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saverio ma giusto

Facile vincere a destra, perché Giorgia non prova il brivido vero di una scalata del Pd?

Saverio Raimondo

Mentre lei si morde la lingua, c’è chi come Matteo Salvini non ha aderito all’ipocrisia che il ruolo di governo richiede. Ma se lei è così brava come dicono, mollasse il suo elettorato e si buttasse a sinistra!

Siamo grandi abbastanza (o dovremmo esserlo) per essere consapevoli e ammettere apertamente che l’ipocrisia è una virtù su cui poggia tutta la complessa architettura del vivere in comunità. Collante sociale, disarmante più di ogni pacifismo, l’ipocrisia va premiata, difesa, e andrebbe inserita fra i dettami costituzionali: se non sei un ipocrita sei fuori dal consesso democratico. Giorgia Meloni, per nostra grande fortuna, è un’ipocrita: forse non sapremo mai se lo era nel dire le cose che diceva prima per puro tornaconto elettorale o per fiato alla bocca, o se lo è adesso comportandosi diversamente da come diceva di pensare per sano realismo o forse carrierismo; l’importante è che le sue azioni non corrispondano ai suoi pensieri, perché nel mondo reale contano i fatti mentre le parole fanno male solo a chi non hanno mai fatto male veramente.

Giorgia Meloni ha fatto una scelta istituzionale, che prevede che faccia cose contrarie alle promesse elettorali (se davvero i politici sia di destra sia di sinistra facessero ciò che promettono, saremmo tutti estinti da un pezzo); e nell’augurarci che non cambi idea, non possiamo che invitarla a cambiare partito e alleati. E’ chiaro infatti che questo gioco stevensoniano del “Dr. Giorgia e Mrs. Meloni” non può funzionare ancora a lungo – con lei e Crosetto che fanno il poliziotto buono e Donzelli o Foti o altri di Fratelli d’Italia a fare i poliziotti cattivi. Mentre lei si morde la lingua e dà l’ordine ad altri di sciogliere la propria sperando che ciò basti a salvare capre (gli elettori) e cavoli (cavoletti per la precisione: di Bruxelles), c’è chi come Matteo Salvini – per convenienza politica o sociopatia – non ha aderito all’ipocrisia che il ruolo di governo richiede e tenta di rubarle consenso esprimendo solidarietà al generale Vannacci; consenso sul quale plana anche Gianni Alemanno, che tanto non ha nulla da perdere avendo già perso la faccia anni fa – ma nel paese dove uno una faccia la ritrova sempre, quindi ci riprova anche lui.

Meloni rischia così di perdere gli elettori di destra; ma se lei è così brava come dicono, mollasse l’elettorato di destra (sono buoni tutti a vincere con i loro voti: sono la maggioranza) e si buttasse a sinistra! Cosa aspetta Giorgia Meloni a fare la scalata al Pd, e diventarne segretaria? L’elettore del Pd sono anni che ha interiorizzato il compromesso e l’ipocrisia, tanto da essere compromesso e ipocrita a sua volta. L’elettorato del Pd in questi anni turbolenti ha votato e sostenuto tutto e il contrario di tutto; non avrebbe certo problemi a votare e sostenere anche Giorgia Meloni – per giunta donna, per giunta di periferia, per giunta proveniente da famiglia matriarcale. Oltretutto alla guida del Pd Giorgia Meloni si ritroverebbe come alleato Giuseppe Conte, uno con il quale va già più d’accordo che con Salvini. Cosa la frena dunque? Non certo Elly Schlein, la cui inconsistenza è attualmente allo studio da parte dei fisici in quanto nuovo stato della materia: più rarefatta del gas, essa nemmeno sotto pressione sviluppa alcuna energia. Forse a Meloni manca il coraggio? Forse le manca la gamba tesa con la quale entrare al Nazareno? Le offro io l’argomento di sfondamento a sinistra: spiazzasse tutti, e rilanciasse sul salario minimo. Non 9, ma 11 euro: 2 euro in più, affinché tutti possano permettersi anche il taglio di un toast o un piattino per la condivisione. Con una proposta del genere Meloni supera a sinistra Schlein e si prende il Pd, un partito con il quale può serenamente proseguire la sua carriera istituzionale.

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