Gigi Datome con la maglia del Fenerbahce Beko Istanbul (foto LaPresse)

il foglio sportivo

Il ritorno di Datome è un regalo per il basket italiano

Umberto Zapelloni

Barba lunga e idee mai banali. Perché l'acquisto dell'Olimpia Milano è un bene per tutta la Serie A

Il segreto di Gigi Datome sta tutto nel titolo della sua autobiografia: “Gioco come sono”. E, visto come è fatto Gigi Datome, è certamente un gran bel giocare. Il ritorno in Italia della barba più famosa del basket dopo quella di James Harden, non è un affare soltanto per l’Olimpia Milano, è un affare per tutta la nostra pallacanestro disperatamente alla ricerca di un’identità da cui ripartire. In un periodo storico in cui le grandi stelle stanno tutte dall’altra parte dell’oceano, l’arrivo di Datome nella nostra Serie A può avere un effetto Ronaldo, con qualche tartaruga in meno, ma con molte idee in più. Perché la differenza tra Gigi e tanti colleghi sta soprattutto in quello che c’è dentro la sua testa. Datome è un uomo dal pensiero forte che sfrutta i social per promuovere un libro, non necessariamente il suo, e non una cremina doposole. Poi, magari, ti riorganizza la libreria in ordine cromatico e non per argomenti, ma non importa perché appaga l’occhio, richiama l’attenzione sul post e comunque mette in mostra titoli che non sono banali e libri che danno proprio l’impressione di essere stati letti e non solo acquistati. Sergio Zavoli, Curzio Malaparte, Tiziano Terzani, Vittorio Zucconi, Eugenio Scalfari, ma anche la Palestina di Elias Sanbar, non sono letture banali.

 

E non lo è neppure “Niente teste di cazzo” di James Kerr, anche se le lezioni di vita e di leadership potrebbe darle Gigione stesso, senza ricorrere agli All Blacks. Gli basterebbe prendere la chitarra in mano… Ma anche senza musica possono bastare uno sguardo, una parola e l’esempio che riesce sempre a dare. Gigi è profondamente, anzi orgogliosamente, sardo. L’isola è la sua Itaca. Ma è anche un viaggiatore curioso e goloso. Come un marinaio in mezzo all’oceano sa trovare altri porti sicuri e gettare le reti. Ha imparato a usare i social e potrebbe dare lezioni a ragazzi e influencer. Leggete il capitolo del suo libro per credere.

  

Il ragazzino che ogni mattina prima di andare a scuola fissava il poster di Allen Iverson appeso alla parete della sua cameretta oggi è passato dall’altra parte. C’è lui sui poster nelle camere di tanti ragazzini. E se è su quei poster in Turchia, in Sardegna, ma certamente anche in tante altre camerette in continente, il merito è tutto del suo babbo Sergio che ha fondato la squadra di Olbia portandola fino allo scudetto allievi (con Gigi in campo, ovviamente). E Gigi non giocava solo perché era il figlio del presidente… Ha voluto provare l’esperienza Nba e si è fatto trovare pronto quando Boston lo ha finalmente capito. “Sono stato bravo a farmi trovare pronto perché sono stato un martello prima”, racconta spiegando la sua filosofia. Non arrendersi e impegnarsi, sempre. E dopo la Nba ha scelto l’Eurolega. Per vincerla però, quindi il Fenerbahce non Milano che lo stava già cercando ai tempi. “Volevo tornare in Europa ed essere protagonista ad alto livello”. Detto fatto. Anche perché se ti chiama Obradovic è difficile resistere, un po’ come se Charlize Theron ti invitasse a cena. “Obradovic è una leggenda vivente, ma è sempre quello che ha più fame, più energia, che sopporta meno le sconfitte e ti trasmette il desiderio di non essere mai soddisfatto”. Adesso che ha scelto di ripartire dall’Olimpia, si porterà dietro un paragone scomodo per Ettore Messina… Il presidente-allenatore dell’Olimpia dovrà sforzarsi per non sfigurare. Il paragone stimolerà anche lui che comunque era abituato a sostituire, senza sfigurare, Gregg Popovich, un’altra leggenda… Datome non è mai andato dove lo aspettavano i contratti migliori. Fin da ragazzo non hai mai scelto il portafoglio: “Per me è sempre stato più importante essere felice e soddisfatto di ciò che facevo e di dove ero”. Il modo giusto di intendere la vita. Anche perché poi i soldi sono comunque arrivati…

  

Il ritorno di Datome in Italia può fare l’effetto di un arcobaleno dopo una tempesta. Ma è importante che non lo sfrutti soltanto l’Olimpia che sta costruendo uno squadrone pazzesco (senza scordare Bologna che ha idee chiarissime). Datome è un asset, come dicono quelli che fanno i meeting, per tutta la pallacanestro italiana. Per la nazionale che lo avrà in casa e sogna sempre l’Olimpiade. Per la federazione che l’anno prossimo festeggerà i 100 anni e potrebbe trovarsi in casa un uomo immagine oltre al monumento Meneghin. Per la Lega che ha festeggiato i cinquanta anni in pieno lockdown, ma sta ancora contando le squadre che parteciperanno alla prossima Serie A. Datome è un regalo per tutti. Non solo per Milano.

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