La copertina di "Omeopatia. Bugie, leggende e verità", di Roberto Burioni

Non fa niente, ma costa

Roberto Burioni

Il successo dell’omeopatia sottrae risorse alla sanità pubblica. Chi ci guadagna e perché. Il ruolo e le responsabilità di medici e farmacisti. Il nuovo libro di Roberto Burioni

"Omeopatia. Bugie, leggende e verità", di Roberto Burioni, il medico, professore di Microbiologia e Virologia all'Università Vita-Salute San Raffaele di Milano, che da tempo si batte contro le tendenze antiscientifiche in medicina. Del libro, edito da Rizzoli (208 pp., 18 euro), proponiamo in questa pagina il capitolo dedicato a "Medici, farmacisti e sanità pubblica".


A questo punto possiamo dire che abbiamo stabilito alcuni fatti, che come sapete hanno una forza ben diversa dalle opinioni. Il primo è che l’omeopatia si basa oggettivamente su una teoria che poteva avere un senso duecento anni fa, ma che gli studi successivi hanno dimostrato essere completamente sbagliata. Il simile non cura il simile, le sostanze diluite non sono per nulla potenziate, non esiste nessun fluido vitale, le malattie non si curano somministrando qualcosa che causa gli stessi sintomi, bensì utilizzando quei sintomi per capire da cosa sono provocate, e rimuovendone la causa. Questo è un fatto.

 

Il secondo è che la chimica, che non si conosceva ai tempi di Hahnemann ma che si conosce benissimo adesso, ci dice con certezza che nei preparati omeopatici non c’è nulla. Il che peraltro è tranquillizzante, viste le schifezze che non di rado sono contenute nelle tinture madri. Questo è un fatto.

 

Una teoria sbagliata. Il simile non cura il simile, le sostanze diluite non sono per nulla potenziate, non esiste nessun fluido vitale

Il terzo fatto è che – cosa del tutto prevedibile come conseguenza dei primi due elementi esposti sopra – i preparati omeopatici non hanno alcuna efficacia se non quella del placebo. In altre parole, quando siamo di fronte a una terapia che si basa su presupposti completamente sbagliati, nel peggiore dei casi la cura farà male, nel migliore dei casi non avrà alcuna efficacia. Con l’omeopatia, per fortuna, siamo nel “migliore dei casi”. Non contenendo nulla certamente non fa male, ma fino a prova contraria (e ci vuole una prova solidissima, non una sperimentazione di quart’ordine) i preparati omeopatici sono del tutto inefficaci.

 

Stabiliti questi fatti che sono indiscutibili, se non smentiti da altri fatti, restano argomenti di discussione attorno ai quali, al contrario, è legittimo avere un’opinione. Prima di tutto dobbiamo affermare che, se è vero che l’omeopatia non ha alcuna efficacia dimostrata, è pur vero che – basandosi su preparati che non contengono nulla – non ha alcun effetto collaterale e non mette chi la usa in pericolo, a patto che il paziente non ometta di curarsi anche con la medicina “tradizionale”. Ci troviamo in una situazione molto diversa da quella, per esempio, che abbiamo conosciuto riguardo ai vaccini: in questo caso chi li rifiuta arreca un danno non solo a se stesso, ma anche alla comunità consentendo la circolazione di pericolosi agenti infettivi. Chi si “cura” con l’omeopatia nel peggiore dei casi fa male soltanto alla sua persona e al suo portafoglio.

 

D’altra parte, chi vuole costruire la propria abitazione orientata secondo le indicazioni di un astrologo può farlo, a patto che i muri glieli progetti un ingegnere. Allo stesso modo chi vuole curarsi con l’omeopatia deve poterlo fare, a patto che non ometta le terapie di provata efficacia. Riassumendo, se una persona adulta e informata afferma che indossando un talismano, oppure pronunciando formule magiche consigliate da una fattucchiera, o curandosi con l’omeopatia sta soggettivamente meglio, se si paga tutto di tasca sua non esiste nessun valido motivo per scoraggiarla.

 

Però, considerato che l’omeopatia si basa su una teoria completamente sbagliata, che i preparati non contengono nulla e che non hanno alcuna efficacia, è legittimo che a prescrivere preparati omeopatici sia un medico e a venderli sia un farmacista?

 

Anche qui dobbiamo considerare alcuni fatti oggettivi: un medico che utilizza l’omeopatia e non è conscio che i preparati che prescrive hanno unicamente l’efficacia che può derivare dall’effetto placebo, non lo vedo come un modello professionale da incoraggiare e al quale tendere. Allo stesso modo un farmacista, che sulla carta deve conoscere la chimica ancora meglio del medico, non può non sapere che quello che consiglia e vende nelle preparazioni omeopatiche è semplicemente il nulla. 

 

Su come comportarsi nella pratica con i medici che prescrivono l’omeopatia e con i farmacisti che la vendono è invece possibile discutere. Alcuni ritengono che, siccome in concreto la gente utilizza l’omeopatia, sia meglio che a prescriverla sia un medico: secondo loro è auspicabile che le persone malate vengano comunque visitate da un professionista, il quale saprà decidere se per curare il paziente basta la stimolazione della sua suggestione con un placebo (usando in questo caso l’omeopatia) oppure ci vogliono farmaci veri. Certo, in questo caso il medico inganna il paziente e non può svelare l’inganno informandolo correttamente, altrimenti il placebo non funziona più; quindi manda alle ortiche tutte le considerazioni sul rapporto di fiducia reciproca che si deve instaurare durante la cura, ma per alcuni è giusto così.

 

Alcuni pensano che sarebbe opportuno togliere l’omeopatia da studi medici e farmacie e affiancarla nei supermercati alle tisane rilassanti

Altri, ai quali io sono più vicino, non hanno nulla contro le pozioni d’amore, gli amuleti e i filtri magici: ritengono solo che non sia opportuno che a prescriverli sia un medico e a venderli sia un farmacista. Per questo secondo loro sarebbe opportuno togliere l’omeopatia dagli studi medici e dalle farmacie e relegarla – al massimo – nei reparti dei supermercati dove vengono vendute le tisane rilassanti.

 

Tuttavia – lo ripeto – su questo argomento si può discutere, e infatti se ne discute. Ci sono però alcuni punti sui quali non si può transigere. Prima di tutto, stabilito che l’omeopatia non ha alcuna base scientifica, non è in alcun modo accettabile che un medico ometta una cura efficace per somministrare il nulla. Chi si comporta in questo modo deve essere secondo me sbattuto fuori dall’Ordine dei medici. In provincia di Pesaro e Urbino è morto per un’otite un bambino di 7 anni, a Bari è morto di polmonite un bambino di 4 anni. Entrambi curati da omeopati irresponsabili che non hanno somministrato ai loro pazienti cure efficaci che gli avrebbero salvato la vita. Questi sono comportamenti che devono essere puniti sia dalla magistratura, sia dall’Ordine dei medici con provvedimenti severissimi.

 

Quanto agli Ordini dei medici, trovo altrettanto inaccettabile che questi enti organizzino corsi di aggiornamento per sanitari nei quali si acquisiscono crediti formativi ascoltando falsità scientifiche e teorie strampalate di duecento anni fa, come quelle omeopatiche. Si può discutere se sia opportuno che l’omeopatia sia prescritta o no da medici per limitare il danno, ma non è in alcun modo possibile che i medici e gli Ordini dei medici si rendano complici nel disinformare i pazienti propagando una teoria che ha lo stesso fondamento scientifico dell’oroscopo. I corsi che riguardano l’omeopatia devono partire dalla condivisione del fatto oggettivo che la teoria alla base dell’omeopatia non sta in piedi, che i preparati non contengono nulla e che non hanno alcuna efficacia. Poi si può discutere di tutto, ma questa è l’indispensabile premessa che dovremmo pretendere.

 

Lo stesso rigore ci vorrebbe nelle farmacie: io preferirei che lì i preparati omeopatici non ci fossero, perché questo induce nei pazienti la falsa convinzione che abbiano la stessa provata efficacia delle medicine che troviamo in farmacia; in ogni caso dovrebbero essere esposti con una scritta in bella evidenza dove si specifica che non contengono nessun principio attivo e che la loro efficacia non è stata dimostrata, come propone – lo vedremo subito – l’Accademia francese di medicina. Nel frattempo, personalmente, assumo un comportamento molto semplice: tanto più è grande la scritta “omeopatia” nell’insegna di una farmacia, tanto meno il farmacista mi sta simpatico. Se poi ne trovo uno che non vende prodotti omeopatici, quello diventa per me il preferito in modo definitivo. Vi invito a fare lo stesso: forse alcuni farmacisti non hanno tempo per ascoltare le argomentazioni scientifiche, ma sono certo che molti sono sensibili all’aumento del fatturato, dunque privilegiate le farmacie di chi dimostra rigore scientifico, è il modo migliore per combattere l’omeopatia!

 

Il fatto più grave avviene però nelle università. So che vi suonerà incredibile, ma ci sono facoltà di Medicina e chirurgia che propongono corsi di omeopatia. Questo è un abominio, perché l’università è il luogo dove si deve custodire e insegnare con rigore il metodo scientifico. Quel metodo che ci dice che l’omeopatia non ha senso, che nei preparati non c’è nulla e che questi preparati non hanno alcuna efficacia. Insegnare l’omeopatia in una facoltà di Medicina è come insegnare a fare oroscopi in una facoltà di Astronomia. Tutti noi dobbiamo protestare e far sì che questo non avvenga.

 

Però ancora avviene, e il perché è semplice: molta gente ci guadagna. Ci guadagnano le università che organizzano i corsi, ci guadagnano i medici, ci guadagnano i farmacisti, ci guadagnano le aziende che producono preparati omeopatici che in Italia hanno avuto, nel 2018, un fatturato di oltre 300 milioni.

 

Di fatto, il successo dell’omeopatia sottrae risorse economiche a quello che è davvero importante per la nostra salute. Per questo in molti stati i governi si stanno muovendo per evitare di dilapidare denaro che potrebbe essere utilizzato in maniera ben più utile. A metà luglio del 2019 il governo francese ha annunciato che nel 2021 porrà fine al rimborso dei trattamenti omeopatici è stato il ministro della Salute, Agnès Buzyn, ex medico che ha messo il rigore scientifico al centro della sua politica, a prendere la decisione dopo il verdetto dell’Autorità nazionale per la salute che per l’ennesima volta ha negato qualsiasi efficacia dei preparati omeopatici. Avete letto bene: ha negato qualsiasi efficacia dei preparati omeopatici. Per questo, se fino a oggi ai pazienti francesi veniva rimborsato il 30 per cento del prezzo delle “medicine” omeopatiche, nel 2020 la percentuale calerà al 15per cento, per arrivare a zero nel 2021. Un bel risparmio per il servizio pubblico, che nel 2018 ha speso quasi 130 milioni di euro nel rimborso dei trattamenti omeopatici.

 

Insegnare l’omeopatia in una facoltà di Medicina è come insegnare a fare oroscopi in una facoltà di Astronomia

Il provvedimento risponde alla presa di posizione dell’Accademia francese di medicina, che nel marzo del 2019 aveva raccomandato che nessun tipo di preparazione omeopatica fosse rimborsato dal Servizio sanitario (tanto più in un periodo di tagli generalizzati alle prestazioni per ragioni economiche) finché non si fosse avuta comprovata evidenza della loro utilità a livello medico. Inoltre l’Accademia esortava a fornire al pubblico un’informazione onesta: i preparati omeopatici venduti in farmacia dovrebbero indicare con chiarezza composizione e diluizione, oltre a riportare la dicitura inequivocabile “L’efficacia del prodotto non è stata dimostrata”; per lo stesso, ovvio motivo occorrerebbe introdurre il divieto di scrivere sulla scatola qualunque indicazione terapeutica.

 

Come ci si poteva aspettare, la notizia ha smosso l’opinione pubblica di tutta Europa, rilanciando il dibattito su omeopatia e sanità pubblica. La posizione francese è analoga a quella sostenuta dall’associazione che raggruppa le Accademie nazionali delle scienze dei paesi dell’Unione europea, della Norvegia e della Svizzera che insieme hanno affermato: “I sistemi sanitari nazionali pubblici che si basano sull’evidenza scientifica non dovrebbero offrire rimborsi per prodotti e servizi omeopatici fino a quando non ne saranno dimostrate l’efficacia e l’affidabilità attraverso rigorose sperimentazioni”.

 

Su questa linea si sono sempre mossi numerosi stati dell’Unione, a partire da Svezia, Belgio e Austria, che non prevedono alcun tipo di rimborso per l’omeopatia. La Gran Bretagna ha modificato la sua politica nel 2017. Simon Stevens, direttore del Servizio sanitario nazionale (Nhs), ha dichiarato che l’omeopatia è “nella migliore delle ipotesi un placebo e un uso improprio dei già scarsi fondi del Servizio sanitario nazionale”. Che poi nel giugno del 2018 il principe Carlo abbia concesso il proprio alto patrocinio alla Faculty of Homeopathy, un’associazione di omeopati, è tutta un’altra storia e si inserisce nella sciagurata e dannosissima passione che la famiglia reale inglese ha da sempre nei confronti delle medicine alternative e in particolare dell’omeopatia, e che mi rende personalmente molto felice di vivere in una Repubblica.

 

La Germania, dove sono registrati settemila medici omeopati, potrebbe seguire presto l’esempio della vicina Francia; in Spagna, dove il ministero della Salute sostiene che le “cosiddette terapie alternative influenzano negativamente la salute perpetuando malattie, causandone di nuove, o addirittura accrescendo il rischio di morte”, il governo di Pedro Sánchez ha presentato il Piano di protezione della salute contro le pseudoterapie (come l’omeopatia), per combatterne l’ascesa e bandirle da università e studi medici. Sarebbe il primo caso in un paese dell’Unione europea.

 

In America, il gruppo Walmart, una popolarissima catena di supermercati, è stato denunciato da un’organizzazione non-profit volta a promuovere una società basata su ragione e scienza, per le modalità di vendita dei prodotti omeopatici. Walmart è stato accusato di etichettare e promuovere i preparati omeopatici come alternative ai farmaci la cui efficacia è scientificamente dimostrata.

 

Il peso della medicina “alternativa” sul Servizio sanitario nazionale. Come si comportano i paesi dell’Unione europea

E in Italia? Noi abbiamo un Servizio sanitario nazionale che tutto il mondo ci invidia, ma che è molto costoso e che sarà difficile mantenere efficiente. Di sicuro non potremo sprecare nulla, e l’omeopatia è oggettivamente uno spreco che non possiamo tollerare. I dati dell’ultima ricerca commissionata da Omeoimprese – l’associazione delle aziende farmaceutiche omeopatiche – ci dicono che “oltre l’80 per cento degli italiani conosce la medicina omeopatica e a farne uso è il 17 per cento della popolazione” (quindi 9 milioni di italiani). Se volessimo vedere il bicchiere mezzo pieno, potremmo dire che siamo messi molto meglio della Francia, visto che secondo un’analoga indagine 72 francesi su 100 credono ai benefici della medicina omeopatica, 52 vi hanno fatto ricorso e il 43 per cento dei professionisti della sanità (medici, ostetriche, dentisti) prescrivono preparazioni omeopatiche. A vedere il bicchiere mezzo vuoto, però, dobbiamo dire che 9 milioni di nostri concittadini spendono soldi per acquistare preparati che non contengono nulla e finiscono per pagare del semplice zucchero 500, 1000 o 2000 euro al chilo, il che è piuttosto deprimente.

 

Se possiamo tollerare il comportamento dei singoli (che con i loro soldi sono naturalmente liberi di comprare quello che gli pare, cornetti rossi, zampe di coniglio, ferri di cavallo e preparati omeopatici a base di Muro di Berlino), non possiamo però perdonare lo spreco allo stato, perché quei soldi sono i nostri e non possono essere dilapidati nell’acquisto di un costosissimo nulla. In Italia, invece, l’omeopatia è sorprendentemente somministrata all’interno del Servizio sanitario nazionale, e le spese per l’acquisto dei preparati omeopatici sono incredibilmente e vergognosamente detraibili dalle tasse, come avviene per i farmaci di dimostrata efficacia e necessari per mantenerci in salute. 

 

E non è tutto: pensate che in Toscana, nell’ambito del Servizio sanitario nazionale (quindi a nostre spese, con soldi sottratti alle cure vere), esistono un Ambulatorio di omeopatia (a Lucca) e il Centro di medicina integrata dell’ospedale di Pitigliano, struttura di riferimento regionale per le attività di medicina integrata nel percorso ospedaliero. La Toscana, infatti, nel 2007 ha inserito nel proprio sistema dei servizi sanitari le medicine complementari (tra le quali l’omeopatia), creando una propria rete di ambulatori all’interno delle aziende sanitarie. Il che talvolta genera situazioni che si collocano tra il grottesco e il comico: nel 2016 è stato proprio l’ospedale di Pitigliano a coordinare la distribuzione di preparati omeopatici ai terremotati delle Marche, misura che ha subito scatenato le reazioni della comunità scientifica italiana. La polemica si è risolta dopo la scoperta che i preparati in questione non erano stati pagati dai contribuenti, ma forniti gratuitamente dalle aziende produttrici. Ma è corretto distribuire questo tipo di “farmaci” in situazioni di particolare disagio?

 

Anche qui, consoliamoci: si può fare di peggio. All’inizio del 2019, in Québec, Terre Sans Frontières ha speso 350.000 dollari canadesi degli aiuti provenienti da Global Affairs Canada per inviare una dozzina di omeopati volontari in Honduras e offrire così trattamenti di efficacia mai dimostrata per curare gravi malattie infettive. Speriamo nell’effetto placebo!

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