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Cosa aspettarsi dall'Italia di Pozzecco ai Mondiali di basket

Umberto Zapelloni

La Nazionale arriva ai Campionati del mondo da imbattuta. Ci mancano centimetri e forse un play, ma abbiamo dimostrato di poter sopperire a tutto ciò

“Questa nazionale ha un presente e un futuro, dobbiamo esserne consapevolmente contenti”, parole e musica di Gianmarco Pozzecco, il commissario tecnico meno allenatore mai sedutosi sulla panchina azzurra. Il Poz ama raccontarsi come un allenatore che non allena, ma poi a smentirlo sono i fatti. Anzi i suoi giocatori, quelli che lui considera come dei figli. Loro raccontano di come curi i dettagli, di come prepari le partite, per non dire di come riesca a caricare la squadra. Il Poz è un po’ come le pile Duracell, ti dà una carica che non finisce più, neppure quando gli arbitri lo cacciano dal campo come capitato lo scorso anno.

La Nazionale che ha costruito per questi Mondiali non è molto differente da quella dello scorso anno agli Europei e da quella che Meo Sacchetti aveva portato ai Giochi. Il quintetto base è lo stesso: Spissu, Tonut, Fontecchio, Polonara e Melli. Ci mancano centimetri, ma abbiamo tanto cuore e talento quanto basta per poter puntare a qualificarci ai Giochi di Parigi, impresa che facile non sarà. L’Italia del basket arriva al Mondiale imbattuta. Sette vittorie nelle sette partite di preparazioni che hanno fatto dire al coach: “Adesso abbiamo capito che possiamo perdere con tutti. Una cosa che può capitare a noi e a chiunque altro”. L’atmosfera che si respira è quella prodotta da un gruppo unito e compatto, fatto di gente che guarda di più al nome scritto sul davanti della maglia che a quello scritto sulle spalle.

La Nazionale di basket è quello che si dice una squadra. C’è Gigi Datome alla sua “last dance” con la voglia di lasciare un segno come ha fatto nell’ultima partita di campionato della sua carriera. Così come ci sono due giovani come Spagnolo e Procida, prossimi compagni all’Alba di Berlino, che rappresentano il futuro. Certo, ci manca il pivottone, quel  2.10-2.15 che può liberare i tabelloni, ma abbiamo imparato a farne a meno. Secondo i puristi ci manca anche un play di talento, ma i tiri ignoranti di Spissu (ereditati da Belinelli), possono sopperire.

Il primo gironcino con Angola, Repubblica Dominicana e i padroni di casa delle Filippine è facile solo sulla carta visto che sia la Repubblica Dominicana che le Filippine hanno due leader in arrivo dalla Nba come Karl Anthony Towns e Jordan Clarkson che aveva la nonna filippina e a Utah, dove gioca Fontecchio, viaggia a 20 punti a partita. Non saranno ammesse distrazioni, perché i risultati del primo girone si trascineranno poi nella seconda fase e non è il caso di complicarsi subito la vita. Pozzecco sa dare leggerezza, ma nello stesso tempo sa quando finisce il tempo della playstation e bisogna scendere in campo per portare a casa la vittoria. Lui ha nel cassetto un argento olimpico. Sa che cosa significhi vincere con la maglia azzurra e la sensazione è che ora lo sappiano davvero tutti.

L’Italia non è mai andata sul podio ai Mondiali. Il quarto posto di 45 anni fa, proprio a Manila, e quello di Lubiana nel 1970 sono i nostri migliori risultati. Pensare ad un podio quando ci sono Stati Uniti, Spagna, Francia e probabilmente Australia a giocarsi le medaglie è quasi una missione impossibile, ma l’anno scorso all’Europeo con la Francia abbiamo perso solo per due liberi sbagliati nel momento meno opportuno. Peccato solo si giochi nella mattina italiana perché questa è un’Italia che in prima serata (Mondiale trasmesso su Rai, Sky, Dazn) potrebbe conquistare il pubblico. Sono ragazzi che giocano con il cuore. Ci manca il convalescente Gallinari, non c’è più Belinelli, ma questa è un Italia che può far innamorare i ragazzi del basket azzurro, non solo delle magie della Nba.

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