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Bandiera Bianca

Tra il volley all'Arena e Musk e Zuckerberg al Colosseo non c'è molta differenza

Antonio Gurrado

Se la cultura è l’impronta della gioia di essere vivi, allora vale sia per le pallavoliste che saltano e ballano sia per i supermiliardari smaniosi di prendersi a calci. La strana visione di profanazione dei luoghi sacri

Di grazia, mi spiegate precisamente che differenza passa fra la partita della nazionale femminile di volley all’Arena di Verona – che ha garantito un ferragosto indimenticabile a giocatrici, telecronisti e spettatori – e la sfida a mazzate fra Elon Musk e Mark Zuckerberg al Colosseo oppure a Pompei? Mi spiego. La differenza macroscopica la vedo anch’io, ovvio: le ragazze del volley sono atlete professioniste e persone solari, che riconciliano con questa terra e offrono un ottimo esempio ai giovani e a tutti (spesse volte mi sono chiesto perché le pallavoliste siano felici e i calciatori no); Musk e Zuckerberg sono invece dei cattivoni insopportabili e capricciosi che fanno commercio delle nostre anime, ossia del nostro bisogno di esprimere l’interiorità, identificarci in qualcosa e stringere contatti con gli altri.

Salvo questo, però, non farei distinguo: come per Musk e Zuckerberg, per il volley si è trattato di cedere temporaneamente un luogo storico a un gioco che segue le sue regole, dietro pagamento da parte di un’organizzazione, davanti a un pubblico di fortunati, con riflettori e musica techno per fomentare gli animi, al solo scopo di offrire alle telecamere uno spettacolo più affascinante di quello di una palestra seminterrata. Dice: ma si tratterebbe della profanazione di un luogo sacro alla cultura. Concezione ben strana della cultura, questa che vuole i luoghi storici ridotti a cenotafi, come quando i futuristi raccomandavano di visitare i musei soltanto il due novembre; quando invece la cultura è l’impronta della gioia di essere vivi, che sia quella di chi canta all’Arena, dei gladiatori che duellavano al Colosseo, di quelli che si accoppiavano nei bordelli pompeiani, delle pallavoliste che saltano e ballano quando vincono e quando perdono, dei supermiliardari smaniosi di prendersi a calci prima di diventare materiale da libro di storia.

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