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La magnifica lezione dei giovani che scelgono in massa la libertà

Claudio Cerasa

I ragazzi decidono di vaccinarsi, e non danno retta ai politici no vax e alle loro balle. La politica li trasformi nei motori della transizione. Sarà un bene per l’Italia

In questi mesi sono stati spesso descritti come se fossero dei mostri, come se fossero degli egoisti, come se fossero degli untori, come se fossero i principali responsabili dei nuovi contagi, dei nuovi cluster, dei nuovi focolai, delle nuove ondate. Da mesi, come ciascuno di voi avrà avuto modo di sperimentare nel proprio quotidiano, la rappresentazione che offre di loro l’indignato collettivo è quella degli eterni immaturi incapaci di fare piccoli sacrifici utili a proteggere la nostra società. E invece, un anno e mezzo dopo l’arrivo del Covid-19 nelle nostre vite, si può dire che la pandemia, in mezzo a mille lutti, a mille drammi, a mille disastri, ha messo di fronte ai nostri occhi una generazione di giovani che nei mesi più duri ha mostrato qualità inaspettate, riuscendo a offrire in diverse occasioni prove utili a cancellare una montagna di pregiudizi mediatici. Lo abbiamo visto tutti noi, in questi mesi, osservando la capacità di adattamento dei nostri figli, dei nostri nipoti, dei nostri amici più piccoli, tra un lockdown e una quarantena, tra un isolamento fiduciario e un tampone prima di andare a casa dei nonni, e abbiamo tutti una storia sorprendente relativa a un qualche giovane che ha dimostrato con i fatti cosa vuol dire sentirsi parte di una comunità (in Toscana, nelle ultime settimane, due minorenni hanno ottenuto dal giudice il diritto a vaccinarsi nonostante la contrarietà dei genitori e a fine luglio a Monza un minorenne ha vinto un’altra causa contro i genitori che non volevano vaccinarlo ottenendo dai giudici il diritto a proteggersi con un vaccino anche se madre e padre separati erano in disaccordo).

 

Oltre all’aneddotica spicciola ci sono alcuni numeri interessanti raccolti in questi giorni che ci aiutano a smontare la narrazione della gioventù irresponsabile e il tentativo da parte di alcuni politici di fare leva sulla non responsabilità degli under 40. Sono numeri come quelli letti negli ultimi giorni sui vaccini in Italia che dimostrano come le generazioni più giovani, a differenza di alcuni genitori, non si sono fatte condizionare da pseudo-scienziati, ciarlatani, imbonitori e hanno capito, forse più degli adulti, che i vaccini rappresentano l’unica via possibile per provare a tornare alla normalità, per tornare a studiare, per tornare a lavorare, per proteggere i propri cari. E hanno compreso, più di molti politici, che per tornare alla libertà occorre adattarsi, occorre avere pazienza, occorre non avere fretta, occorre affidarsi alla scienza, occorre vaccinarsi e occorre considerare come nemico giurato il maledetto virus e non le regole utili a governare la pandemia. I politici più tonti hanno scelto di strizzare l’occhiolino agli estremisti sventolando la bandiera dei vaccini da evitare a tutti i costi per i più giovani, ma i più giovani piuttosto che ascoltare le fesserie dei fratelli virologi d’Italia non ci hanno pensato due volte e non appena possibile, sfidando anche i richiami previsti nel cuore dell’estate, hanno stupito tutti e si sono vaccinati a più non posso. Domenica scorsa, Repubblica ha ricordato qualche dato interessante. Nell’ultimo mese, a fronte di 400.000 nuovi vaccinati tra gli over 60, sono stati più di un milione i ragazzi tra i 12 e i 19 anni che hanno ricevuto il vaccino e un milione e mezzo quelli poco più grandi nella fascia d’età tra i 20-29 anni, che hanno superato i trentenni.

 

C’è di più: fra i 20 e i 29 anni il 63 per cento dei giovani ha ricevuto una dose e il 45 per cento anche la seconda, mentre fra i 30 e i 39 anni quelli con la prima dose si fermano al 59 per cento. Quasi un milione di under 19 sono già completamente vaccinati e nella fascia 16-19 anni uno su 2 ha fatto la prima dose. Massimo Taddei, collaboratore di lavoce.info, tre giorni fa ha poi pubblicato un piccolo dossier per ribadire il concetto e tagliare le gambe alla retorica sovranista dei giovani da non vaccinare. Non solo i giovani non ne vogliono sapere delle stupidaggini no vax, ma negli ultimi mesi, accettando di farlo anche con gli open day, accettando una qualsiasi dose, accettando anche di sperimentare il mix di vaccini, hanno fatto di tutto per immunizzarsi il prima possibile. “I giovani – scrive lavoce.info – hanno partecipato alla campagna con la stessa intensità di chi ha avuto la precedenza nel piano vaccinale, se non addirittura maggiore. I dati sull’evoluzione delle vaccinazioni nel tempo riguardano il solo Lazio, ma anche i numeri a livello nazionale sembrano confermare questa tendenza. La percentuale inferiore di vaccinati nella fascia di età 20-29 anni sembra spiegarsi soprattutto con il ritardo nella partenza delle prenotazioni, mentre l’accusa di non volersi vaccinare sembra essere infondata, anche guardando ai dati sull’identikit dei contrari al vaccino e al green pass. Dopo aver subìto gravi conseguenze in termini di apprendimento e aver sofferto la maggiore perdita occupazionale tra le diverse fasce di età, i giovani stanno dimostrando con l’ampia partecipazione alla campagna vaccinale di volere anch’essi superare la pandemia nel più breve tempo possibile”.

 

La retorica dei giovani che non vogliono vaccinarsi lascia poi ancora di più il tempo che trova se si allarga l’inquadratura e se si paragonano i dati italiani con quelli di altri paesi. Si scoprirà così che nella fascia tra i 18 e i 24 anni l’Italia si trova ben sopra la media europea (che è del 51,6 per cento) con il 64 per cento di giovani di questa fascia ad aver ricevuto almeno una dose. E si scoprirà, per tornare all’Italia, che le prime tre regioni come numero di vaccinati nella fascia tra i 20 e i 29 anni, quella che Matteo Salvini e Giorgia Meloni hanno suggerito di non vaccinare, dall’alto della loro competenza, sono la Lombardia (72,6 per cento di vaccinati con prima dose), l’Abruzzo (70,7 per cento), il Friuli Venezia Giulia (65,14), con all’ottavo posto, in linea con la media nazionale, il Veneto, al 63,3 per cento.

 

Se ne deduce, dunque, che le regioni governate dalla Lega (Lombardia, Friuli Venezia Giulia e Veneto) e quelle governate da Fratelli d’Italia (Abruzzo) hanno scelto di spingere sull’acceleratore dei vaccini agli under 40 nonostante la contrarietà dei propri leader di riferimento. Politica a parte, si può dire, osservando la responsabilità dei giovani sui vaccini, e non solo, che la pandemia ha trasformato la generazione choosy in una generazione flexy e sarebbe prezioso se la politica trovasse un modo per iniziare a occuparsi di questa generazione non solo chiedendogli di fare (indebitatevi, vaccinatevi) ma anche offrendogli qualcosa di concreto per costruire un futuro. Il Covid, come abbiamo raccontato più volte sul nostro giornale, è stato certamente una mannaia per i più anziani ma le misure di contrasto al Covid (scuole chiuse, lavori persi, debito pubblico) hanno colpito più duramente i più giovani rispetto ai più anziani e la politica, per proteggere chi in questa pandemia rischia di più, ha oggettivamente adottato delle politiche che scaricano i costi prevalentemente su chi rischia di meno come i giovani. Il partito dei giovani non esiste, ma per provare a rappresentarlo sarebbe forse il caso di fare un passo in avanti occupandosi semplicemente di come costruire un futuro fatto non di maggiori sussidi ma di maggiori opportunità. Per la politica c’è un’autostrada e chi troverà per primo un vaccino per trasformare i più giovani nei motori della transizione della post pandemia avrà fatto bingo. Per sé e per l’Italia.

 

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  • Claudio Cerasa Direttore
  • Nasce a Palermo nel 1982, vive a Roma da parecchio tempo, lavora al Foglio dal 2005 e da gennaio 2015 è direttore. Ha scritto qualche libro (“Le catene della destra” e “Le catene della sinistra”, con Rizzoli, “Io non posso tacere”, con Einaudi, “Tra l’asino e il cane. Conversazione sull’Italia”, con Rizzoli, “La Presa di Roma”, con Rizzoli, e "Ho visto l'uomo nero", con Castelvecchi), è su Twitter. E’ interista, ma soprattutto palermitano. Va pazzo per i Green Day, gli Strokes, i Killers, i tortini al cioccolato e le ostriche ghiacciate. Due figli.