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La libertà d'espressione spiegata con le torte glassate

Antonio Gurrado

Nel Regno Unito i giudici danno ragione a un pasticcere che non voleva decorare un dolce con una scritta in sostegno delle nozze gay. Gli è stato riconosciuto il diritto a non dire quello che non pensa

Siete favorevoli alla libertà d’espressione oppure alla libertà d’espressione? Nel primo caso, sicuramente sostenete il diritto di un cliente nordirlandese a entrare in pasticceria e ordinare una torta su cui far scrivere il messaggio che gli pare. Nello specifico, uno slogan di sostegno alle nozze omosessuali; ma andava bene qualsiasi altra frase. Nel caso opposto, invece, sicuramente sostenete il diritto di due pasticceri evangelici a non scrivere su una torta un messaggio che non condividono. Nello specifico, non intendendo contribuire alla causa delle nozze omosessuali, non hanno voluto glassare uno slogan che contraddiceva le loro convinzioni; ciò sarebbe valso per qualsiasi altra frase. È complicato, specie se si trascende dal tema di sicuro impatto e lo si astrae portandolo alle estreme conseguenze per capire chi abbia ragione. Nel primo caso, il cliente avrebbe diritto a richiedere qualsiasi scritta, purché pagando: da “Forza Liverpool!” a “Timeo danaos”, da “Complimenti, zio” a “Crepate tutti”.

  

Se la libertà d’espressione consiste nel poter dire ciò che si vuole, tuttavia, si rischia un proliferare di torte offensive per difendersi dal quale ci vorrebbe un’authority neutrale che stabilisca quali messaggi siano accettabili: per dire, “Buon compleanno” sì, “A morte gli immigrati” no. Ma dove la troviamo un’authority che controlli tutte le torte? Nel secondo caso, invece, i pasticceri avrebbero diritto a rifiutare qualsiasi scritta non sentissero propria: niente “Forza Liverpool!” perché magari tengono al Chelsea, niente “Timeo danaos” perché a Virgilio preferiscono Omero, niente “Complimenti, zio” perché non conoscono né questo zio né i suoi meriti.

  

Se la libertà d’espressione consiste nel non dover dire ciò che non si vuole, tuttavia, si rischia la sparizione delle scritte sulle torte, che verrebbero ridotte ad armi contundenti per risolvere le diatribe come nelle comiche, e ci vorrebbe un’authority neutrale che stabilisca l’elenco delle proposizioni che devono irrefutabilmente venire utilizzate per decorare i dolciumi. Che si fa? Si procede empiricamente. Poiché dai tempi dell’“Aeropagitica” di Milton l’Inghilterra è all’avanguardia nel definire la libertà d’espressione, si prende nota che il giudice britannico ha dato ragione ai pasticceri, sancendo che il diritto a non dire ciò che non si vuole prevale sul diritto a dire ciò che si vuole. La sentenza si estende espressamente a ogni argomento quindi esula dalla specifica querelle sulle nozze omosessuali. Faccio un esempio per capire se è giusta: l’attuale governo non mi piace quindi ho ogni diritto di scriverlo dove mi pare, anche su una torta se ci riesco; ma più ancora, poiché non lo penso, ho il diritto di non scrivere che l’attuale governo mi piace, nemmeno se Rousseau in persona mi pagasse per farlo.

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