L'anno del rigurgito. Il fascismo si fa fantasy
Quanto sucesso a Roma s’ispira più a Pippo Franco e Cacciari che a Evola e Mussolini. E dall’altra parte ci si aggrappa al passato per nascondere un ampio spettro di errori strategici
Dopo tre anni di covid e due lockdown, non si vedeva l’ora di una bella stagione di scioperi generali. Scuola, trasporti, lavoro pubblico, insomma l’agognato ritorno alla normalità, alla vita e al solito “autunno caldo”, anche se assai più vintage e retrò del solito. Siamo ormai dalle pari della rievocazione storica in costume. Una “full immersion” nei nostri meravigliosi anni Settanta, tornati così di moda del resto anche nell’arredamento e nel design. Non sappiamo se si scioglieranno prima i ghiacciai o “Forza Nuova”, se la Legge Scelba bloccherà anche i gruppi fascisti su Telegram, o se esiste la minaccia di un “governo Tambroni bis”.
Ma di sicuro, mentre l’antifascismo resta uguale a sé stesso, il fascismo si fa sempre più disinvolto e immaginifico. Col saluto romano e il grido “Libertà! Libertà!”. Con slogan non già dannunziani ma da “Romanzo criminale” (“ci prendiamo Roma”). Con attacco sfrontato al sindacato preso di mira non perché s’oppone all’avanzata del fascismo, ma perché “non difende abbastanza i lavoratori dal ricatto del green-pass”. Come se la Cgil avesse ceduto e “tradito” rispetto alla trattativa sul “lunch-box”, all’epoca della difesa della mensa aziendale, ultimo avamposto della libertà. Un fascismo anche molto “fantasy” e con caratteri davvero onirici, che s’ispira più a Cacciari e Agamben e Pippo Franco che a Evola e Mussolini. Che va a braccetto con gli storici marxisti, coi complottisti televisivi, con i gruppetti studenteschi universitari “contro il green-pass” e che da mesi reclama una “Norimberga” per medici, scienziati, politici conniventi con l’inganno del virus.
Non si tratta di “minimizzare” quanto accaduto a Roma. Ma ci sono almeno un paio di cose da aggiungere alla valanga di richiami all’adunata antifascista e ai “no-pasaran”. Anzitutto, la manifestazione no-vax è ormai un classico del sabato romano, come il venerdì lo sciopero dell’Atac. Praticamente una festa comandata. Dai e dai l’asticella dello scontro si alza. I fatti, non c’è dubbio, sono gravi, allarmanti, preoccupanti (pure se col solito filo di farsa che sempre c’accompagna: anche i fascisti fanno la rivoluzione il pomeriggio ma alle nove in punto tornano a cena a casa e prendono il cappuccino al bar la mattina dopo, non prima delle dieci). I gruppi, gruppetti e groppuscoli della galassia fascista c’erano e ci sono eccome. Si sono messi in mostra sabato, come si mettono spesso in mostra agli scontri nel derby Roma-Lazio e in varie altre manifestazioni e scorribande scellerate.
Ma qui ci si aggrappa alla parola “fascismo” per nascondere uno spettro davvero ampio di responsabilità e errori strategici. Per l'incapacità di orientarsi nella complessa nebulosa dei movimenti anti-sistema che, al momento, hanno trovato nei vaccini e nel green-pass una bandiera sotto cui radunarsi (e in televisione molti autorevoli rappresentanti e testimonial). L’elenco di tutti coloro che negli ultimi mesi hanno più o meno lisciato il pelo ai no-vax è talmente lungo (sindacati inclusi) che ridurlo a Meloni e Salvini sarà utile per rinvigorire la causa antifascista o per orientare i ballottaggi delle amministrative, ma non esaurisce il problema. Le piazze sfuggono sempre di mano, coi fascisti o senza, quando il clima si esaspera. Era chiaro a tutti che gli effetti di questa frenetica e isterica rincorsa alla galassia no-vax di una parte della politica, dell’industria dei talk-show, dei media, del sottobosco del mondo universitario e dei suoi guru intellettuali non avrebbero tardato a farsi vivi. La “creatura” finalmente si anima e se ne va in piazza, forte della sua investitura pubblica e di un senso dello spettacolo davvero formidabile. Tra un paio di mesi si entra, manco a farlo apposta, nel centenario della marcia su Roma. A quanto pare ci arriveremo prontissimi. 2022: l’anno del rigurgito. Praticamente un remake.