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Il Foglio sportivo

L'Italia del volley non si accontenta mai

Eleonora Cozzari

I ragazzi della Nazionale italiana si giocano l’Europeo di pallavolo: “Siamo tosti. Vogliamo dimostrarlo ripetendoci”

Come un anno fa, a parti invertite. Sarà Italia-Polonia la finale dell’Europeo di volley che gli azzurri giocheranno stasera alle 21 in diretta su Rai 1 da campioni in carica, davanti al tutto esaurito del PalaEur di Roma. Compreso il posto riservato al presidente della Repubblica Sergio Mattarella che sarà sugli spalti. “Quando ci aveva ricevuti al Quirinale dopo la vittoria del Mondiale ci eravamo detti: speriamo di rivederci e stavolta accoglierlo al palazzetto per noi è un onore” commenta il ct Fefè De Giorgi quando la semifinale con la Francia è in archivio e la notizia è ufficiale. Ma come siamo arrivati alla terza finale su tre competizioni giocate dal nuovo corso azzurro, cioè da quando De Giorgi, ad agosto 2021 ha preso in mano un gruppo di ragazzi giovanissimi e semi sconosciuti, li ha amalgamati con i reduci dai Giochi di Tokyo (ma solo quelli con un futuro davanti) e gli ha insegnato a sognare? Ogni competizione ha una storia a parte e quella dell’Europeo 2023 racconta una squadra che ha fatto il giro d’Italia, da Bologna a Perugia, da Ancona a Bari (la Puglia è terra natia sia del ct che del presidente Fipav Giuseppe Manfredi) e che dopo le passerelle iniziali si è scontrata con un quarto di finale durissimo: l’Olanda allenata da Roberto Piazza e trascinata da un indemoniato Abdel-Aziz.

Poteva essere la partita della resa, dello “stavolta l’avversario è stato più forte”, invece i ragazzi guidati in campo da Simone Giannelli e presi per mano da Daniele Lavia e Yuri Romanò non si sono disuniti (cit.) e hanno vinto un tie break che non si è esaurito con quella partita ma l’energia (e lo spavento) prodotti sono serviti anche a battere i cugini francesi in semifinale. Con il fenomeno Ngapeth arginato (un po’ per mancanza di forma sua, un po’ per bravura italica), vincendo qualche scambio cruciale e soprattutto affidandosi al talento immenso dei ragazzi azzurri, tutti, la partita con la Francia è sembrata una pratica da sbrigare alla svelta (3-0) per arrivare esattamente dove questo gruppo si meritava di essere. A difendere il titolo europeo del 2021, quando da autentica rivelazione la squadra di De Giorgi si è presentata al vecchio continente sbaragliando vecchie volpi del volley. E poi ripetendosi un anno dopo al Mondiale, battendo in casa, appunto, la Polonia campione mondiale in carica. 

Ed eccoci qui, ad aspettare di vedere se stavolta, a parti invertite, cioè con l’attenzione e il tifo tutto sulle spalle degli azzurri, i ragazzi di De Giorgi sapranno ripetersi. “Sarebbe un sogno vincere davanti ai nostri tifosi”, risponde Daniele Lavia dopo che con la Francia ha messo insieme giocate così raffinate da far commentare Mauro Berruto sui social: “Ha fatto un attacco su palla alta alla fine del secondo set e una difesa a metà del terzo che in 25 anni avrò visto dieci volte in totale, e lui ci ha messo una ventina di minuti”. Lui che viene da una famiglia di Rossano Calabro che ha uno studio di consulenza del lavoro e che dopo la carriera da pallavolista magari userà la laurea in diritto d’impresa per portare avanti l’attività dei genitori. Che gioca a Trento con i compagni di Nazionale Alessandro Michieletto e Riccardo Sbertoli. Il secondo, palleggiatore riserva di Giannelli in azzurro, è stato l’asso nella manica della semifinale. Entrato come cambio in battuta ha mandato in tilt la ricezione francese e, come dice lo stesso Giannelli: “Sbertoli ha vinto il primo set da solo e io sono felice di avere un giocatore come lui vicino”. 

Perché se c’è una caratteristica che salta agli occhi è che questa squadra non si aggrappa al rendimento di un solo giocatore, ma fa dei singoli giocatori tutti potenziali trascinatori. Lo è Simone Giannelli, palleggiatore, prestigiatore e all’occasione pure attaccante (con Lavia che gli alza il pallone in uno scambio di ruolo gustosissimo). Lo è Alessandro Michieletto, che non importa quando si accende, si accende. Lo è Yuri Romanò. L’opposto che scarica a terra il maggior numero di palloni con una freddezza da giocatore navigato, lui che due anni fa non era neanche l’opposto titolare, ed entrato dal nulla nel quarto set della finale 2021 è diventato letteralmente l’uomo dei miracoli, conquistandosi il posto in campo l’anno dopo (non solo per quello, certamente) e addirittura mettendo una pietra sopra al ritorno di Zaytsev in azzurro. Tanta roba per uno che De Giorgi aveva chiamato dall’A2. Sbertoli e Romanò, entrambi milanesi, uno del Milan, l’altro dell’Inter (come Michieletto, addirittura ospite d’onore e applaudito a San Siro dopo il Mondiale) in un miscuglio di sport, messaggi Whatsapp e gioventù. 

Questi ragazzi del volley che vanno matti per il calcio e si emozionano se al telefono c’è Barella, non Bernardi. Perché non hanno idoli nella pallavolo, al massimo padri. Figli di un gruppo dove le regole sono chiare e le gerarchie inopinabili. Merito di questi ragazzi certo, ma moltissimo di chi li guida. Ferdinando De Giorgi da Squinzano, che nella famosa Nazionale dei fenomeni era il gregario di Tofoli ma che in questa è la visione da cui tutto è partito, insieme allo staff di cui si è circondato e dalle regole a cui nessuno è escluso. La Nazionale femminile che è impegnata in Polonia a staccare subito un pass per i Giochi di Parigi è lontana anni luce dalla serenità che invece anima quella maschile. Perché che arrivi la medaglia d’oro o meno (quasi vent’anni fa, nel 2005, proprio al PalaEur gli azzurri di Montali vinsero il secondo oro europeo consecutivo) la fame e la consapevolezza di questi ragazzi va a braccetto con la loro umiltà. “Stasera ci giochiamo la partita più bella – dice Daniele Lavia – sarà complicatissima sia a livello tecnico che emotivo, ma questi siamo noi. Non ci accontentiamo”. La Polonia non ha punti deboli. Ha un’ossatura di giocatori che è capace di vincere Champions League come Mondiali. Hanno esperienza e saranno avvelenati. Un anno fa, a casa loro, l’Italia smorzò l’entusiasmo di ventimila tifosi polacchi che vivono ogni domenica di pallavolo. “L’anno scorso ci siamo detti: possiamo vincere, facciamolo! Quest’anno ci ripetiamo che siamo tosti e vogliamo dimostrarlo fino in fondo, invertendo il fattore campo”, racconta Romanò. Comunque andrà, nessuno difficilmente dirà il contrario.

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