Foto LaPresse 

la solidarietà

Il terremoto in Turchia dimostra che sappiamo vincere l'egoismo per salvare i nostri simili

Antonio Pascale

Abiti, medicinali e tutto ciò che può essere utile a chi è rimasto senza casa si sta raccogliendo in ogni parte del mondo. Per soccorrere gli sfollati sono partiti volontari anche da lontanissimo. Conviene essere altruisti, proprio perché il mondo è complicato

L’unica cosa che forse si può dire sul terremoto in Turchia è che il biologo E. O. Wilson non ha tutti i torti quando afferma che gli egoisti possono vincere con gli altruisti ma i gruppi altruisti vincono sempre sugli egoisti. Wilson ci tiene da sempre a sottolineare un aspetto vitale della natura umana, ma spesso dimenticato, la nostra tendenza ad aiutarci, messi in opportune condizioni siamo collaborativi e non solo: facciamo miracoli. L’esperienza del terremoto è rivelatrice, le case si distruggono, collassano o si aprono e mettono in evidenza lo scheletro, l’interno, quello che era pieno diventa vuoto, il non sense della vita appare nella sua ironica drammaticità. Dei primi momenti del terremoto dell’Irpinia del novembre del 1980, che mi prese quando vivevo a Caserta, ricordo un uomo nudo che correva, era scappato da sotto la doccia, le pantofole ai piedi di tanti, le giacche del pigiama, i capelli con i bigodini. Uomini e donne che avevo sempre visto ben vestiti, profumati e in tiro ora mostravano i fianchi. Un senso di inadeguatezza immediato, la fragilità comune messa sotto agli occhi di tutti. Un altro aspetto della nostra natura che tendiamo a sottovalutare, presi come siamo dall’ansia di perfezione e prestazione. Ricordo anche la notte, buia ma piena di gente. 

Ricordo la radio che trasmetteva la musica classica e i radioamatori che si davano da fare per comunicare con i tanti camionisti che passando nei luoghi del terremoto parlavano del disastro che vedevano scorrere sotto ai loro occhi e si raccomandavano: fate presto. Molte donne tornarono a casa per cucinare dei pasti caldi, molti uomini decisero di organizzare una cordata per portare da Caserta i primi aiuti in Irpinia. E andarono. 

Forse è l’unica cosa che si può dire su una tragedia: Wilson ha ragione. Dopo i terremoti, gli umani per salvare gli altri umani dimostrano coraggio, forza e spirito di sacrificio. Lavorano in squadre, ordinati e collaborativi. Partono da lontano, lasciano tutto, anche se non sono richiesti e necessari, vogliono esserci, dare una mano, aiutare. Perché lo fanno? Magari sono anche tipi egoisti e menefreghisti. Lo fanno perché i terremoti come gli eventi naturali estremi fanno cadere sì le case e uccidono le persone, ma mettono in evidenza i nostri lati fragili, gli interni delle case, le pantofole, le sciatterie, le fragilità e i nostri errori, naturali e specifici. Le tragedie per il tempo necessario ci fanno diventare lungimiranti: e se accadesse a me? Per questo partiamo. Lo facciamo con la speranza che salvare vite qui e ora possa un giorno mettere gli altri in condizione di ricambiare il favore, salvarci se dovessero verificarsi le stesse tragiche condizioni. Non c’è molta lotta tra egoismo e altruismo, in verità. L’altruismo è più lungimirante, è un egoismo ritardato, mi tolgo qualcosa oggi, rischio per te, nella speranza che tu possa ricambiare. Poi è anche più piacevole e appunto fa miracoli.

Anche nel caso del terremoto in Turchia  stiamo assistendo a un’eccezionale ondata di altruismo, quasi si fermano le guerre per dare una mano, parte gente da tutto il mondo, spontaneamente si donano abiti, medicinali, anche da lontanissimo –  e post sisma, chissà, potrebbero cadere i semidittatori, come si spera possa succedere per Erdogan e il suo regno ormai ventennale. Sono momenti di altruismo diffuso, i momenti migliori della natura umana. Qualcuno si potrebbe lagnare: ci vuole una tragedia, altrimenti rimaniamo gli stessi egoisti di sempre. Ma non è vero, collaboriamo spesso, e in fondo converrebbe sfruttare questi momenti a mo’ di esempio per il futuro. Il mondo è troppo complicato e sempre di più si complicherà. E’ attraversato da diverse faglie e non solo quelle della roccia, riguardano le nostre fragilità sempre più evidenti, nei confronti delle quali non dovremmo essere reticenti, e non far finta di niente, come di solito avviene. Sarebbe utile e anche molto bello collaborare per la prevenzione, per esempio, immaginare quando non è facile immaginare e programmare quando non ci sembra necessario farlo. Proprio perché il mondo è complicato conviene essere altruisti, se si scava insieme il risultato è più certo e i festeggiamenti più allegri e ci si assicura qualche miracolo.
 

Di più su questi argomenti: