Dortmunder, ladro geniale e sfigatissimo, e qualche chicca per tirarsela in società

La recensione alla serie di romanzi di Donald Edwin Westlake, nell'unica rubrica che vi dice come parlare di libri (senza perdere tempo a leggerli)

Andrea Ballarini

Shottini è un'idea di Andrea Ballarini. Video e editing di Enrico Cicchetti


 

Donald Edwin Westlake negli Stati Uniti è considerato uno dei più grandi scrittori di gialli di sempre, non per niente ha vinto tre volte il prestigioso premio Edgar e nel 1993 ha ricevuto il titolo di Grand Master, massimo riconoscimento assegnato dall'associazione Mystery Writers of America

 

Da noi non è certo uno sconosciuto ma il fatto che i suoi libri siano stati tradotti per la prima volta dai Gialli Mondadori, in un’epoca in cui i gialli non erano ancora considerati vera letteratura, ha limitato la diffusione delle sue opere.

 

Altra cosa che ha contribuito a calmierare la fama italiana di Westlake è che sia un autore seriale. Ora voi, in quanto fieri intellettuali, guardate con sospetto le serie, perché il loro fine non è artistico bensì consolatorio, e cioè dare al lettore quello che già si aspetta, come spiega Umberto Eco ne “Le strutture narrative in Fleming” (l’autore di 007) nel “Superuomo di Massa” del 1976. Ovviamente basta far finta di averlo letto.

 

Westlake ha scritto 102 o 103 libri con una mezza dozzina di pseudonimi, con ciascuno dei quali ha dato vita a serie differenti con protagonisti diversissimi. Per nominare le due più famose, parliamo della serie di Parker, firmata come Richard Stark, dei noir molto duri che raccontano le avventure di Parker, un rapinatore estremamente metodico che si rifà alle atmosfere di Black Mask, la famosa rivista pulp degli anni Venti.

 

 

E a questo prosito, in qualità di raffinati cinefili non potete non avere visto almeno qualcuno dei film tratti dai romanzi di Stark, come “Senza un attimo di tregua” (titolo originale Point Blank) del 1967 di John Boorman con il roccioso Lee Marvin, “Payback” del 1999 di Brian Helgeland con Mel Gibson e il “Parker” di Taylor Hackford del 2008, con quel quarto di manzo di Jason Statham.

 

Curiosità che vi qualifica come cinefili: ricordate che Westlake non aveva ceduto il cognome Parker, e così Lee Marvin si chiamava Walker e Mel Gibson Porter. Poi nel 2008 Westlake è morto e Statham ha potuto chiamarsi Parker.

 

Ho fatto questa lunga introduzione per arrivare a parlare dell’altra serie più famosa di Westlake e cioè quella di John Dortmunder, ladro geniale e sfigatissimo che organizza sempre dei colpi pazzeschi che per una ragione o per l’altra falliscono. La sua epopea è narrata in quattordici esilaranti romanzi che vanno dal 1970 al 2008. Con questa serie Westlake ha dato nuova dignità letteraria al poliziesco unendovi lo humor.

 

La banda di Dortmunder a causa di una traduzione un po’ Va là, vieni qua del primo libro della serie, “La pietra che scotta” del 1970 (“The hot rock”), che da noi è uscito in prima battuta col titolo “Gli ineffabili cinque”, è talvolta ancora chiamata così. I personaggi fissi sono John Dortmunder, il mastermind, che architetta dei colpi stupefacenti, ma stupefacenti davvero. Per esempio in “Come sbancare il lunario” (Titolo originale “Bank shot”) progetta di rubare una banca, si avete capito bene, rubare non rapinare.

  

Oltre a Dortmunder, dolente e geniale, amareggiato (ma non del tutto) dalla vita, c’è la sua fidanzata May, che fa la cassiera al supermercato e ha un ruolo più sfumato, e soprattutto la sua nemesi: il cognato Andy Kelp, cialtrone e instancabile procacciatore di colpi deliranti che poi John deve mettere in piedi; poi c’è Stan Murch che ascolta dischi col rumore del traffico ed è il responsabile dei mezzi di trasporto, giacché è in grado di guidare qualunque cosa abbia un motore, dall’auto all’elicottero, leggendo solo i libretti di istruzione. Poi c’è sua mamma, acidissima taxista di New York, e infine, personaggio aggiunto, Rollo, il proprietario del Bar nel cui retro, tra le casse di birra, prendono vita i geniali piani di Dortmunder. Altri personaggi appaiono alla bisogna.

  

Anche questa serie è stata saccheggiata da Hollywood. Su tutti ricordiamo “La pietra che scotta” del1970 con un credibilissimo Robert Redford nei panni di Dortmunder e un ammorbante George Segal in quelli di Andy Kelp. Vera chicca per tirarsela in società, ricordare un curioso film italiano del1976 di Lucio De Caro, “Cinque furbastri e un furbacchione-Come ti rapisco il pupo”, ispirato a “Jimmy the Kid (1972) con un cast che comprende Teo Teocoli, Walter Chiari, Massimo Boldi, Felice Andreasi, Umberto Smaila, Stefania Casini, Franca Valeri e Renato Cestié, il bambino leucemico di “L’ultima neve di primavera”. Se fate questa citazione poi potete anche uscire tra gli applausi.

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