quarti di finale
L'Italbasket prende una lezione dagli Stati Uniti. Ma questa squadra ha un futuro
Perdere di 37 punti (63-100) contro gli Usa è stato un brutto finale di mondiale. Eppure non cancella quanto di buono ci hanno fatto vedere gli uomini di Pozzecco. Che ora devono cercare di piazzarsi al meglio tra il quinto e l'ottavo posto
Il sogno azzurro è durato davvero poco, un po’ troppo poco per essere contenti. L’Italia del basket sbatte contro gli Stati Uniti e si fa male chiudendo il primo tempo (24-46) sotto di 22 punti con un 11% al tiro da tre che racconta tanto, ma non tutto perché va detto che gli americani ci hanno messo tanto di loro per farci sbagliare. Troppa differenza, più fisica che tecnica, per poter continuare l’avventura e arrivare tra le prime quattro nazionali del Mondo. È bastato il primo tempo per dirci che non c’era spazio per noi tra le quattro regine del Mondiale. Abbiamo battuto la Serbia che è tra le quattro, ma il confronto con gli States era davvero proibitivo e lo è diventato ancora di più perché dopo la fiammata iniziale, innescata da Tonut e dal solito Melli, l’Italia si è persa. La difesa è diventata tenera, l’attacco è rimasto impreciso.
Melli ci ha provato, ha messo il suo corpo tra gli avversari e il canestro, prendendosi un paio di sfondamenti, ma non è bastato. Negli spogliatoi prima e poi nel primo time out, il Poz ha tentato di risvegliare l’orgoglio dei suoi. “Non molliamo” ha gridato a modo suo. Non è servito a risvegliare gli azzurri che hanno continuato a spadellare da tre anche nel terzo quarto. Gli States hanno continuato a viaggiare a mille all’ora, quasi avessero qualcosa di personale. Sono passati dalla voglia di vincere a quella di darci una lezione. Una differenza non sottile che ha fatto anche male. Dopo aver perso con la Lituania (oggi eliminata dalla Serbia) sono andati in campo con un’altra energia. Questa è una squadra di talento che può sbagliare una partita, ma due di fila no. Avevano tutti la faccia da battaglia, a cominciare da Banchero che ci aveva fatto credere di poter indossare la maglia azzurra, prima di fare la scelta più logica (e non solo più ricca) per lui che di italiano ha il cognome e le origini, ma nulla di più.
Perdere di 37 punti contro gli Stati Uniti (63-100) è stato un brutto finale di un mondiale che ci aveva fatti divertire, soprattutto contro Serbia e Portorico. Il tiro da tre è arrivato a 7 su 38 (18%), anche quello da due è rimasto sotto il 50% (43% 16 su 37): le cifre sono impietose se aggiungi che dall’altra parte gli Stati Uniti hanno chiuso con il 47% da tre. “Non meritavamo di uscire così, per vincere con loro però dovevamo fare una partita straordinaria, invece siamo stati anche sotto al nostro livello. Però sono fiero e orgoglioso di quello che abbiamo fatto fin qui”, ha detto Melli.
L’Italia del Poz ha dei limiti innegabili (mancano chili, centimetri e un vero play), ma ha anche un futuro. In fondo alla panchina ci sono dei ragazzi che possono crescere e anche le sberle prese contro gli Stati Uniti possono aiutare. La lezione americana può servire un po’ a tutti, ma non deve cancellare quanto di buono abbiamo visto prima. La prossima volta non ci sarà più Datome che avrebbe meritato di chiudere con qualcosa in mano la sua lunghissima carriera azzurra. Ma questa è un‘Italia che lascia un buon ricordo, anche se ora le restano due partite per piazzarsi più in alto possibile tra il quinto e l’ottavo posto. E soprattutto è un Italia che sta cominciando a frequentare con una certa assiduità i quarti di finale delle maggiori competizioni. “Siamo una squadra che ha un futuro, ma anche un presente perché siamo qui tra le migliori otto del mondo”, ha detto un Poz fin troppo pacato.
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