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Contro la retorica dei cattivi maestri

Claudio Cerasa

L’anno del virus non verrà ricordato solo come l’anno senza esami ma anche come l’anno in cui la scuola è finita sotto esame e in cui prof. e maestri hanno dimostrato di essere migliori dei loro sindacati. Elogio della scuola al tempo dell’emergenza

Lo vediamo ormai tutti da giorni, lo vediamo ogni mattina, lo vediamo ogni pomeriggio e lo vediamo ciascuno dal suo punto di osservazione, quando un nostro figlio si collega con una maestra, quando un nostro amico si collega con il suo professore, quando un nostro amico si collega con i suoi alunni, quando un insegnante spiega ai bambini come far funzionare meglio il wifi e quando un maestro spiega ai nostri figli la differenza tra Babbo natale e Amazon. C’è uno stato che nella tragica stagione della pandemia ha spesso faticato a dare il meglio di sé e quello stato è lo stesso che oggi raccoglie quanto poco di buono ha seminato in questi anni: una Pubblica amministrazione incapace persino di far funzionare un server (vedi l’Inps), una giustizia incapace di occuparsi dei diritti di tutti (vedi le carceri), una rete incapace di portare una buona connessione a tutto il paese (e pensa se non avessimo avuto un ministro dell’Innovazione) e un sistema sanitario non in grado di proteggere i suoi operatori (in Italia il 10 per cento dei contagiati è personale medico). C’è un pezzo di stato che nella tragica stagione della pandemia non è riuscito a dare il meglio di sé ma c’è invece un altro pezzo di stato che in questa stagione dolorosa ha tirato fuori gli attributi e ha trasformato una catastrofe nel più grande esperimento sociale mai fatto in Italia: la scuola messa a nudo in diretta streaming.

 

La pandemia, come sa chiunque abbia un figlio che segue lezioni dell’asilo, delle elementari, delle medie, del liceo, dell’università, sta costringendo educatori, genitori e studenti a essere per la prima volta tutti insieme dalla stessa parte della barricata, impegnati cioè, in un’unica e formidabile alleanza, non a trovare capri espiatori, non a fomentare l’odio contro gli insegnanti, non a organizzare sedizioni su Whatsapp ma semplicemente a risolvere i problemi. Risolvere i problemi significa trovare le migliori applicazioni per connettersi, significa trovare i modi migliori per condividere i compiti, significa capire cosa sia questo famoso registro elettronico e significa finalmente rendersi conto che un genitore che vuole davvero sostenere la scuola del proprio figlio è un genitore che non deve passare le sue giornate a dimostrare di essere migliore degli insegnanti ma deve occuparsi di insegnare al proprio figlio due concetti spesso trascurati: quanto sia importante avere rispetto delle autorità e quanto sia cruciale proteggere le gerarchie dalla stagione dell’uno vale uno (no: un genitore non vale come un insegnante). Si è scritto molto che la codificazione dell’insegnamento a distanza cambierà per sempre il sistema dell’istruzione del nostro paese – e questo è molto vero per il mondo universitario dove migliaia di studenti e migliaia di professori stanno scoprendo che le lezioni telematiche possono essere non il simbolo di una truffa ma la spia di un’opportunità – ma ciò che ciascuno di noi nel suo piccolo non avrà potuto fare a meno di notare in questi giorni osservando i propri figli, osservando i propri amici e osservando i propri parenti impegnati a portare in ventiquattro ore innovazioni che la scuola non era riuscita a far proprie negli ultimi ventiquattro anni è che con tutti i suoi limiti e i suoi difetti il miracolo della scuola italiana è legato a qualcosa di più importante della semplice capacità di scaricare Zoom sul proprio computer. Ovverosia: il suo formidabile patrimonio umano.

 

L’anno che stiamo vivendo verrà ricordato da molti come l’anno in cui per la prima volta gli esami non verranno sostenuti. Ma forse molti di noi avrebbero il dovere di ricordare l’anno della pandemia anche come l’anno in cui la scuola è finita sotto esame e in cui i maestri e i professori hanno tutto sommato dimostrato di essere migliori dei loro sindacati e hanno tentato di trasferire ai propri studenti un insegnamento che forse tornerà utile anche quando la pandemia finirà: per vivere in un paese migliore e in una scuola migliore la lezione migliore che i docenti possono trasferire ai propri studenti oggi è insegnare loro l’importanza non solo della matematica, dell’italiano e della geografia ma prima di tutto della responsabilità individuale. E’ una lezione che gli insegnanti hanno trasferito ai nostri figli ma è una lezione che forse hanno trasferito prima di tutto a noi genitori. E quando tutto finirà, cari papà e care mamme, più responsabilità, più rispetto e meno chat su Whatsapp.

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  • Claudio Cerasa Direttore
  • Nasce a Palermo nel 1982, vive a Roma da parecchio tempo, lavora al Foglio dal 2005 e da gennaio 2015 è direttore. Ha scritto qualche libro (“Le catene della destra” e “Le catene della sinistra”, con Rizzoli, “Io non posso tacere”, con Einaudi, “Tra l’asino e il cane. Conversazione sull’Italia”, con Rizzoli, “La Presa di Roma”, con Rizzoli, e "Ho visto l'uomo nero", con Castelvecchi), è su Twitter. E’ interista, ma soprattutto palermitano. Va pazzo per i Green Day, gli Strokes, i Killers, i tortini al cioccolato e le ostriche ghiacciate. Due figli.