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Il Foglio sportivo

L'incredibile impennata di Marco Bezzecchi

Giorgio Burreddu

Dal Bar Angelo al sogno Mondiale in MotoGp: “Ma Pecco è davvero un amico ed è forte in tutto”

Delle volte mi sgridano. Mi dicono che ogni tanto dico troppe cazzate”. Così a Marco Bezzecchi hanno affiancato il cagnaccio da guardia, Pol, il pr, che ringhia ogni volta che il discorso finisce sul Mondiale, sulle ambizioni, sulle moto ufficiali, sul futuro.

Ma Bez, puoi vincere il Mondiale? “Non mi voglio sbilanciare più di tanto. Voglio vedere cosa succede più avanti”. Come stai vivendo il momento? “Molto bene, tutto sta funzionando al meglio. Le gare e tutto il resto. Ma di più non posso dire adesso”. E il fatto che sei l’uomo mercato? “Ho persone fantastiche attorno a me, che lavorano per me. Tutti si occupano delle cose di cui devono. Di più non posso dire”.

Era difficile mettere le briglie al Bez, simbolo contemporaneo di una Mooney VR46 Racing che vola e che sta raccogliendo in MotoGp tutta la professionalità e i sogni che merita e che coltiva da sempre. Ci sono riusciti. O forse è solo perché Marco, 24 anni da Rimini, si è fatto grande. Dimostrazione di grandezza attesa anche a Silverstone, Gran Bretagna, prossimo Gp in agenda. “Sono cresciuto, mi vedo diverso rispetto a qualche anno fa. In parte, almeno. Ma a pensarci nemmeno troppo. Alla fine sono sempre io, sono sempre stato me stesso e voglio continuare a esserlo. Sono maturato in tante cose e su altre ci sto lavorando. Le persone che sono state al mio fianco mi hanno insegnato le cose giuste”. 

Entrare nel mondo del Bez è come aprire una porticina sull’universo di Fellini. E guarda un po’, le zone sono le stesse. Un mondo colorato e sgasatore, come lo definisce Uccio, il manager della Mooney VR46. Qualche anno fa Bez frequentava il Bar Angelo, uno di quei posti che non si possono raccontare. Con i personaggi che lì e solo lì puoi trovare: “Il Morandi, che faceva il meccanico di Matteotti e ha sempre certe perle che quando inizia a raccontarle ce ne andavamo via all’una di notte. Il Franci, dà una mano a quelli del bar ma faceva lo sbandieratore a Misano e dice che di moto ne sa un casino. E ovviamente il Robi, che è il padrone del bar. L’uomo più calmo della terra. Ma se sale in cattedra, oh, fa abbassare la testa a tutti. Noi romagnoli siamo così, siamo gente strana. Ci vogliamo bene”. Erano gli anni della Moto3, ché se fai il pilota i riflettori ti inquadrano solo di sguincio.

Bezzecchi, quello che oggi si sta giocando gomito a gomito con Bagnaia il titolo nella classe regina, ha dovuto rallentare un po’. “Al Bar Angelo ci vado meno, anche se ci vado ancora qualche volta. Ci sono ancora gli amici storici. Gli amici sono rimasti gli stessi dell’asilo, delle elementari. Quelli veri e stretti non sono tantissimi. Con questa mia carriera un po’ di cose sono cambiate, gli amici sono costretti a fare cose che magari non vorrebbero, a non andare in posti dove c’è troppo casino. Ma la cosa non crea problemi a nessuno”. Il bene è sempre lo stesso. Eppure chi lo guarda salire sui podi del mondo (successi in Argentina e Le Mans) sta imparando a trasformarlo in icona, personaggio, simbolo. Marco si affretta a dire “no, io mi sento me stesso al cento per cento. Chi mi sta intorno mi tiene sempre con i piedi per terra e non mi considera come un pilota”. 

Lo sport, con lo show business, è come la tana del bianconiglio: ti cattura, ma rischia di portarti fuori strada, e poi addio sogni di gloria. Per questo l’amicizia è per Bez una medicina, un fattore decisivo, che avvolge sempre tutto. “Per me è fondamentale. L’amicizia è un sentimento vero, che sta alla base dei rapporti umani. Ed è anche alla base del mio lavoro, di quello che faccio ogni giorno. La fortuna è che non mi sono dovuto sforzare per cercarla: questa squadra è anche fatta di amici”. A cominciare da quel Bagnaia, l’avversario in sella alla Ducati, l’acerrimo nemico solo quando si alzano i giri del mutòr, come dicono in Romagna. “Io e Pecco siamo amici, sì. Ha più esperienza di me, fa la MotoGp da qualche anno in più. È fortissimo, non a caso è il campione del mondo. Ci frequentiamo sì, e parliamo. In cosa è più forte di me proprio non lo so, lui è forte in tutto. Io invece devo crescere, fare di più, migliorare certi aspetti della guida. Di sicuro mi ha attaccato la passione per le scarpe”. Un tempo Marco aveva la fissa dell’oroscopo. Lui, Scorpione. Capriccioso e sicuro di sé: i ricci non mentono. Una volta, nel 2018, disse: “La fissa me l’ha attaccata mia sorella Silvia. Leggo quello settimanale di Paolo Fox. Ma capita di sbirciare anche quello giornaliero”. Oggi, 2023: “No, non lo guardo più”. Ha appena preso la patente: fino a pochi giorni fa non poteva guidare la moto su strada. Quello della motorizzazione di Pesaro che gli ha fatto l’esame ha detto che Bez è stato prudente. E per uno che dà gas in MotoGp è da non credere.

Ah, come si cambia. Ora ci sono le Jordan a riempire l’extra pista (e ovviamente gli armadi) del Marco ragazzo. È la fissa del momento, l’hobby più prezioso. “Le scarpe in generale mi piacciono molto. Che ci faccio? Le compro e me le metto, che ci devo fare? Ne ho molte, moltissime. Dalle Jordan alle sneakers di tutti i tipi, le Vans, le All-star, le Fila, le Nike. In tutto ne avrò una cinquantina”. Un po’ rock (“Mia sorella suona la chitarra, ma io no, zero”), un po’ vintage, il Bez fuori dal paddock ha l’aria stravissuta, straviziata, stralunata. È la sua splendida giornata. Piena degli affetti di sempre. La mamma Daniela e le sorelle Silvia (che ha studiato trucco cinematografico a Birmingham) e Laura. Il cugino Emiliano che una volta gli curava il sito. Il papà Vito, un gentleman in salsa romagnola. “Io e lui abbiamo un rapporto molto speciale – ha sempre detto – parliamo di tutto, anche se le moto finiscono sempre in mezzo ai nostri discorsi”. Già, le moto. Da guidare ma anche da “spataccare”, come dice lui. Voce del verbo: modificare, arrangiare, meccanizzare. “Ho lavorato in officina e quella della meccanica è una passione che coltivo, che ho da tanto tempo. Dai primi motorini, quelli che io e i miei amici abbiamo sempre spataccato. Abbiamo fatto un sacco di robe, truccato motorini da cross, vespe da cross, ape. Sapere come funzionano i mezzi a motore è bello, puoi far capire una cosa a chi deve sistemartelo. Le moto sono la mia passione. Mi piace stare lì a guardare quando ci mettono le mani, quando le smontano”. Tutti noi abbiamo una calamita, qualcosa che ci attira e da cui non ci si stacca più. Le moto sono quella del Bez. “La cazzata più grande che ho fatto nella vita? Boh, sicuramente una cappella in moto. Andarci è sempre la cosa che mi mette più allegria. Vincere ovviamente è una cosa unica, che non si ripete con niente. È bellissimo. Ma l’allegria, quella la puoi raggiungere con altre cose. Io la trovo in moto”.

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