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Il Foglio sportivo

La sconfitta dell'Italia contro la Spagna e il momento in cui bisogna saper salutare

Giuseppe Pastore

Che senso ha Bonucci in azzurro? Dove sono finiti gli appelli pro giovani del ct Roberto Mancini? La fase delicata che sta attraversando la Nazionale italiana

In un’epoca in cui si tratta di calcio e di calciatori in modo molto paludato e prudente, dove nessuno parla mai male di nessuno, hanno spiccato le parole di Fabio Cannavaro: “Bonucci ha già smesso, ma ancora non se n’è reso conto”. Una frase in realtà misteriosa, di cui non si trova traccia alcuna nel mare magnum del web, ma che è stata comunque riportata in conferenza stampa al diretto interessato, cui non ha certo fatto piacere. A ogni modo, Bonucci ha chiarito meglio il concetto al terzo minuto di Spagna-Italia di giovedì sera. All’alba di una partita di interesse molto relativo, che però andava aggredita con maggior impegno specialmente dal capitano della Nazionale, ha ricevuto una palla non semplice da Donnarumma e si è impelagato in un doppio contrasto con Morata e Yeremy Pino che pareva la didascalia dell’ex giocatore: molle, nelle intenzioni, nella reattività e nella postura, incapace di percepire il pericolo in anticipo e poi di porvi rimedio scaricando il pallone a Toloi prima del secondo contrasto, e rassegnandosi così alla figuraccia per troppo orgoglio. Un gol di quelli che ormai non si vedono quasi più, un rimasuglio dell’era sottovuoto del post-Covid, un calcio a bassa concentrazione.

Nelle sue 121 presenze in Nazionale è la prima volta che Bonucci è stato sostituito per scelta tecnica all’intervallo. Nel 2023, però, gli era già successo con la Juventus, a marzo contro la Sampdoria, dopo un primo tempo in cui la sua prestazione contro l’attacco più scarso del campionato era stata non scadente, ma qualcosa di sottilmente peggiore: quella di un difensore abituato a comandare un reparto che ormai non comanda più, e anzi attira di sottecchi gli sguardi diffidenti dei compagni. Gli era già capitato di incarnare questa precarietà difensiva nella sventurata parentesi milanista (2017-18), cancellata con un colpo di spugna con il ritorno alla Juve, ma il pressing del tempo non si può aggirare con la costruzione dal basso. È diventato marginale persino nella Juve di minimo cabotaggio dell’Allegri-bis, non esattamente un avanguardista; invece è rimasto pietra angolare di una Nazionale che continua a girare in tondo alla ricerca di un posto al sole, serena e positiva come quelli che passano mezz’ora a cercare parcheggio, ogni tanto s’illudono di aver intravisto uno spazietto libero e invece no, e prima o poi vengono attraversati dall’orribile sospetto di stare solo perdendo tempo. Adesso si parla di un possibile addio alla Nazionale, che potrebbe essere annunciato già dopo la penitenziale finalina per il terzo posto contro l’Olanda, come sempre quando i buoi sono scappati da un pezzo: non tanto quelli di Bonucci, che con la Juve e la Nazionale s'è tolto quasi tutte le soddisfazioni che un calciatore può togliersi, quanto il bestiame di Mancini, che passa dagli appelli indignati pro-giovani a riproporre puntualmente giocatori sorpassati come Spinazzola o Jorginho, e nei fatti guarda avanti solo per provocazione: come altro spiegare i 90 minuti più recupero riservati a Zaniolo, ignorato per due anni, che non giocava una partita intera dal 13 novembre? “Ne abbiamo avute di occasioni”, cantava Franco Battiato, “perdendole”. Per Bonucci e Mancini, la stagione dell’amore è passata da un pezzo.