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Non perdere l'occasione San Siro

Redazione

La decisione del Comune e il metodo pragmatico che Milano ben conosce

Tempi supplementari. Hanno tirato in lungo, ieri in Consiglio comunale di Milano. Del resto la partita era delicata, seppure non ancora la finalissima. Si trattava di esprimersi per la prima volta, a nome della città, sul progetto del nuovo stadio presentato da Inter e Milan. La disposizione delle squadre – le due società e il comune – e l’andamento della partita sono però noti da tempo e il voto espresso (ora la parola passa alla Giunta) era previsto: sì condizionato. I club ritengono infattibile e troppo costoso ristrutturare il vecchio impianto, come certificato da un report del Politecnico inviato ai consiglieri milanesi. L’investimento è elevato, un miliardo e 200 milioni di euro, e la magnitudo dell’operazione è considerata indispensabile alla sua riuscita. Dall’altra parte, Beppe Sala chiedeva alla sua maggioranza di “esprimere un indirizzo”. E l’indirizzo, aveva chiarito il sindaco, riguarda innanzitutto “quanto volume concedere”. Insomma i paletti che la maggioranza ha effettivamente messo sono due: una forte diminuzione degli indici di edificazione (che però significa dimezzare quasi la redditività dell’operazione) e il divieto di demolire il Meazza, la risoluzione dice esplicitamente che l’idea di una demolizione totale è “superata. Il contrario di quanto sostenuto dai club. A questo punto si apriranno le trattative: è normale ed è persino un buon modo di procedere, per una grande città che affronta un cambiamento che riguarda molto più di un luogo in cui si gioca a calcio. Ma c’è un rischio, latente, che persino una città pragmatica come Milano veda prevalere un’idea di pubblico inteso come “non luogo a procedere”, un immobilismo prudenziale. Sciupando un’occasione di investimento (da parte di privati), di remunerazione per il comune (tradotto: nuovi fondi per intervenire nel quartiere) e di ridisegno urbanistico di una parte consistente della città. Milano ha dimostrato di non avere paura di cambiare se stessa, e ha sempre trovato la via per soluzioni virtuose tra pubblico e privato. Questa volta è molto complicata, è innegabile che l’operazione sia partita con qualche mossa non azzeccata. Ma da come verrà risolta si capirà il grado di maturità non solo della politica, ma della città.

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