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Meno lagne sull'istruzione

Redazione

Si risparmia limitando gli interessi corporativi che bloccano il rinnovamento

A prima vista le dimissioni di Lorenzo Fioramonti, motivate da un mancato incremento dei fondi per la scuola, l’università e la ricerca, appaiono fondate. Sicuramente sarebbe necessario un impegno e un’attenzione maggiore per queste attività, dalle quali dipende in larga misura la preparazione delle nuove generazioni, la loro possibilità di accedere in modo dignitoso al mercato del lavoro. Però è assai limitativo farne soltanto una questione di soldi. Non è vero che l’Italia spende poco, per esempio, in ricerca pubblica, è che spende male, e lo stesso vale per la scuola. Manca un principio educativo basato sulla responsabilità e la misurabilità dei risultati. Per decenni si sono predicate teorie facilistiche, in cui veniva occultata la semplice verità: studiare (e ancor più insegnare) costa fatica e richiede impegno. Basta vedere come si protesta contro ogni meccanismo di verifica dei risultati: i sistemi di valutazione vengono sempre ritenuti incongruenti e punitivi, l’idea che ci possano essere premi al merito è considerato un oltraggio alla dignità della funzione docente.

  

Naturalmente ci sono anche problemi economici, soprattutto per quel che riguarda l’edilizia scolastica, ma se non si ristabilisce un rapporto serio tra scuola e società produttiva, si gettano soldi in una fornace. È verissimo che scuola, alta istruzione e ricerca sono i motori dello sviluppo, come dice Fioramonti, però esercitano questa fondamentale funzione sociale, economica e civile se sono in connessione con la realtà produttiva e culturale del paese. Se invece restano macchine che girano a vuoto, dominate da interessi corporativi e autoprotettivi, che impediscono il rinnovamento, come è accaduto per decenni, non hanno alcun effetto benefico. Basta constatare quanto sia distante il livello di formazione prodotto dalle esigenze produttive sociali e culturali. Finanziare la continuità conservatrice è un modo per evitare di affrontare il problema di fondo, quello della modernizzazione e della responsabilità. Che anche Fioramonti ha largamente trascurato.

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