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Gigi Datome si ritira dopo il Mondiale. Oltre il campione c'è di più

Umberto Zapelloni

Non è da tutti lasciare con lo scudetto sul petto, dopo esser stato il miglior giocatore della finale. Dalla Sardegna all'Nba, dalle vittorie a palco con Patti Smith. Un successo con la Nazionale è l’unica cosa che gli manca. C'è ancora l'ultima Coppa del mondo da giocare

Per un campione non è mai facile saper scegliere l’attimo giusto per cambiare vita. Gigi Datome ce l’ha fatta. È stato un fuoriclasse anche in questo. Non è da tutti lasciare con lo scudetto sul petto, dopo esser stato il miglior giocatore della finale. Significa che oltre il campione c’è di più. Che oltre lo sportivo c’è l’uomo vero. D’altra parte per capirlo basta fare una chiacchierata con lui. Gigi non è mai stato un uomo banale, un po’ come non è stato un giocatore normale arrivando anche a giocare in Nba. Giocatori che scrivono libri ce ne sono tanti. Giocatori che leggono libri meno. Ancora meno quelli che su Instagram consigliano le letture da fare. Giocatori che ascoltano musica ce ne sono a milioni. Giocatori che suonano uno strumento meno. Giocatori che salgono sul palco con Patti Smith a suonare la chitarra in un concerto ce n’è uno solo: Gigione.

Due settimane dopo aver alzato al cielo la coppa del trentesimo scudetto dell’Olimpia, dopo essersi goduto la pace del mare della sua Sardegna con moglie e figlia è andato dove lo ha portato il suo corpo, più che il suo cuore. Stringerà i denti fino al Mondiale di settembre, poi saluterà il campo, ma non quel mondo dove un giorno magari lo vedremo alla guida della Federazione. Ci vorrebbe davvero una bella ciliegina sulla sua torta, un successo con la Nazionale è l’unica cosa che gli manca.

“Ciao a tutti, ho un messaggio per voi. Non ci sono modi facili per dirlo. Smetto di giocare a basket. Finisco con il basket giocato”, ha detto in un video messaggio spedito dalla Sardegna. “Sono passati 20 anni da quando sono partito da qui, da quando giocavo su questo campo. Quando avevo 14-15 anni, quando sono partito, volevo semplicemente vedere se il basket sarebbe diventato la mia vita”.

Quel ragazzino lungo aveva tanti sogni. Li ha realizzati quasi tutti: “Avevo dei sogni, ma non avrei mai potuto immaginare tutto ciò che mi è successo. Non avrei potuto sognare di giocare 10 anni in Serie A. Non avrei mai potuto sognare il mio ultimo anno alla Virtus Roma. Non avrei mai potuto sognare di giocare per i Detroit Pistons, per i Boston Celtics”. Il bello è che la Nba è stata solo una tappa, prima di un grande slam di vittorie in Europa: “Non avrei mai potuto sognare gli anni al Fenerbahce, a Istanbul, con nove titoli, quattro Final Four, e il titolo di EuroLeague. E non avrei mai potuto sognare di finire qui, in un club prestigioso come l’Olimpia Milano, vincendo cinque titoli, tornando alle Final Four dopo 30 anni, vivendo tre anni importanti. E non avrei mai potuto sognare di giocare la mia ultima partita in una gara 7, di finale scudetto. Una partita bellissima da vivere, e che tutti noi non dimenticheremo”. Lasciare così, dopo quello che ha fatto in quell’ultima partita, in quell’ultima serie scudetto, è un’altra magia. Uno dei suoi tiri impossibili che si infila nel canestro senza sfiorare la retina.

“Ma la cosa più importante – continua Gigi - è che in questi 20 anni non ho rimpianti. Ho giocato con grandi campioni, ho vinto tanto da protagonista, e soprattutto mi sono divertito. Chiunque faccia sport, sa quanto questo sia importante. Non ho rimpianti, ma ho un cruccio. Non aver mai vinto con la Nazionale. Ecco perché, grazie al Poz, vivrò un’altra estate azzurra per giocare le mie ultime partite con la maglia più bella c’è. Resta un sogno, so che non è facile, ma non smetterò di sognare”. Il Poz, quando venne a trovarci nella mattinata de il Foglio a San Siro non era così convinto di chiamare Gigione. Ma poi ha saggiamente cambiato idea. Ha capito quanto può dare uno come Gigi nella sua ultima apparizione in azzurro. Il SuperGigi diventato un eroe a fumetti nel suo ultimo libro, può aiutare il Poz e i suoi ragazzi. C’è ancora un gran finale da scrivere.

Che cosa accadrà dopo lo capiremo presto: “Arriverà il tempo dei ringraziamenti, ora ne faccio uno, all’Olimpia Milano. Non solo per questi tre anni, ma anche per quello che sarà. Proverò a dare una mano in altro modo, felice che questo secondo capitolo della mia carriera inizi in questo club, al top in Italia e in Europa”. Non ci saranno problemi a trovargli un ruolo. Basta leggere il saluto che gli ha riservato Giorgio Armani: “Nei tre anni trascorsi insieme, Gigi Datome ci ha dimostrato cosa significhi essere un vero leader: campione di tecnica, ma soprattutto di perseveranza nel superare ostacoli e avversità. Grande esempio in campo e fuori, con le tante vittorie che ha contribuito a ottenere, resterà nel patrimonio morale dell’Olimpia. L’annunciato ritiro è una scelta coraggiosa perché avviene in uno dei momenti migliori della sua attività. Ma Datome può ritirarsi con uno scudetto sul petto, con il trofeo di miglior giocatore della finale in mano, accompagnato dall’abbraccio dei suoi tifosi e dall’applauso di tutti gli appassionati di questo sport. Sono sinceramente ammirato”.

E se è ammirato lui che cos’altro potremmo essere noi?

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