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Saverio ma giusto

Ma cosa potrà mai andare storto, con la caccia libera al cinghiale?

Saverio Raimondo

La ciliegina sulla torta è che gli animali abbattuti si potranno anche mangiare, previo controllo sanitario – e già ci immaginiamo Madame mettersi d’accordo con il medico per ottenere certificazioni false per il suo ragù

La notizia è di qualche giorno fa, ma è di quelle che chiudono l’anno in bellezza: nella manovra finanziaria viene autorizzata la caccia al cinghiale anche nelle aree urbane, e senza limiti di stagionalità come in campagna. Si potrà dunque per tutto l’anno sparare a vista agli ungulati che scorrazzano nelle nostre città; e voci incontrollate sostengono sia possibile persino premere il grilletto dalle auto in corsa. Chissà che non sia consentita anche la sosta vietata per poter prendere meglio la mira. Come al solito, i più fortunati sono quelli che hanno un terrazzo, un balcone o anche solo un affaccio esterno su strada. Ovviamente, per evitare il Far West, chi imbraccerà un fucile contro i cinghiali dovrà prima aver sostenuto dei corsi di formazione coordinati dalla polizia territoriale, una sorta di “tiro a segno” di stato (da qui l’inserimento della norma nella Finanziaria: sono previsti dei fondi) o una “Naja volontaria” come piacerebbe di più chiamarla al presidente La Russa (“spezzeremo le reni ai cinghiali!”); e solo chi si sarà distinto in questi corsi per non essersi sparato su un piede da solo né aver abbattuto accidentalmente un compagno, avrà il patentino di caccia metropolitano.

La ciliegina sulla torta – pardon: la bacca di ginepro sul cinghiale – è che gli animali abbattuti si potranno anche mangiare, previo controllo sanitario – e già mi immagino la cantante Madame mettersi d’accordo con il suo medico per ottenere certificazioni false per il suo ragù. In questa deriva mangereccia si sente lo zampino del ministro per la Sovranità alimentare; non capisco cosa aspetti a farsi avanti sulla norma  la ministra del Turismo Santanché, per chiedere che anche ai turisti sia concesso sparare ai cinghiali: la prospettiva di safari in centro a Roma avrebbe sicuramente un richiamo fortissimo. Gli animalisti sono già sul piede di guerra; ma anche i macellai affilano le loro lame, pronti a sgozzare chi oserà procacciarsi proteine animali da solo senza la loro intermediazione. 

Dunque, lo scenario metropolitano che si prospetta è il seguente: venditori ambulanti di fucili al posto delle rose o degli ombrelli, abbigliamento da caccia super trend, cani da riporto ovunque – a proposito di decoro urbano: speriamo i cinghiali non vengano sostituiti da deiezioni di segugi, terrier o bassotti. Per non parlare del corno da caccia: diverrà il nuovo clacson, sempre al collo come gli smartphone di certa gente esaurita. Tutto questo proprio negli stessi giorni in cui le autorità sanitarie internazionali hanno lanciato l’allarme miopia: le diottrie stanno calando ovunque e a chiunque, ed entro il 2050 si prevede che metà della popolazione mondiale non ci vedrà bene da lontano – cioè saranno in grado di sparare a un cinghiale, per giunta sicuri che si tratti di un cinghiale, soltanto quando l’animale li starà già sbranando.

Stiamo davvero armando della gente ciecata? Ebbene sì. Cosa può andare storto? La mira, per esempio: tu punti al cinghiale ma ammazzi il bambino nella carrozzina accanto. Ma non potevamo schierare l’esercito per dar la caccia a ’sti cinghiali? Ai nostri soldati gli abbiamo chiesto di piantonare monumenti e vie dello shopping, poi in tempi ancora più recenti di vaccinare le vecchie; sparare a degli animali selvatici non sarebbe stata la missione più umiliante alla quale li avremmo destinati, anzi. Noi cittadini facciamo già danni irreparabili con una matita copiativa in mano; figuriamoci con un fucile.

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