Foto tratta dalla pagina Facebook ACF Fiorentina 

Aspettando la Serie A la Fiorentina ha quasi battuto la burocrazia italiana

Andrea Trapani

Da qualche giorno Il Viola Park è diventato la nuova casa della squadra: Italiano ha dato il via al ritiro in città ha tutto per diventare un riferimento in Italia e in Europa. Manca però ancora l'agibilità per ospitare il pubblico

Una struttura realizzata in meno di quattro anni è un evento da festeggiare. Senza togliere meriti alla Fiorentina, il giubilo popolare è figlio di un sistema paese che sembra essere sempre terribilmente lento rispetto agli annunci. In questo caso però è andato (quasi) tutto bene. La cronistoria parla di quanto si sia corso: il 9 ottobre 2019 veniva annunciato l'acquisto dei nuovi terreni, mentre il cantiere è stato aperto a febbraio 2021. Un percorso che, nonostante qualche intoppo tra la pandemia e l’aumento del costo dei materiali, è andato veloce come piace alla proprietà americana che, messo da parte il progetto per un nuovo stadio, ha puntato tutto sulla costruzione di un centro sportivo di proprietà.

 

Stati Uniti versus Italia?

Se non si fosse ancora capito stiamo parlando del Da qualche giorno Il Viola Park è diventato la nuova casa della squadra: Italiano ha dato il via al ritiro in città ha tutto per diventare un riferimento in Italia e in Europa. Manca però ancora l'agibilità per ospitare il pubblico. Tutto tranne una cosa: l’agibilità per l’apertura al pubblico. Un paradosso tutto italiano. O forse no.

Una sfida non facile per Rocco Commisso che deve destreggiarsi tra due diversi modi di pensare. L’ambizioso presidente viola ha tentato di importare la filosofia del “fast fast” nel nostro paese, una battaglia che non ha vinto ma che ha accelerato le decisioni della politica fiorentina.

C’est l’Italie, le ambizioni corrono più veloci dei tempi autorizzativi di un’opera e i richiami alla concretezza operativa dello stato del New Jersey non fanno presa: qui ci sono altri tempi, tanto rispettabili quanto fastidiosi, ma non è il caso di scomodare Weber per parlare della burocrazia (che esiste anche in America). Torniamo all’oggi. Se da un lato alcuni tifosi rimpiangono le temperature di Moena, tutti sono compatti nel lamentarsi dell’impossibilità di vedere le amichevoli nel nuovo impianto. Già, nessuno può entrare dentro al Viola Park.

 

Le amichevoli a porte chiuse

L’amichevole di ieri contro il Parma è stata visibile solo su Dazn, un paradosso per una struttura nata per essere ancora più vicina alla città. Mancano le autorizzazioni necessarie per aprire al pubblico e la dirigenza viola mastica amaro: dopo i rallentamenti del periodo Covid, sembrava tutto pronto per il taglio del nostro in coincidenza con l’avvio del ritiro. Non è andata così.

Le colpe non sono solo da una parte, la stessa società viola si avvale di professionisti per anticipare i possibili problemi burocratici, ma il “conflitto” tra le disposizioni della Sovrintendenza e quelle dei Vigili del Fuoco è esploso a sole 48 ore dall’apertura. Una storia banale quanto complessa: la commissione di vigilanza per il pubblico spettacolo ha dato prescrizioni di sicurezza che necessitano di una deroga ma la stessa commissione si fa desiderare e gli incontri slittano di settimana in settimana. Intanto le amichevoli restano a porte chiuse, la riunione del 7 luglio è slittata al 27 e l’atteso incontro con il Catanzaro, neopromosso in B, sarà ancora una volta senza tifosi.

 

    

L’ironia batte la realtà

Per ora a Firenze vince l’ironia. Sui social spopolano le foto del nuovo parcheggio provvisorio “dove si potranno parcheggiare le auto per poi non entrare al Viola Park”, altri scherzano sulla travagliata cronistoria di questa struttura, c’è chi ricorda la voce - che aveva allarmato pure il presidente - sull’impossibilità di poter tracciare le linee sui campi da gioco per improbabili problemi di panorama. Insomma, il confine tra ironia e sarcasmo assomiglia alle difficoltà che Commisso ha vissuto dal suo arrivo in Italia: investire nel nostro paese può diventare l'affermazione di un qualcosa che sta a significare il suo contrario, ovvero dover imparare a conoscere i limiti del possibile. Come quelli di un ritiro a cantiere aperto.

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