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Italia-Serbia era già finita, poi Poz, Datome e Fontecchio l'hanno stravolta

Umberto Zapelloni

Gli azzurri hanno battuto in rimonta i serbi quando tutto sembrava già deciso. "Viviamo per le emozioni e oggi le abbiamo regalate", ha detto il ct. Ora servirà battere Portorico per andare avanti ai Mondiali

Verrà il giorno in cui anche la nobiltà del basket dovrà riconoscere le qualità di Gianmarco Pozzecco. Un allenatore che ogni tanto prenderesti a schiaffi, ma che come pochi altri riesce a cementare un gruppo. Lui davvero si butterebbe dal 37esimo piano per salvare i suoi ragazzi. E i suoi ragazzi farebbero lo stesso per la maglia azzurra. Come hanno fatto contro la Serbia, la nostra vittima preferita nell’ultimo periodo, risorgendo da un meno 16 punti (60-44) che avrebbe spedito un sacco di gente sotto la doccia. Nel momento in cui qualcuno si stava preparando a buttare la pasta o a cambiare canale, l’azzurro della nazionale di basket è diventato così vivo da strapparci il cuore (78-76 il finale). Quando aveva già un piede sull’aereo di ritorno, l’Italbasket ha trovato l’energia per risalire la corrente. Ha cominciato a difendere senza un domani e in attacco ha visto esplodere il talento rimasto nascosto fino a quel momento. Gigi Datome, che nelle prime partite di questo Mondiale non la infilava neppure in una vasca da bagno, ha messo i due tiri che hanno fatto l’effetto della tromba quando si scatenano le truppe. Gli sono andati dietro tutti. Perfino Severini ha segnato da tre. Poi è arrivata sua maestà Simone Fontecchio, un altro che aveva sparato un po’ a salve fin qui e che invece ne ha messi 30 con un 11 su 15 al tiro che racconta tante cose. “Tutti abbiamo portato il nostro mattoncino, certo Simone ne ha portato uno un po’ più grande”, ha detto capitan Datome che adesso vede la possibilità di allungare ancora un po’ la sua vita cestistica.

"We did it again, we shocked the world!", ripete il Poz come un anno fa all’Europeo. Ma detta a Manila dove Ali ha scritto una parte della sua storia infinita, ha ancora più gusto. Abbiamo scioccato il mondo, soprattutto perché una volta di più abbiamo dimostrato di non mollare mai. Di crederci fino in fondo.

Ha vinto la squadra che ha esaltato i suoi fuoriclasse che si chiamano Fontecchio in attacco e Melli in difesa. Ma tutti hanno giocato per il compagno che stava loro accanto. Tutti ci hanno creduto fino a esaltarsi quando hanno cominciato a ridurre un gap che sembrava destinato a risucchiarli verso l’eliminazione certa. Così, battendo Portorico domenica mattina, tutto sarà ancora possibile. Come diceva il Poz alla vigilia questa è davvero una squadra che può perdere con tutti, ma anche vincere con tutti. Può rischiare contro Angola e Filippine, ma poi ci regala un’emozione come quella vissuta contro la Serbia che avevamo già castigato a casa sua nel preolimpico che segna un po’ l’inizio di questa avventura azzurra, anche se allora sulla panchina c’era Meo Sacchetti.

"Sono un uomo clamorosamente fortunato, per me è semplicissimo fidarmi di tutti, dal presidente Petrucci ai giocatori. Lo dico spesso? Posso sembrare completamente ritardato, ma lo sarò solo quando non lo ricorderò più – dice il solito pirotecnico Poz – Secondo me ognuno di noi ha la possibilità di scegliere cosa vuole essere nella vita e come arrivarci e che importanza dare ai rapporti umani. Sono un uomo clamorosamente fortunato perché mi fido di questi ragazzi incredibili, incluso il presidente Petrucci. È una cosa per me facilissima riuscire a farlo. Quando penso di dover fare determinate scelte le faccio e non mi pento fino a quando non manco di rispetto ai miei giocatori. Non ho rimpianti, perché nella vita la perfezione non esiste, inutile guardarsi indietro. Viviamo per le emozioni e oggi le abbiamo regalate". Dice di far fatica a restare nel suo corpo. E un po’ lo si intuisce perché per rimanere tranquillo in panchina deve essersi violentato un po’. Ma giusto un po’… 

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