Foto LaPresse

in Argentina

L'Italia Under 20 si gioca la finale del Mondiale. Vale l'oggi, il futuro chissà

Giovanni Battistuzzi

In Argentina, contro i parietà della Corea del Sud, i ragazzi di Nunziata cercano di far meglio di quelli di Evani, che finirono terzi sei anni fa. Attenzione però agli abbagli, nelle competizioni giovanili ce ne sono stati tantissimi

Non tutto è come sembra nel calcio giovanile e molto spesso generazioni che sembrano incredibili, pronte a tramutare un presente lucentissimo in un futuro radioso e vincente, non ci riescono. Vale ovviamente anche il discorso opposto, un presente incolore, a tratti deludente, può trasformarsi in un ottimo domani. Soprattutto quando in campo scende l'Under 20, che poi altro non è che l'Under-19 che fu fin l'anno prima che deve giocarsi il Mondiale di categoria. L'Italia è passata per momenti difficili, fatti di missioni fallite e cadute clamorose, lunghe sparizioni, intervallati da qualche ottima prestazione e nessuna vittoria. Ci sta provando in questi giorni al Mondiale Under 20 in Argentina. Si giocano l'accesso in finale contro la Corea del Sud, in una sottospecie di rivincita, di categoria, contro la Nazionale coreana che fece agli Azzurri uno sgarbo, con partecipazione speciale di un certo Byron Moreno, in un'edizione del Mondiale che chi scenderà in campo non ha avuto nemmeno modo di vedere: nessuno di loro era ancora nato nel 2002.

La speranza per i ragazzi di Carmine Nunziata è quella di fare meglio di ciò che fecero sei anni fa i ragazzi di Alberico Evani. Terzi, dopo un Mondiale ben giocato, ma terminato in semifinale.

Era un'ottima squadra quella Nazionale. Giocavano Federico Dimarco, Nicolò Barrella, Riccardo Orsolini, Rolando Mandragora, Matteo Pessina, Andrea Favilli. Le stelle erano Barrella (che si ruppe il polso alla seconda partita), Orsolini, Mandragora e Favilli. Solo il primo, oltre a Pessina, era tra i convocati all'Europeo che l'Italia avrebbe vinto qualche altro più tardi – nel 2021. C'è tempo affinché possano riprendersi la Nazionale, non tutti crescono veloci come la nuovelle vague del ciclismo. Persero in semifinale contro l'Inghilterra. E quell'Inghilterra era fortissima, piena di giocatori di talento. I presunti fenomeni di allora, non lo sono diventati davvero: Dominic Calvert-Lewin s'è un po' arenato all'Everton, Dominic Solanke non è quel goleador che si pensava potesse diventare, Ainsley Maitland-Niles s'è perso tra Roma e Southampton, Jonjoe Kenny non è ancora diventato il miglior terzino destro d'Europa come gli era stato pronosticato. Meglio è andata a Fikayo Tomori e Ademola Lookman, che in quella Nazionale erano bravi ma non i più attesi.

Allora non era diverso da oggi. In Serie A ci giocavano in pochi, solo Niccolò Barrella era un quasi ma nemmeno sempre titolare, in tanti erano di proprietà delle grandi del campionato, chi giocava lo faceva in prestito in Serie B o in Serie C.

Non è cambiato nulla. Accadeva questo alla maggior parte della Nazionali e accade ancora.

Oggi come allora di ottimi talenti ce ne sono, hanno solo nomi e caratteristiche diverse e qualcuno è già nel giro della Nazionale di Roberto Mancini. Qualcuno ci arriverà senz'altro.

Simone Pafundi in Argentina non si è visto granché, ma di talento ne ha tanto e la concentrazione e la determinazione non sembrano quelle della comparsa. All'Udinese ha fatto tanta panchina e poco campo, ma la società crede in lui e il tempo, almeno per lui, potrebbe essere galantuomo. Stesso discorso può essere fatto per Cesare Casadei, che ha preferito un ricco Erasmus al Chelsea per giocarsi le sue carte, che sono tante e ben assortite. Andare all'estero è un rischio solo per i madeinitalisti che ancora considerano che all'estero facciano di tutto per bruciare i nostri migliori talenti. In Premier di concorrenza ce ne è tanta, ma ai club inglesi interessano soldi e risultati, non interessa loro molto chi glieli porta, la nazionalità degli interpreti è qualcosa di secondario.

E poi c'è Tommaso Baldanzi che sta facendo vedere a tutto il mondo, o quantomeno a quello interessato, che il suo calcio è forse démodé, ma senz'altro ben fatto e parecchio interessante. È un bel vedere Tommaso Baldanzi. Lo ha dimostrato in Serie A, a Empoli. E al solito verrebbe da dire, perché a Empoli quelli bravi davvero un posto lo trovano sempre. Vedremo. Ha davanti una carriera per dimostrare che quel davvero sia esatto.

Non è l'unico Baldanzi a essere già pronto per fare bene se non ovunque, quantomeno in parecchi posti. C'è anche Matteo Prati. Il centrocampista della Spal in Argentina sta dimostrando che non sempre serve rubare la scena a tutti per essere i migliori, che basta saper fare bene il proprio mestiere a volte per essere preziosi, preziosissimi. Il suo mestiere è quello del centrocampista di gestione e interdizione, caratteristiche che in una squadra, qualsiasi squadra, servono sempre.

Basta essere pazienti, essere consapevoli che è un mondo quello dell'under 20 che non è detto che rispecchi il mondo futuro. Ma il loro tempo è innanzitutto oggi, c'è tempo per vedere il domani.

Di più su questi argomenti: