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La decisione della Lega

La Serie A va avanti (per ora) nonostante Omicron. Confermata Juve-Napoli

Giuseppe Pastore

L'Udinese non parte per Firenze e il Torino non va a Bergamo, ma il rinvio in blocco della ventesima giornata sembra scongiurato. Speriamo non si tratti solo di una tregua a tempo

In bilico su un filo sottile a quattrocento metri da terra, come quell'equilibrista francese che ebbe il fegato di camminare nel vuoto tra le due Torri Gemelle, il pallone trattiene ancora una volta il respiro. Nonostante i molti appelli dell'inverno di due anni fa, ben poco è “andato bene” dal 2020 a oggi: animato da ragazzi di sana e robusta costituzione, il calcio italiano può almeno consolarsi per esser rimasto fuori dalle terapie intensive, ma adesso deve fronteggiare una sfuggente emergenza burocratica.

 

Nonostante i novanta casi di giocatori positivi al Covid (numero in aumento), abbiamo visto che la Lega Serie A si è dichiarata contraria alla sospensione in blocco del campionato per tre motivi. Il primo motivo è di ordine pratico: non ci sarebbe molto spazio per ricollocare le giornate del 6 e del 9 gennaio, all'interno di un calendario già ultra-ingolfato con esiti nefasti per le cartelle cliniche di molti giocatori, che da settembre a Natale hanno rimediato piccoli e grandi infortuni in molti casi assai più fastidiosi del Covid. Il secondo motivo, beh, è che non l'ha fatto nessuno, né la Liga né la Premier League falcidiata dalle positività – perciò parlare di “campionato-farsa” è solo un modo nuovo di dare aria alla bocca e ritagliarsi trenta secondi di celebrità nel nostro feed social in perenne aggiornamento. Viviamo in un mondo precario, di situazioni che mutano rapidamente scenario e soluzioni su cui bisogna saltare come su un treno in corsa: succede di cambiare idea molto velocemente, urlare alla luna non serve a nulla. Il terzo motivo, purtroppo, parte da un errore a monte, commesso ad agosto: non aver voluto rimettere mano al protocollo della scorsa stagione, aggiornandolo alle nuove varianti, tentando almeno di prevedere un “worst-case scenario”.

 

Così tutto il potere è tornato in mano alle Asl, che lo esercitano in modo contraddittorio: a Torino hanno fermato la squadra di Juric a causa dei sei calciatori positivi, a Verona non hanno impedito il viaggio a La Spezia dell'Hellas che di positivi ne ha otto. Ferma anche la trasferta dell'Udinese (sette positivi) a Firenze mentre il Napoli ha avuto il via libera per affrontare la Juve dopo un "supplemento d'indagine". Nessuno spiega, nessuno chiarisce, i soliti sospetti. Le squadre che venissero bloccate accetterebbero volentieri di ripararsi sotto l'ombrello dell'Asl, sapendo bene che i precedenti di Juve-Napoli e Lazio-Torino della scorsa stagione scongiurano l'eventualità dello 0-3 a tavolino. Servirebbero buona volontà e unità d'intenti: sfortunatamente viviamo tempi di bassa marea in cui scarseggiano l'una e l'altra.

 

È un classico stallo alla messicana in cui ogni parte in causa ha le sue buone ragioni per tener puntata la pistola sul muso dell'altra. Al momento in cui scriviamo, sembra scongiurato il rinvio in blocco della ventesima giornata; ma vivendo appunto tempi precari, c'è anche rischio che sia una tregua a tempo, condizionata all'emersione o meno di nuovi focolai da sette-otto contagiati l'uno. Da un lato le cifre impongono una riflessione: una percentuale di quasi il 20% di positivi inquieta soprattutto se proiettata là fuori, nel mondo reale. I focolai sono in ogni spogliatoio, ma è pur vero che gran parte dei calciatori positivi è tri-vaccinata e asintomatica, e del resto anche fuori dal campo di calcio la terza dose di vaccino sembra sufficiente a evitare disagi su larga scala, tant'è che per gli under 50 non sembrano ancora alle porte norme di particolare severità per contenere il dilagare di Omicron. Così l'emergenza diventa psicologica, amplificata dai media, e d'altra parte già li potevamo intuire i segni profondissimi che la pandemia ci ha lasciato in testa. Un'emergenza sottile e silenziosa che riguarda la gestione delle nostre vite private e delle organizzazioni complesse: come un campionato di calcio.

In molti hanno evocato lo spettro di Don't Look Up, il film di Adam McKay uscito a Natale che dipinge un mondo di idioti, presuntuosi e inadeguati di fronte alla catastrofe. Grazie ai vaccini, l'apocalisse Covid sembra scongiurata, ma rimane scintillante la costante inadeguatezza di coloro che sono chiamati a prendere decisioni e assumersi responsabilità dirigenziali e amministrative, come insegna la penosa vicenda della Salernitana risolta a pochi minuti dal brindisi di Capodanno. Se dobbiamo trovare un merito, uno solo, a questi due anni balordi sta nell'aver fatto venire a galla quest'esercito di struzzi, incapaci di gestire un mazzo di chiavi, figuriamoci un'azienda da tre miliardi e mezzo di euro. Eppure le cose non vanno meglio nel resto del pianeta, vedi Australia, dove si sono incastrati nella grottesca vicenda Djokovic intrappolato in aeroporto che non può “né scendere né salire”, come un personaggio di Aldo Giovanni e Giacomo. Parafrasando De Gregori, chissà quante ne abbiamo viste, e quante ne vedremo.

 

 

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