L'Argentina festeggia il gol del vantaggio contro la Polonia (LaPresse)

Qatar 2022

Avanti quasi tutte le grandi. Delle imprese delle piccole si ricorderanno solo gli statistici

Jack O'Malley

Le teste fasciate dopo il primo turno non si sono rotte e per ora i pronostici sono quasi sempre rispettati. Mentre la Fifa non si smentisce mai, con la solita buffonata paternalista del fair play

Purtroppo alla fine l’Argentina si è qualificata, per la gioia di Adani che potrà continuare a commentarla nudo in tribuna, e per il sollucchero dei troppi orfani di Osvaldo Soriano, quelli per cui ogni cross è una parabola del destino, ogni tacco uno sberleffo alla vita, ogni tunnel un ritorno alla gioia dell’infanzia, ogni sombrero un adiòs malinconico, ogni fischio finale un tramonto triste sulla pampa. Come vi avevo detto, le teste fasciate dopo il primo turno non si sono rotte, vanno avanti quasi tutte le grandi, delle piccole che fecero l’impresa ce ne ricorderemo tra quattro anni quando i fan delle statistiche ci ricorderanno il gol del terzino saudita, la rimonta giapponese e i Kim della Corea.

Avanti l’Inghilterra che vincerà il Mondiale, il Brasile, la Francia, l’Olanda, due colonie inglesi, il Portogallo, la Croazia (la Spagna e la Germania non lo so, mi fanno consegnare il pezzo presto, se sono stati eliminati mi trovate ubriaco in qualche fosso). Non il Belgio, che si conferma il bluff del secolo così come il suo attaccante, Lukaku. Un bell’ambientino, lo spogliatoio belga, quasi come la redazione della Stampa, dove dopo avere passato mesi a elogiare il “condizionatori o guerra” di Draghi e i tagli del gas ora leggo che si lamentano del freddo che fa e minacciano azioni contro la direzione (ma possono sempre scaldarsi ballando al Pride). Si annunciano quarti di finale da goduria, in cui persino al “Circolo dei Mondiali” saranno costretti a parlare di calcio. Io mi ci preparo facendo scorta di birra (senza bionda non sopravvivo), pronto all’inculata del Senegal (questo articolo non finirà nelle rassegne stampa del Qatar). Peccato solo per gli Stati Uniti, i maestri del politicamente corretto già ci stanno facendo vedere l’orrore a cui assisteremo nel 2026, il Mondiale che organizzeranno con Messico e Canada. Secondo un accordo siglato mesi fa, le Nazionali maschile e femminile statunitensi di calcio si dividono in egual modo tutti i ricavi che derivano dalle partecipazioni mondiali.

 

Ora si dà il caso che la Coppa del mondo maschile sposti più tifosi, più diritti, più interessi e quindi più soldi di quella femminile (il mercato vince sempre sull’amore e sull’odio): non importa, si divide tutto. Il succo è che dal passaggio agli ottavi dei ragazzi allenati da Berhalter le ragazze americane hanno incassato più soldi che dalle loro vittorie ai Mondiali femminili nel 2015 e 2019. Bene, trovatemi voi qualcosa di più conservatore e patriarcale degli uomini che portano a casa lo stipendio più alto e ne danno una parte alle donne per andare a comprarsi scarpe e borse. Contente loro. Meno contenti sono invece i tifosi e i giornalisti israeliani in Qatar, leggo dalle pochissime cronache sul tema: insulti e violenze nei loro confronti vengono giustificate dall’adesione alla causa palestinese di tanti arabi. Non ho visto indignazione né grandi crociate mediatiche, ma la cosa non mi stupisce.

 

Fatemi brindare ai messicani, fuori dal Mondiale per la differenza reti: sul 2-0 contro l’Arabia Saudita sarebbero stati eliminati perché avevano preso più cartellini gialli dei polacchi, i quali hanno giocato una partita difensiva e paracula che manco Allegri nei suoi sogni erotici più sfrenati. Giustamente si sono fatti fare un gol, troppa sarebbe stata l’onta di uscire a causa del minor fair play degli avversari. Anche questa regola è la solita buffonata paternalista della Fifa: una Federazione seria farebbe qualificare chi riceve più cartellini gialli, non meno.

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