Troy Nehls fuma davanti a Capitol Hill (Kevin Dietsch / Getty Images)

Negli Usa

Le sigarette sono il nuovo valore identitario-libertario che resiste alla repressione

Giulio Silvano

Con l'elezione di Kevin McCarthy a speaker, la prima modifica allo statuto della Camera ha riportato il tabacco all'interno degli uffici del Congresso. Mentre si accusa la sinistra di "odiare la nicotina perché ti libera la mente"

Nell’èra post ideologica c’è un nuovo grande tema su cui scontrarsi: il fumo. I repubblicani, prendendo il controllo della Camera alle elezioni di metà mandato, sono riusciti a riportare sigarette, sigari e futuristici aggeggi a vapore all’interno degli uffici dei membri del Congresso. Con l’elezione di Kevin McCarthy, diventato speaker, è la prima modifica allo statuto della Camera. Ai più veterani ricorderà il periodo in cui i corridoi di Capitol Hill erano pieni di fumo, quando l’allora speaker John Bohener non nascondeva il suo grande amore per tabacco (uscito dalla politica è diventato un lobbysta, per Big Tobacco). La scelta del GoP va controcorrente alla lotta anti fumo portata avanti negli anni dai democratici; in estate l’Amministrazione Biden ha detto che avrebbe lavorato per vietare del tutto le sigarette al mentolo e ridurre drasticamente la quantità di nicotina dalle altre, in modo che creino meno dipendenza. Su FoxNews il commentatore conservatore, vicino a posizioni cospirazioniste, Tucker Carlson, è arrivato a dire che la sinistra “odia il tabacco”, e non lo fa perché gli importa la salute dei cittadini, ma perché “odiano la nicotina, ma amano il Thc. Incentivano i bambini all’uso della marijuana, ma non ti fanno usare il tabacco. Perché odiano la nicotina?

 

"Perché ti libera la mente, mentre il Thc ti rende arrendevole e passivo”. Invitando un deputato amante dei sigari nel suo programma, Carlson ha chiamato il fumo “il più americano tra tutti i piaceri”. Il riferimento è forse al Marlboro Man, agli eroi dei western e dei noir losangelini, e, dice Carlson, ai nativi che fumavano per la pace e per concludere i contratti. Immaginario cinematografico e complotti a parte è vero che la sinistra americana ha un doppio standard sul fumo: da una parte una crociata contro le sigarette, e un aumento di restrizioni anche all’aperto, dall’altra anni di progressiva apertura alla marijuana – quella ricreazionale è legale in 21 stati e a Washington DC. È come se, seguendo i consigli della professoressa Antonella Viola, si rendesse illegale il barolo, ma non la tequila. 

 

Nel resto del mondo le restrizioni – verso il tabacco, non l’erba – sono sempre più radicali, rischio proibizionismo. In Nuova Zelanda dall’inizio del mese tutte le persone nate dopo il 2008 non potranno mai fumare una sigaretta all’interno dei confini del paese. L’obiettivo è quello di non farle mai iniziare, invece che investire poi su campagne per farle smettere. Idea che è piaciuta anche in Europa dove è iniziata una raccolta firme per fare in modo che le prossime generazioni siano completamente smoke free. Due anni fa a Milano il sindaco Beppe Sala aveva vietato il fumo all’aperto nei parchi, alle fermate degli autobus, nei cimiteri e davanti agli edifici pubblici. L’idea è, nel 2025, estenderla a qualsiasi luogo all’aperto. “La lotta all’inquinamento non è solo caldaie e traffico”, aveva detto Sala, e ci si chiedeva a quante Camel light equivalesse una sgommata di suv. Non ci sono state praticamente sanzioni. A 20 anni dalla legge Sirchia, il governo Meloni è soprattutto preoccupato per le orribili sigarette elettroniche, nel 2021 usate da oltre un milione e mezzo di persone, soprattutto giovani; il ministro Schillaci ha detto che il suo obiettivo è rinforzare e rinnovare le restrizioni. In molti paesi, tra cui India, Singapore, Brasile e Thailandia, le e-cig sono illegali, così come i vape fruttati in Cina. Qualsiasi cosa verrà fatta in Europa o negli Stati Uniti è probabile che nell’immediato futuro bisognerà nascondere le sigarette dentro le canne.