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La pseudomedicina ti fa ricco

Enrico Bucci

Le cosiddette medicine complementari sono spesso dipinte come un piccolo mondo idilliaco, in cui i produttori di rimedi spesso definiti “naturali” contrastano i tagliagole di Big Pharma. Ma è veramente così?

Le cosiddette medicine complementari sono spesso dipinte come un piccolo mondo idilliaco, in cui i produttori di rimedi spesso definiti “naturali”, con una fama di “medicina umana”, contrastano con lo spietato mondo dei tagliagole di Big Pharma, fatto di manager assetati di profitto e di multinazionali opache e minacciose.

Bene: vediamo quanto questo piccolo mondo idilliaco profitta dalla vendita di bugie e preparati di efficacia dubbia (se e quando si può parlare di effetto placebo).

 

Per guidare le scelte di investitori, imprenditori e scommettitori di Borsa, ci si affida di solito a delle previsioni di mercato; nel caso delle medicine alternative e complementari, ne ho consultato io stesso cinque diverse, in modo da avere una stima non solo dei guadagni previsti per chi produce e vende pseudomedicina, ma anche della variabilità delle previsioni.

 

Partiamo innanzitutto da un dato consolidato, cioè dai ricavi del 2018: si parla di una cifra che, a seconda dei prodotti considerati, va da un minimo di 59,76 fino a 192 miliardi di dollari. Per avere un termine di paragone: il totale delle entrate dello Stato Italiano nel 2018 è pari a circa 586 miliardi di euro, il che significa che l'industria delle pseudocure ogni anno realizza fino a due quinti delle entrate di una nazione considerata avanzata; del resto, la sola omeopatia in Italia, che pure da tempo vede calare il proprio fatturato, dichiara ancora un giro d'affari di 300 milioni di euro.

 

A prescindere dal valore realizzato nel 2018, tutte le stime sono concordi nell'indicare per il settore una crescita annua fortissima: il CAGR (tasso annuo di crescita composto) viene situato tra il 6 per cento e il 19 per cento. In paragone, il tasso di crescita CAGR di Big Pharma è miserevole, essendo situato tra il 3 per cento e il 6 per cento. Per il 2026, il mercato delle pseudocure è stimato valere tra circa 200 e circa 270 miliardi di dollari, cioè tra circa un settimo e circa un quinto del valore previsto per l'intero mercato farmaceutico nello stesso anno.

 

Contrariamente a quanto si possa pensare, il mercato delle pseudocure non è caratteristico solo delle nazioni ricche e avanzate. In India, per esempio, l’insieme di ayurveda, yoga e naturopatia, unani, siddha e omeopatia (AYUSH) vale già oggi 10 miliardi di dollari, è supportato dal governo e dalla locale comunità accademica e ci si attende che possa sostenere 1 milione di posti di lavoro direttamente e fino a 25 milioni nell’indotto, arrivando a fatturare 15 miliardi di dollari nel 2020 e a sopportare un fiorente export internazionale. Le prospettive per la pseudomedicina in quel paese sono così rosee, da arrivare a supportare non solo una miriade di aziende “tradizionali”, ma anche la nascita di startup innovative in tutto simili a quelle che tentano di sviluppare farmaci biotecnologici di ultima generazione. Questi e altri dati, contenuti in un apposito report e confermati da altri, indicano come la pseudoscienza sia non solo un business privato, ma anche un traino per l’economia di nazioni tradizionalmente povere, con un conseguente forte supporto pubblico.

 

Crescita veloce, costi bassi, guadagni elevatissimi: questo è quanto si può realizzare creando una bufala, rivestendola di parole dolci, immagine verde e finta naturalità, per poi veicolarla con le più efficienti tecniche di marketing disponibili, demonizzando il prodotto altrui per meglio profittare di bias e paure della popolazione mondiale.

 

Le sirene della tendenza di mercato, riassumibili nel detto “il pubblico lo vuole”, anche in Italia trovano facile eco in politica e si trasformano subito in “il popolo lo vuole”: per questo, si insegnano le pseudoscienze nelle università come quella di Modena, si finanzia la pseudoricerca dissipando denaro pubblico in regioni come la Toscana, si organizzano in Senato eventi con omeoimprese per cercare di accreditare in sedi istituzionali il sistema delle pseudocure, e in ultima analisi si infiltra il nostro sistema legislativo con insostenibili equiparazioni tra medicina alternativa e convenzionale, uno scempio avvenuto con la mancata o blandissima opposizione degli ordini dei medici e dei farmacisti, ma anche del resto della comunità scientifica italiana.

 

Questo è il potere pervasivo del capitale, che ha trovato un’altra strada per moltiplicarsi; e se qualcuno protesta, le tecniche di Big Cam (Cam sta per complementary and alternative medicine) non sono affatto dissimili da quella Big Pharma che si addita come nemico. Per esempio, si paga un giornalista perchè ricorra alla gogna mediatica contro chi critica qualche prodotto, sfruttando opportunamente il meccanismo di ranking di Google di pagine web costruite ad hoc per screditare il bersaglio.
Oppure si intimidiscono i critici ricorrendo alle vie legali o minacciando di ricorrervi, come per esempio in Italia, dove la Boiron ha tentato di intimidire un blogger minacciando una causa per diffamazione (salvo poi dover fare marcia indietro per l’indignazione suscitata). 
O si sponsorizzano libri, convegni, ricerche che finiscono in articoli scientifici di così alta levatura da finire talvolta ritrattati; ogni mezzo è buono.

Alla fine, tutto si riduce a questo: un marketing che vende e rinforza solo sé stesso, raffinatosi ad un livello tale da fare a meno di prodotti veri, per vendere storie finte e rituali magici. Fare dei bias cognitivi un mercato: mai idea più redditizia fu inventata.

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