La professoressa di letteratura Avital Ronell accusata di molestie sessuali (Wikimedia Commons)

La professoressa condannata per molestie rovescia lo schema del #metoo

La lettera firmata dalla crema delle humanities globale difende l'accademica Avital Ronell. Ma la struttura dell’oppressione che hanno costruito gli si sta rovesciando addosso

Capita a volte che il molestatore maschio riceva una lettera di sostegno di altri maschi, a loro volta molestatori in attesa di essere scoperti, che testimoniano la loro solidarietà a una persona che in tanti anni si è dimostrata rispettosa, impeccabile, professionale, e mai avrebbero pensato che l’irreprensibile collega potesse essere capace di tali nefandezze. E infatti non se ne capacitano. La lettera di solidarietà al molestatore è un po’ l’equivalente femminista delle interviste ai vicini raccolte dai telegiornali quando il dirimpettaio di pianerottolo, persona normalissima, commette un delitto efferato; i predatori più influenti e scafati riescono talvolta a ottenere anche una lettera interamente firmata da donne, che giurano di non essere mai state trattate in tanti anni in modo meno che signorile dal mostro sbattuto in prima pagina.

  

Il senatore Al Franken, ardente promotore di legislazioni femministe, ha ricevuto un sostegno del genere, ma non è stato sufficiente a salvarlo dalla gogna pubblica, perché in realtà la lettera aperta di supporto è, agli occhi dell'universo femminista, il massimo della nefandezza, il tentativo postumo di colpevolizzare le vittime, la prova finale che il patriarcato è davvero interiorizzato, e quindi tende a riaffermarsi anche a fronte di evidenze opposte. In questa dinamica consolidata, però, basta cambiare i ruoli dei protagonisti per mandare la logica in cortocircuito.

  

A maggio una lettera di questo tenore è stata inviata da un gruppo di accademici al presidente della New York University per mostrare solidarietà ad Avital Ronnelll, filosofa femminista, professoressa di letteratura tedesca e comparata nonché rockstar assoluta nel mondo delle discipline umanistiche dell’università americana. La New York University aveva aperto un procedimento disciplinare, basato sul famigerato Titolo IX che protegge la comunità accademica dalla discriminazione di genere, per le molestie sessuali denunciato da uno studente di nome Nimrod Reitman.

 

La lettera, firmata dalla crema delle humanities globale, da Judith Butler a Slavoj Zizek, ridicolizza le accuse dello studente, parla di una “calunniosa campagna” contro una professoressa “la cui guida è stata non meno che incredibile nel corso degli anni”. I difensori di Ronell “deplorano il danno che questo procedimento legale le sta causando” e vogliono “registrare nei termini più chiari le nostre obiezioni a qualunque giudizio nei suoi confronti”. Quello che la commissione etica sta apparecchiando per lei è un “incubo legale”, una palese ingiustizia comminata a causa di uno studente che, dice la lettera, “alcuni di noi conoscono personalmente”, il che lascia intendere che si tratti di un maschilista che s’è messo in testa di distruggere le potentissima femmina. Insomma, si tratta di una caccia alle streghe, anzi di una caccia alle streghe “deviata”, come ama dire Donald Trump.

  

Nei giorni scorsi Ronell è stata dichiarata colpevole di molestie da parte della commissione d’inchiesta. L’università l’ha sospesa per un anno, dando sostanzialmente ragione a Reitman, che l’aveva denunciata per le continue richieste di relazioni fisiche, per i messaggi, i tormenti, lo stalking, l’abuso psicologico che era soprattutto un abuso di potere, dove la torreggiante leggenda accademica di 66 anni aveva gioco facile con un poco più che trentenne che cercava di farsi largo nel mondo dell’accademia. Il mentore pretendeva dal pupillo qualcosa in cambio della sua guida, e quando il giovane protestava la sua ritrosia aveva ripercussioni riscontrabili sulla sua credibilità professionale.

  

Il fatto che entrambi fossero gay è un fatto quasi trascurabile in questo processo universitario che rovescia il modello classico dell’assalitore maschio e mostra che la colpevolizzazione della vittima è un’arma lecita quando la vittima è un maschio, ovvero un essere che agisce tendenzialmente per un secondo fine e scaltramente utilizza a suo vantaggio anche gli strumenti che legali concepiti per tutelare le minoranze. Come il titolo IX, una lama affilata nelle mani del female power ma che si scopre ora essere assai tagliente da ambo le parti. Butler, Zizek e gli altri difensori di Ronell, educati alla scuola postmoderna della teoria critica, non si danno pace, e non tanto per il destino della professoressa: è che la struttura dell’oppressione che hanno costruito gli si sta rovesciando addosso.