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Il Foglio sportivo

Buone ragioni per tifare le italiane nelle coppe europee

Giuseppe Pastore

Le prime due nazioni del ranking stagionale portano una squadra in più in Champions League. Le novità del prossimo anno

Siete pronti? Una delle frasi fatte più rappresentative dell’Italietta calcistica – impregnata di quella micidiale ipocrisia nazional-popolare da Tg1 dell’ora di pranzo stile “mangiate frutta e verdura e non uscite nelle ore più calde” – sta per diventare solida realtà, certificata dai freddi numeri della burocrazia europea. E questa sentenza è: “In Europa bisogna sempre tifare per le squadre italiane”. Proprio così. Non ce ne vogliano i tifosi della Juventus: nessuna correlazione tra lo sdoganamento dell’antico principio e la squalifica che ha colpito la Juve proprio quest’estate. Semplicemente c’è già da guardare al 2024-2025, quando salperà la nuova SuperChampions, ingolfata di quattro squadre in più (da 32 a 36) e molte più partite per accontentare le ribelli che ventilavano propositi di Superlega. Due dei quattro posti aggiuntivi verranno assegnati secondo modalità molto interessanti anche per il nostro calcio: saranno infatti posti-extra che spetteranno alle due federazioni meglio piazzate nel ranking annuale della stagione precedente. In parole povere, i due paesi che otterranno i migliori risultati nelle tre Coppe 2023-2024 godranno di un posto in più nella Champions 2024-2025: il che vuol dire che, se capitasse all’Italia, la Serie A qualificherebbe anche la quinta classificata in campionato.

 

Riponete lo scetticismo: non è un’ipotesi così campata in aria, per il semplice fatto che è capitato proprio l’anno scorso. Ricordate la meravigliosa cavalcata di Inter, Roma e Fiorentina verso le tre finali di coppa? Non era soltanto materiale buono per Gravina e Casini ad allungare il brodo del consenso politico e mediatico: numeri, fatti, soldi. Nel 2022-2023 l’Italia ha chiuso al secondo posto (22.357 punti), dietro solamente all’Inghilterra vincitrice di due Coppe su tre (23.000), nettamente davanti alla Germania (17.125), alla Spagna (16.571) e al sorprendente Belgio (14.200) – il che ci porta a puntualizzare altre due cose. Primo: l’Uefa attribuisce una grande importanza a Europa League e Conference League, assegnando a chi fa strada bonus appena più bassi della Champions (è il motivo per cui la Roma, pur non frequentando la Champions dal 2019, è attualmente nona nel ranking Uefa); questo consente di scalare la classifica anche a paesi meno forniti dal punto di vista numerico come appunto il Belgio e l’Olanda, che grazie alle ottime campagne europee di Union Saint-Gilloise e AZ Alkmaar l’anno scorso hanno fatto meglio di Francia e Portogallo. Secondo: il ranking annuale è una cosa diversa da quello quinquennale che si usa per stabilire le fasce dei sorteggi e i posti da assegnare ai singoli paesi nelle varie competizioni, una graduatoria che dal 2009 vede ai primi posti sempre Spagna, Inghilterra, Italia e Germania. Il ranking annuale è meno cristallizzato e dà margine per singoli exploit stagionali che tuttavia, con questa mini-riforma, potrebbero valere un posto al sole nel massimo torneo continentale.

 

Chiudiamo con uno squassante dilemma morale degno del Decalogo di Kieslowski o del celebre apologo della rana e dello scorpione. Mettiamo che sia maggio, che siate tifosi del Milan o della Lazio, che la vostra squadra sia quinta in classifica e che la presenza nella prossima Champions dipenda da una vittoria europea dell’Inter o della Roma: sareste disposti a trangugiare l’amaro calice e tifare contro natura?