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Il foglio sportivo

Il ciclo dell'Italia del volley non è finito. Parla Alessandro Michieletto

Eleonora Cozzari

Il 28 agosto inizia l'Europeo di pallavolo maschile. “Vogliamo vincere anche in casa. La nostra forza è stare bene insieme”, dice l'azzurro

Mettici che detengono il titolo di campioni d’Europa (2021) e del Mondo (2022), che sono una squadra giovane e somigliante e che ad allenarli c’è l’ex palleggiatore della generazione dei Fenomeni, Ferdinando De Giorgi. Di quei comandanti (rarissimi) che sanno come farti sia sgobbare che ridere. Proprio in quest’ordine. La Nazionale maschile di pallavolo ha tutti gli ingredienti che servono per ripetersi anche nell’Europeo che comincia il 28 agosto da Bologna (quella femminile invece stasera scenderà in campo contro la Spagna per gli ottavi di finale) e che toccherà altre quattro città italiane, tra cui Roma dove si giocheranno semifinali e finali, il 14 e il 16 settembre. “Beh dobbiamo meritarcele”, dice. Lui è Alessandro Michieletto, l’ex ragazzino prodigio di Trento, il figlio più promettente di questa nuova generazione. Uno che, solo due anni fa, il talento l’ha portato a giocare un’Olimpiade passando direttamente da non aver mai avuto una convocazione in seniores, a essere titolare nella manifestazione più importante. Non è un particolare curioso, è l’inizio della storia. 

Oggi che il suo patrimonio tecnico non è più una novità, che quest’anno ha vinto lo scudetto con la Trentino volley e che “ora che è arrivato Alessandro Bovolenta (figlio dell’ex campione azzurro Vigor, ndr) non sono io il più giovane”, ha un compito difficilissimo: ripetersi. “Lavoriamo per questo, ma sempre con lo stile che ci contraddistingue: profilo basso e mai guardarsi indietro. Il ciclo di questa Nazionale è lungo, sono entrati ragazzi giovani (la novità è proprio Bovolenta che farà il secondo a Romanò, ndr) e siamo solo l’inizio. Quello che desideriamo per questa competizione è festeggiare insieme ai tifosi, nei nostri palazzetti. Abbiamo sempre vinto lontano da casa e ora siamo pronti a questa sfida”. Quando Mastrangelo, Vermiglio, Cernic e Fei conquistavano il secondo Europeo consecutivo proprio al PalaEur di Roma (correva il 2005), Michieletto non aveva neanche quattro anni e De Giorgi, che allenava da pochissime stagioni, era commentatore tecnico per la Rai. Oggi, insieme al palleggiatore e capitano Simone Giannelli (uno che ogni volta che l’Italia vince è l’Mvp, per far capire il valore assoluto) sono l’anima di questo ciclo iniziato ai margini dei Giochi di Tokyo e che avrà dopo l’Europeo italiano un appuntamento importantissimo con le qualificazioni olimpiche. Mantenendo sempre quell’alchimia di gruppo che è la forza di questa Nazionale. E se intorno alla squadra femminile c’è spesso una polemica, un caso, un si dice, loro vanno avanti senza distrazioni e veleni. “Forse vi dimenticate che lo scorso anno, prima dei nostri Mondiali, si parlava più di un singolo che non c’era (Ivan Zaytsev, ndr) che del resto, però la polemica si è spenta appena abbiamo iniziato a giocare. Nel gruppo delle ragazze anche adesso che la competizione è nella fase più importante i discorsi convergono principalmente su Paola Egonu, se gioca o non gioca. Noi facciamo parlare il campo e per carattere quello che succede extra pallavolo non è fonte di dibattito, però non siamo perfetti e qualche diverbio sostenuto è capitato anche a noi”.

Le squadre da battere in questo Europeo sono le solite: la Francia campione olimpica e la Polonia, a cui un anno fa gli azzurri hanno strappato il titolo di campione del mondo. E dopo una Nations League giù dal podio, di nuovo tutti in ritiro in Val di Fiemme per preparare gli Europei. Lì in Trentino li abbiamo visti giocare con i campioni del curling ed essere competitivi pure sul ghiaccio. Ma alla fine, chiedo, chi ha vinto? “Che domande? 6-0 la mia squadra contro quella del coach e Giannelli!”. Bravi ragazzi, d’accordo, ma agonisti nati. “Ripetiamo sempre che stiamo bene insieme e questa è la verità perché condividiamo sempre tutto, anche le esperienze extra pallavolo. Ma è la quotidianità a fare la differenza, non c’è un momento particolare che racconta meglio il gruppo di un qualsiasi allenamento o serata insieme. Poi è ovvio che non ci siamo messi al collo l’oro Mondiale perché giochiamo alla Playstation”. No, le vittorie sono arrivate perché raramente li vediamo andare nel pallone e non sapere come uscirne. “Come si reagisce all’errore o al momento no è fondamentale”. Alessandro di questa generazione è il giocatore più completo. Non a caso il primo soprannome di Michieletto è stato “unicorno”, quella figura mitologica che non esiste. “Perché sono alto, mancino, ricevo e faccio anche i pallonetti. Però se posso tiro a tutto braccio”. Lui che oggi è alto due metri e dieci ma ha cominciato facendo il libero. Ci credete?

Famiglia con la pallavolo nel dna la sua (un padre ex giocatore e due sorelle che quest’anno hanno conquistato, sempre a Trento, la promozione in A1) è tifosissimo dell’Inter tanto che è stato ospite d’onore a San Siro dopo il Mondiale. Da lui (e da Romanò, Lavia, Balaso, Giannelli) passano i sogni di gloria azzurri. Ripetersi si può, perché se la pallavolo degli anni ‘90 è diversissima da questa, sono sempre i talenti come quelli di Alessandro Michieletto a decidere la storia.

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