Ansa

Beso! Beso!

Un allegro video sul bus ristabilisce la verità sul caso Rubiales

Giuliano Ferrara

Un nuovo filmato racconta di una gioiosa macchina del bacio, piena di cori gridolini e risate, con Hermoso allegra e spensierata che mostra orgogliosa in primo piano l’immagine del bacio.  Come la commedia è divenuta una sciagurata caccia alle streghe

E’ stato diffuso un nuovo video sul caso Rubiales, il dirigente sportivo spagnolo bandito dalla comunità civile per un bacetto cerimoniale entusiasta a Jenni Hermoso, calciatore e donna della Nazionale spagnola, durante i festeggiamenti superpubblici per la vittoria ai Mondiali della loro squadra. Il materiale, girato sul bus che riportava in città calciatori e dirigenti, compreso il reprobo baciatore e molestatore, racconta di una gioiosa macchina del bacio, piena di cori gridolini e risate, con Hermoso allegra e spensierata che mostra orgogliosa in primo piano l’immagine del “beso” o del “pico” sul telefonino, e le compagne che intonano coretti, “beso, beso!”, e tutti a commentare con divertimento il punto culminante della festa, il “besame mucho” come fosse una “ultima vez”.

La circostanza giocosa è resa ancora più ilare e fresca dalla comparsa dello stesso Rubiales, che invitato a riprodursi nell’entusiasmo oppone un pudico diniego con un faccino da collegiale imbarazzato dallo scatenamento di Hermoso e delle altre.  

Questo per ribadire che quella è la realtà, almeno secondo la sua esatta rappresentazione. Un dirigente considerato come un capocomitiva disinibito e divertente ha fatto il suo numero con Jenni, punto. Non resta, per tutte e tutti, che commentare in un tripudio di cantilene, filastrocche e salace eccitazione da vittoria o meglio da trionfo. Tutto documentato e palmare in un video incontrovertibile sul comportamento della comitiva dopo il fatale bacio. Il problema nasce quando scatta improvvisa la pressione ideologica e mediatica, un Oscuro Sentimento Collettivo insorge e danna una persona accusandola di avere violentato la libertà e l’autonomia di una donna, e il capocomitiva si trasforma in un bandito, in un simbolo di deviazione machista, in un uomo che usa violenta molestia a una donna, e che per questo deve pagare e subito con l’apertura di processi sommari, con sospensioni decretate dalla carica e dal suo lavoro: intervengono organismi disciplinari, presidenti del Consiglio, capi dell’opposizione, associazioni civili, sindaci, sindacati e autorità politico-morali di ogni ordine e grado, mentre sua madre esterrefatta si rifugia in una chiesa e dà inizio a uno sciopero della fame di protesta contro l’ingiustizia che colpisce, devasta il figlio. 

 

A questo punto il meccanismo della caccia alle streghe mette tutti nel proprio ruolo intorno alla gogna. C’è il ruolo della vittima, al quale Hermoso acconsente dichiarandosi imbarazzata e violata al cospetto e su impulso della pressione sociale che le richiede, le intima, un comportamento consono alla campagna spudorata d’accusa, e così passa dal coretto “beso beso!” e dalle vanterie festaiole via telefonino al profilo della vittima #MeToo con un paio di dichiarazioni a mezzo stampa che soddisfano la sete di denuncia. Gli organi della Federazione sportiva travolgono le poche manifestazioni di lealtà a Rubiales, o anche solo di incredulità, e difendono la correttezza infranta del calcio spagnolo per allontanare da sé lo spettro della condanna morale. Lo stesso Rubiales deve scusarsi, frastornato, e in un primo momento cede alle richieste di dimissioni immediate. Spagna e mondo sono mediaticamente funestati dal rincorrersi della falsa notizia, quella della strega con la scopa che si è recata in volo al sabba sanguinoso della violenza contro una donna. Il beso scompare nella sua realtà, diventa un idolo della folla, delle autorità, della brava gente scandalizzata, assume una consistenza e un peso perfino elettorale in un paese diviso dalla guerra culturale dei valori e dei diritti. Poi il video del bus, che tutti dovrebbero esaminare per rendersi conto dell’ordine di grandezza della manipolazione, ristabilisce la verità di una commedia che diventa tragedia personale e assalto sconcertante dell’opinione contro la persona.

Di più su questi argomenti:
  • Giuliano Ferrara Fondatore
  • "Ferrara, Giuliano. Nato a Roma il 7 gennaio del ’52 da genitori iscritti al partito comunista dal ’42, partigiani combattenti senza orgogli luciferini né retoriche combattentistiche. Famiglia di tradizioni liberali per parte di padre, il nonno Mario era un noto avvocato e pubblicista (editorialista del Mondo di Mario Pannunzio e del Corriere della Sera) che difese gli antifascisti davanti al Tribunale Speciale per la sicurezza dello Stato.