Foto Epa, via Ansa

Europa League

Olympique Marsiglia-Atalanta, ossia la sfida tra Gian Piero Gasperini e la sua nemesi: Jean-Louis Gasset

Marco Gaetani

La squadra francese stava vivendo una stagione complicata, con più ombre che luci. L'arrivo dell'allenatore francese, reduce dall'esonero dalla Nazionale della Costa d'Avorio, sembrava la certificazione del fallimento. E invece...

In un calcio che si ostina a cercare modelli vincenti, se possibile replicabili in serie senza farsi troppe domande con il solo scopo di raggiungere l’obiettivo, Olympique Marsiglia-Atalanta ci insegna che vale tutto. Da una parte troviamo l’estrema solidità del progetto nerazzurro, con Gian Piero Gasperini ormai novello Alex Ferguson, saldamente alla guida della macchina atalantina dal lontano 2016 e in apparenza tutt’altro che svuotato mentalmente, anzi. Dall’altra, l’improvvisazione al potere. La stagione dell’OM aveva preso una piega surreale già dall’inizio, con il repentino addio di Marcelino: erano bastate sette partite allo spagnolo per lasciare sul tavolo un contratto firmato fino al 2025 e scappare via da quello che sembrava uno spogliatoio ingovernabile. A poco era servito l’arrivo di Gennaro Gattuso, la cui avventura è terminata alla fine di febbraio, dopo una sconfitta con il Brest. Quando al suo posto la dirigenza del Marsiglia ha convocato Jean-Louis Gasset, in molti hanno pensato che la stagione fosse definitivamente deragliata.

Settantenne, con un curriculum da allenatore di profilo decisamente medio-basso, è arrivato sulla panchina dell’OM dopo un’esperienza alla guida della Costa d’Avorio terminata in modo tragicomico: esautorato nel bel mezzo della fase a gironi della Coppa d’Africa, poi vinta clamorosamente senza di lui. Una vita da vice di Laurent Blanc, un solo trofeo in bacheca da allenatore “in prima”, la Coppa Intertoto del 1999 alla guida dell’amato Montpellier, il club al quale aveva dedicato la sua intera carriera da calciatore e nel quale aveva svolto ruoli tecnici marginali per tredici anni.

L’arrivo di Gasset aveva dunque tutti i crismi dell’autogestione, una figura chiamata quasi per obblighi burocratici, l’uomo individuato per tirare avanti in attesa di tempi migliori: non a caso, in uno dei suoi primi discorsi, si è aggrappato proprio a un invito che Gattuso aveva riservato ai suoi ex calciatori, vale a dire quello di iniziare a ragionare da squadra.

Nonostante tutto, la mossa ha funzionato. Non tanto in Ligue 1, dove l’andamento del Marsiglia è rimasto abbastanza ondivago (l’OM è settimo a tre giornate dalla fine e la zona Champions League è irraggiungibile), quanto in Europa League: si era ritrovato in panchina per la prima volta nel ritorno del playoff con lo Shakthar, vinto 3-1 al Velodrome, e ha fatto del fattore campo il suo punto di forza. Prima il 4-0 nell’andata degli ottavi con il Villarreal, quindi l’1-0 ai quarti ai danni del Benfica, ribaltando la sconfitta dell’andata e trascinando la sfida ai rigori, fino al passaggio del turno. Il traghettatore si ritrova per le mani l’occasione della vita alle soglie dei 71 anni: qualcosa di simile, con qualche primavera in meno sulle spalle, a quello che era accaduto un anno fa con José Luis Mendilibar al Siviglia. Per preparare la doppia sfida con i nerazzurri, ha ammesso di aver chiesto consiglio a Fabrizio Ravanelli, uno che dalle parti del Velodrome conoscono bene, e agli ex “italiani” che militano nella sua formazione: da Pau Lopez a Veretout fino a Correa.

Il contrasto tra il progetto del Marsiglia e quello dell’Atalanta è così evidente da aver indotto proprio Gasset agli sperticati elogi della vigilia: “L’Atalanta è la squadra più forte che abbiamo affrontato finora, anno dopo anno hanno saputo consolidarsi, arrivano sempre nelle prime posizioni, sono un ottimo esempio di come si dovrebbe lavorare. È un club che lavora molto bene, a mio modo di vedere è la semifinalista più forte delle quattro rimaste in corsa. Ad Anfield hanno fatto una gara praticamente perfetta”. Ora toccherà ai ragazzi di Gasperini non cadere in questa trappola ideologica, mantenendo altissimo il livello dell’attenzione come hanno saputo fare davanti a un Liverpool che pareva il vincitore designato della competizione: dovranno far valere il peso dell’alchimia, del lavoro costante degli ultimi anni della società e dell’allenatore, per raggiungere un traguardo storico.

Di più su questi argomenti: