Ready Player One sembra voler dire che chi controlla la fantasia controlla tutto

La recensione del romanzo di Ernest Cline, nell'unica rubrica che vi dice come parlare di libri (senza perdere tempo a leggerli)

Andrea Ballarini

La realtà è quel che è, quindi tanto vale crearsene un’altra, virtuale, in cui ciascuno possa essere come vorrebbe essere e vivere delle avventure mirabolanti. Questo è il concetto alla base di OASIS (acronimo di Ontologically Anthropocentric Sensory Immersive Simulation, "Simulazione di Immersione Sensoriale Ontologicamente Antropocentrica") che è lo strabiliante gioco di ruolo in cui è immersa la società di un futuro molto prossimo descritta in questo libro.

 

Ready Player One è stato scritto da Ernest Cline, un 46enne dell’Ohio completamente fulminato per i videogiochi e in generale per la cultura pop degli anni Ottanta. Tanto per darvi un’idea del tipo, pensate che nella vita guida una De Lorean modificata, l’auto di “Ritorno al futuro”.

 

Volendo spendere dei nomi importanti si potrebbe dire con Kant, che ciascuno – e poiché lo fanno tutti, la società intera – in questo libro crea la propria realtà. Concetto che peraltro in qualche modo si riflette anche sulle vicende editoriali italiane del libro.

 

Come è noto gli editori italiani hanno una passione per cambiare i titoli. Infatti il romanzo è uscito la prima volta in Italia per ISBN nel 2111 con un titolo leggermente diverso dall’originale: Player One invece di Ready Player One; una modifica piccola, ma sufficiente a far perdere il rimando alla schermata iniziale di molti videogiochi: vai a capire perché. Poi l’anno scorso è stato ripubblicato con il titolo originale da Dea Planeta con una copertina cafonissima, mutuata dal film che nel frattempo è uscito per la regia di Spielberg.

 

  

La trama, benché piena di episodi e di avventure, parte da uno spunto piuttosto semplice. James Halliday, mitico creatore di Oasis, questo giga-videogioco immersivo che ha conquistato il mondo, attraverso un videomessaggio di Anorak, il suo avatar, lascia tutti i diritti di Oasis al primo che riuscirà a trovare l’Easter Egg che lui ha seminato in qualche anfratto del gioco. Sapete gli easter egg sono quelle cose molto da geek, che possono essere schermate o immagini o altre parti di un gioco nascoste in un videogioco e che bisogna trovare.

  

Ora in questo futuro distopico, tutti preferiscono vivere la loro vita virtualmente in Oasis, e fanno tutto lì dentro, vivono, lavorano, si innamorano tutto virtualmente, perché la realtà vera, per così dire, è fatta di degrado e desolazione, perché il mondo ha ormai esaurito le sue risorse ed è ridotto a una immensa bidonville.

 

Naturalmente Oasis vale miliardi di dollari e quindi sulle tracce dell’Easter egg oltre ai Gunther (crasi di egg ed hunter, letteralmente “cacciatori di uovo”) si pone una tenebrosa multinazionale la IOI (Innovative Online Industries), decisissima a diventare la padrona di Oasis e quindi del mondo. Una specie di Gestapo cattivissima. A questo disegno criminoso si oppone in prima persona il protagonista del romanzo, Wade Watts, un circa diciottenne nerdissimo, un po’ sovrappeso, che vive nel rottame di un vecchio furgone nelle “cataste”, un quartiere bidonville di Columbus in Ohio, ma che ha un vita molto più appassionante nei panni del suo avatar Parzival.

 

Ve la faccio breve: insieme a lui lottano per trovare l’easter egg un gruppo di altri avatar, suoi amici – amici che nella realtà lui non ha mai incontrato – e che sono una bella ragazzotta di cui Parzival subito si innamora di nome Art3mis, il suo migliore amico Aech e una coppia di mini-samurai giapponesi, Shoto e Daito.

 

Ovviamente, dopo un sacco di peripezie il quintetto, anzi quartetto perché uno dei giapponesini ci rimette la pelle, riesce a sconfiggere la multinazionale e tutti scoprono che in fondo la realtà, per quanto una fetecchia sia, è comunque meglio della virtualità. Non proprio un’acquisizione prodigiosamente originale, ma per arrivarci ci si deve sciroppare più di cinquecento pagine; cosa che a voi però non preoccupa minimamente perché non le leggerete.

 

Comuque Ready Player One è una lettura piacevole, raccomandabile soprattutto per l’abile rilettura di tutto l’immaginario pop degli anni Ottanta, con particolare attenzione ai vieogiochi, da Space Invaders in giù. Ma se proprio si vuole trovargli un senso più pregnante, per fare bella figura in società ricordatevi di sottolineare che il romanzo sembra suggerire come il vero pericolo di quest’epoca tecnologicamente avanzata sia la colonizzazione o, peggio l’occupazione militare, dell’immaginario da parte di alcuni signori del web, (e anche Halliday a ben guardare potrebbe essere uno di questi, ma il libro si guarda bene dal coltivare sfumature così sofisticate tra bene e male) perché controllare la fantasia delle persone, sembra dire Cline, vuol dire controllare tutto. Molto profondo.

  

READY PLAYER ONE, Ernest Cline, DeA Planeta Libri, 443 pagine


 

Shottini è un'idea di Andrea Ballarini
Video e editing di Enrico Cicchetti