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Saverio ma giusto

Giochiamo al FantaQuirinale

Saverio Raimondo

Le regole sono semplici. Si gioca “tutti contro tutti”, e lo scopo è quello di avere nella propria rosa di candidati colui o colei (o coloro se presidente non binario) che sarà effettivamente eletto. Quota bassa per il Cav., stabili Draghi e Segre. Volano Memo Remigi e Orietta Berti

Visto il clima, tanto vale giocare anche noi come politici e giornalisti al FantaQuirinale: gioco di società di fantapolitica al momento ben più appassionante dell’omologo calcistico. Le regole sono semplici. Si gioca “tutti contro tutti”, esattamente come in Parlamento. Lo scopo è quello di avere nella propria rosa di candidati colui o colei (o coloro se presidente non binario) che sarà effettivamente eletto presidente della Repubblica. I giocatori costituiscono insieme una lega chiamata “Camera dei deputati”, all’interno della quale si disputa il gioco. Ogni giocatore funge sia da leader del proprio partito (sceglie i suoi candidati) che da franco tiratore (vota quelli di un altro). Ogni giocatore deve comporre una rosa di quattro candidati che siano cittadini italiani, abbiano almeno 50 anni d’età, godano di tutti i diritti civili e politici e non abbiano da fare nei prossimi sette anni.

Il giocatore può anche decidere di giocarsi sempre lo stesso candidato durante le votazioni (vedi Prodi), o almeno fino alla sua eventuale trombatura durante uno dei primi tre scrutini (vedi Prodi) – evento che costituisce l’eliminazione del candidato dalla rosa ma non del giocatore, che continuerà a essere in partita seppur con meno candidati ma che chiaramente è l’ultima volta che gioca al FantaQuirinale (vedi Bersani). Per ogni votazione, il giocatore deve indicare la formazione dei propri candidati a capo dello stato; i candidati possono essere “di garanzia”, “di compromesso”, “di parte” o “di nuovo” – in caso di Sergio Mattarella, che tutti i giocatori sono tenuti ad avere in rosa per rispetto delle istituzioni.

I giocatori, da ora denominati fantadeputati, si scontrano in una serie di votazioni i cui esiti sono determinati dai voti effettivi assegnati in Parlamento. I punti, fra loro sommabili, sono così ottenuti: +1 punto per ogni voto ottenuto (+2 se votato da due terzi dell’assemblea); +0.5 punti per ogni punto ottenuto se candidatura ufficiale; +2 punti per ogni punto ottenuto se outsider (vedi Magalli); +200 punti se eletto a maggioranza qualificata (+300 se durante la prima votazione); +100 punti se eletto a maggioranza assoluta; +500 punti se eletto contro i pronostici (vedi Berlusconi); +1.000 punti se eletto un illustre sconosciuto; +10.000 punti se eletta una donna; +100.000 punti se sei parente della persona eletta o sei la persona eletta.

L’asta dei candidati avviene anteriormente alla prima votazione; e il valore dei candidati è dato dalle “pagelle” che gli danno i giornali; o comunque da una media ponderata fra il Foglio e il Fatto (al momento le quotazioni sono basse sia per Berlusconi sia per Gentiloni; stabili Mario Draghi e Liliana Segre; quotazioni molto alte per Memo Remigi e Orietta Berti). Ovviamente vince davvero chi gioca di strategia ed è baciato da un pizzico di fortuna: se uno ha in rosa una candidata donna, per giunta outsider rispetto alla politica, e questa donna è sua zia, e vince a maggioranza qualificata l’elezione a capo dello stato per giunta alla prima votazione, il fantadeputato che aveva scommesso su di lei sbanca con migliaia e migliaia di voti. Certo, resterebbe poi da chiedersi chi sia la zia di questo divenuta capo dello stato, e come sia arrivata al Quirinale. Ma questo è un altro gioco.