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Il Foglio sportivo - That win the best

Ma perché in Italia si parla sempre di modello inglese?

Jack O'Malley

In Inghilterra grazie alla FA Cup si può ancora sognare che il Cambridge batta il Newcastle

L’Australia è un paese ridicolo, ma l’Italia non scherza. La nostra ex colonia ha deciso di fare parlare di sé non solo per il surf, i canguri, i koala e gli incendi (le sole cose per cui si parla di quel grosso deserto abbandonato in mezzo all’Oceano da Dio), ma anche per essere lo Stato che in nome di una ridicola coerenza moralista impedirà a quel grandissimo rompicoglioni di Djokovic di vincere il suo ventunesimo slam trattandolo come un corriere della droga (peccato non abbiano pensato di fare con il suo aereo quello che solitamente fanno con i barconi, e cioè abbatterlo sparandogli). Il principio rules are rules è ovviamente giusto, condivisibile e da seguire in via generale, ma quando viene portato al parossismo come nel caso del tennista serbo non vaccinato, ma esentato da due équipe di medici fa cadere nel ridicolo chi lo segue ipocritamente come un mantra. Non si capisce bene a chi convenga questa tragicomica storia: non a Nole, il cui padre ha iniziato a delirare paragonando il figlio a Spartaco e a Gesù, non al circuito del tennis, che perde il più grande di tutti e deve aggrapparsi a Nadal, ormai in versione nonno saggio che dice le cose giuste, non all’Australia, che deve ringraziare di essere un’isola, altrimenti avrebbe già i tagliagole serbi al confine pronti a fare scorribande. 

Seguirò comunque gli Open – dopotutto il tennis lo abbiamo inventato noi – dopo l’orgia di FA Cup di questo weekend in cui tiferò fortissimo per la classica sorpresa inaspettata, l’amica tettona che chiede “posso aggiungermi?” (per stare in metafora), la provinciale che batte la big, il Cambridge che batte il Newcastle. Dicevo della cialtroneria italiana, su cui non mi dilungherò: da oltre un anno andate avanti con il teatrino delle Asl che bloccano le squadre, arbitro e avversari in campo a fare finta di dovere giocare e poi partita sospesa. Va bene che non avete un cazzo da fare, ma sul serio tocca vedere questa pantomima tutte le volte? Come se non bastasse, alla fine andate a parare sempre lì, qualunque sia il problema da risolvere: IL MODELLO INGLESE. Che si tratti di stadi di proprietà, arbitraggio, velocità di gioco, gestione degli hooligan, formula della coppa nazionale, alla fine sempre in casa mia venite a sbirciare. Che poi, non serve venire a vedere come facciamo noi a gestire le troppe assenze da Covid, basterebbe un minimo di buon senso, ma capisco che pretenderlo da un popolo di isterici che gode a chiudersi in casa e a mostrare un lasciapassare anche per andare al cesso sia troppo.

E poiché al peggio non c’è mai fine, domenica inizia la Coppa d’Africa, competizione meno avvincente del campionato canadese da cui almeno salteranno fuori un paio di giocatori buoni per qualche campionato europeo, e almeno una ventina di storie strappalacrime su orfani-poveri-che-ce-l’hanno-fatta-e-adesso-lottano-contro-il-razzismo-dei-bianchi per le riviste sportive cool, quelle che dedicano metà dello spazio al calcio femminile e alla sostenibilità ambientale delle terze maglia. Il tutto con un finale già scritto: caroselli sugli Champs-Élysées a Parigi dei tifosi della Nazionale vincente (qualunque sia), e scontri con i tifosi dell’altra finalista.

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