Editoriali

La Corte Ue sbanda: giusto difendere i diritti di un bambino, ma non l'utero in affitto

Redazione

Strasburgo condanna l'Italia perché non riconosce i figli nati con gestazione per altri. Sostenere i diritti di un bambino è sacrosanto, ma dire che la maternità surrogata sia un diritto umano è tutt’altra cosa

La Corte europea dei diritti umani di Strasburgo ha stabilito che l’Italia non può negare il riconoscimento di bambini nati con la maternità surrogata, pronunciandosi sul caso di una coppia che aveva usato una donna ucraina per portare a termine la gravidanza. Nel 2019 l’anagrafe di Vicenza si era rifiutata di trascrivere l’atto di nascita ucraino della bambina, in seguito il tribunale e la corte d’appello avevano negato anche il riconoscimento del padre biologico. Oggi, va detto, non sarebbe più possibile, perché la Corte di cassazione, nel 2022, ha stabilito che la trascrizione del padre biologico è obbligatoria e che poi si può chiedere l’adozione per la madre al tribunale dei minori.

La sentenza di Strasburgo dice la stessa cosa, quindi non c’è, in sostanza, un conflitto giurisdizionale. Che il diritto del bambino debba sempre essere garantito, anche quando è nato attraverso pratiche illecite (in Italia, e in futuro per i cittadini italiani anche all’estero se la maternità surrogata sarà dichiarata reato universale), è giusto perché il neonato ovviamente non è responsabile delle scelte dei suoi genitori. Sono i genitori a dover rendere conto del loro operato. Ciò detto, resta una perplessità sulla sentenza europea. Sarebbe stato più rispettoso per il sistema giurisdizionale italiano richiamare la sentenza della Cassazione e richiedere che il tribunale italiano la applicasse. Si è scelto di avere un tono di “condanna”, di insinuare che l’Italia non rispetta i diritti dell’uomo, insomma di compiere un atto non giuridico ma sostanzialmente politico.

La finalità, probabilmente, è quella di contrastare la battaglia sacrosanta che il governo italiano conduce contro la pratica, degradante in primo luogo per la donna “usata” come procreatrice, dell’utero in affitto. I giudici di Strasburgo hanno diritto ad avere le loro opinioni, ma i toni spropositati della sentenza sembrano risentire appunto delle opinioni discutibili piuttosto che della necessità di difendere i diritti umani, che l’Italia ha posto alla base della sua stessa Costituzione. Sostenere il diritto di un bambino a essere riconosciuto è una cosa, sostenere che la maternità surrogata sia un diritto umano è tutt’altra cosa, del tutto inaccettabile.