così anche con gli aerei e farci la nostra linea aerea), abbiamo risanato gli Internazionali d’Italia, abbiamo trovato delle splendide ragazze che sono diventate campionesse del mondo più volte, abbiamo lanciato il padel (entro 5 anni avremo dei campioni), abbiamo voluto organizzare le Finals che sono l’evento sportivo indoor di maggior successo in Italia e non solo: insomma abbiamo cominciato un cammino di crescita ininterrotta che dura da più di 20 anni”.

“Quando siamo arrivati noi ai circoli era stato tolto il core business – ricorda Binaghi - dovrebbero essere la culla dei giovani giocatori, ma l’insieme di gare e contributi, li aveva svuotati di questa funzione primaria. Noi abbiamo avuto la forza di copiare dalla Francia il sistema dei campionati e delle classifiche, dalla Spagna il sistema di collaborazione tra pubblico e privato, abbiamo preso qualche insegnamento anche dalla Federbasket di Petrucci, abbiamo copiato alcune regole di tutela dei vivai dalla pallavolo. Abbiamo cercato di prendere il meglio dallo sport italiano e dal tennis mondiale. Abbiamo riscritto le regole rimettendo le società sportive al centro della federazione”.

Poi arriva un Sinner e tutto diventa più facile. Per gli invidiosi è facile risolverla così. Ma Binaghi sa come replicare: “Nello sport quando vincono è merito dei giocatori e quando si perde è colpa dei presidenti. La vera vittoria di questa rivoluzione non sta in quello che Sinner e i suoi compagni fanno in campo, ma in quello che dicono fuori dal campo. Nel tennis italiano ne abbiamo viste di tutti i colori, questi ragazzi sembrano dei marziani. I risultati sportivi sono meno figli nostri, ma la loro genuinità, i concetti che trasmettono, i loro comportamenti credo che siano anche un po’ merito nostro. Siamo riusciti a creare un sistema che esalta la buona educazione che le famiglie danno a questi ragazzi, trasmettendo fin da quando sono giovani una serie di valori, responsabilità e concetti che esaltano i loro risultati sportivi e permettono loro di essere esempi per tutte le nuove generazioni. Abbiamo atleti di grandissima qualità morale ed etica”.

Alla fine la storia è sempre la stessa. Quando la macchina è perfetta e arriva il miglior pilota del mondo, si comincia a vincere. Sinner è arrivato nel momento giusto. Il presidente Binaghi ricorda bene la prima volta che ne ha sentito parlare. “Come potrei dimenticare: i primi punti Itf li ha presi in doppio con mio figlio Roberto in Tunisia. E ho detto: se riesce a far arrivare in semifinale mio figlio deve essere un fenomeno… in realtà me ne aveva già parlato il mio amico Riccardo Piatti e poi quando aveva 15/16 anni sono andato a trovarlo a Bordighera”. E adesso può aggiungere: “Giocatori di tennis ne ho conosciuti tanti e molti sono pure deficienti, anche se magari non tanti quanti nel calcio e nel ciclismo, ma Sinner è un fenomeno, è molto più intelligente di quello che la gente pensa e di quello che lui vuole fare apparire. Ha un’educazione straordinaria, non sbaglia una scelta, si circonda delle persone giuste e questo grande successo non lo farà cambiare di una virgola e lo farà lavorare ancora più di prima. E questo è quello che hanno fatto Federer, Nadal, Djokovic”. 

Proviamo ad abbinare una frase, un aggettivo a tutti i protagonisti: “Volandri: ha vinto una bella scommessa. Sonego: un ragazzo straordinario, lottatore incredibile. Arnaldi: un giocatore ordinato, quadrato al contrario di quanto visto nell’ultimo match. Musetti: un talento ancora inespresso. Berrettini: ha dimostrato di essere un leader, un uomo squadra e lo aspettiamo per le prossime 10 edizioni di Davis. Fognini: in questo momento di grande festa è giusto che vi partecipi anche chi ha tirato la carretta quando non avevamo i campioni di oggi, dando lustro alla nostra nazionale”. Binaghi è ingegnere, sardo. Una testa dura. Non dimentica. Lo sa bene anche il presidente del Coni Malagò. “Un movimento come il nostro deve avere il diritto e il dovere di dire le proprie idee su quello che dovrebbe essere il presente e il futuro dello sport italiano e noi la pensiamo in modo diametralmente opposto all’attuale presidente federale. Inefficienze, regole assurde, comportamenti sbagliati, non ci sono diritti e doveri. Noi riteniamo che si debba cambiare”. Meglio cambiare una vocale e restare a Malaga.
 

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