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Il #metoo ha un problema di nome Ronaldo

Giuliano Ferrara

La campagna di liberazione della donna dal dominio maschile non era mai arrivata così in alto, ma ora, con CR7, rischia di cadere da una posizione scomodissima. Perché la difesa del supereroe del calcio promette spettacolo

Ronaldo forse avrà il suo Pallone d’oro, il sesto, e nel frattempo giocherà, con quel che rende, con quel che è costato e costa, le sue partite, farà i suoi gol e assist nel campionato italiano e in Champions, per il delirante affetto dei suoi sponsor e dei tifosi e tifose. #HeToo è coinvolto in accuse di molestie sessuali, spunta a tradimento accanto a Mayorga, la donna che vuole morderlo, perfino il nome della signora El Mahroug, detta Ruby, resa celebre dalle cene di Arcore e da un incredibile processo, con assoluzione di Berlusconi. Il giudice Kavanaugh ha ripreso in mano con un voto del Senato americano la sua verginità, da lui stesso rivendicata contro un’accusa di tentato stupro 36 anni fa da parte della signora Blasey Ford, raccontata a telecamere accese davanti a un pubblico febbrile di milioni di cittadini, #HeToo, e discuterà e argomenterà sentenze decisive su questioni anche etiche, di costume, che angosciano la società americana e il mondo. Ha avuto il suo pallone d’oro e lo rimpallerà tranquillamente.

 

Sono le solite storie, si dirà, a un anno dall’inizio del #metoo con la denuncia di Harvey Weinstein e di decine a seguire. Accordi extragiudiziali per pagare il silenzio, anche nel caso di CR7, testimonianze femminili che funzionano da prove prima di indagini e dibattimento, scatenamento della parola, rovesciamento dei rapporti tradizionali di forza uomo-donna, polemiche, censure, gogne mediatiche nell’arte, nel balletto, nel cinema, nella musica sinfonica e operistica, la terra trema sotto i piedi del maschio a ogni latitudine, sono coinvolte le molestie gay, escono e rientrano in scena principi della stand up comedy come Louis C.K., enormi attori come Kevin Spacey, si fanno nuove leggi, il sospetto si estende al commoner, alla strada, alla metropolitana, al quotidiano di tutti. C’è anche la moralizzatrice moralizzata, Asia Argento, esclusa da un talent show per accuse di rapporti in qualche modo forzati da parte di un diciassettenne, e c’è la fondatrice di questa strana startup mondiale, Rose McGowan, già compagna d’arme di Asia, che confida al Sunday Times di essere incollerita con quei “lily-livered”, quei codardi del #MeToo, che restano in superficie, si contentano di un cerotto per restituire serenità a Hollywood, sono merda di toro, “bullshit”, dice ora Rose.

 

Non sarei così sicuro che si tratti delle solite storie. Trump, nel caso del suo giudice fieramente conservatore, e della sua famiglia tradizionale violata da chi denuncia stupri, prima è stato a guardare felino per rispetto della parola che libera le donne, poi, alla vigilia dell’incasso, ha dato della mentecatta alla teste e ha lanciato, furbissimo: “Sono tempi duri per i giovani maschi americani”. Nessuno può dire che influenza avrà sulle imminenti elezioni di novembre la nomina ratificata di Kavanaugh alla Corte suprema. Prevarrà la rabbia delle donne, a vantaggio dei democratici? Avrà la meglio il ricompattamento della moltitudine elettorale tipicamente trumpiana, maschia, maschio-solidale, tradizionalista, familista, inorridita dalle avventure della identity politics fondata su minoranze che prendono la parola liberante e non la mollano più, costi quel che costi?

 

Il caso di Ronaldo, poi. Ha 75 milioni e rotti di follower, oltre trenta milioni più di @realDonaldTrump. E’ un eroe maschile in mutande, un corpo e un talento che non dividono, un giocatore che ottiene l’applauso dello stadio per le sue rovesciate anche dal pubblico della squadra infilzata. E’ un mostruoso caso di soldi, stile, lifestyle, voyeurismo, gossip, delirio in maglietta. Kavanaugh si ritira per adesso sotto la toga, nella maestà della Corte, ma Ronaldo si esibisce ogni domenica in uno stadio, offre un brivido diverso dal direttore d’orchestra licenziato, dall’attore scespiriano distrutto, dal ballerino disarcionato. E infatti, quotato com’è nella borsa più popolare del mondo, che sale e scende a seconda delle sue fortune, nessuno per adesso lo tocca, e tutti guardano con apprensione alla possibilità che venga toccato e ferito dalla campagna di liberazione della donna dal dominio maschile. Insomma, CR7 è un osso duro da spolpare, e il #MeToo non era ancora mai arrivato così in alto, con il rischio di cadere da una posizione scomodissima, in un contesto di rivalsa anche politica e ideologica, nella guerra di genere o guerra culturale, che potrebbe incistarsi nei risultati delle midterm del 6, il mese prossimo. Uno spettacolo, l’attacco al supereroe dei campi di calcio e del sex appeal, uno della Corte suprema del divertimento circense, che i media raccontano a mezza bocca e con qualche pudore, per adesso, ma che promette ben altre gioie e dolori rispetto a quelli offerti da produttori di cinema, stelle dell’arte e dell’entertainment, che al confronto sembrano mezze figure.

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  • Giuliano Ferrara Fondatore
  • "Ferrara, Giuliano. Nato a Roma il 7 gennaio del ’52 da genitori iscritti al partito comunista dal ’42, partigiani combattenti senza orgogli luciferini né retoriche combattentistiche. Famiglia di tradizioni liberali per parte di padre, il nonno Mario era un noto avvocato e pubblicista (editorialista del Mondo di Mario Pannunzio e del Corriere della Sera) che difese gli antifascisti davanti al Tribunale Speciale per la sicurezza dello Stato.