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Diffidate della Verità, sul Covid il modello inglese non funziona

Luciano Capone e Giovanni Rodriquez

Il governo di Boris Johnson ha deciso di eliminare ogni restrizione, non adottare il green pass a uso interno e lasciare una libera circolazione del virus. Il risultato rispetto all'Italia? 8 mila morti in più, 77 al giorno

Il Regno Unito è davvero un modello per la gestione della pandemia? E’ ciò che sostiene sulla Verità Daniele Capezzone, che elogia la strategia del governo di Boris Johnson che, a partire dallo scorso 19 luglio, ha deciso di eliminare ogni restrizione, spingere sulle vaccinazioni, non adottare il green pass a uso interno e lasciare una libera circolazione del virus. Dopo una fase iniziale di aumento di contagi e decessi, è la tesi, ora la situazione è sotto controllo. “La realtà – scrive Capezzone – è che a Londra, pur compiendo scelte controverse e audaci, hanno fatto la scommessa giusta”. Ma quali sono i dati che fanno ritenere vinta la “scommessa”? Non c’è stata una grande spinta alla vaccinazione visto che a oggi solo il 68,7 per cento della popolazione britannica ha completato il ciclo vaccinale. Di contro in Italia, anche grazie all’introduzione del green pass, si è arrivati al 73,7 per cento. Un tasso di vaccinazione più basso combinato a una libera circolazione del virus ha sicuramente contribuito a produrre un incremento dei casi quotidiani, che sono ormai da mesi costantemente su livelli molto superiori a quelli nostrani. E, ovviamente, ciò ha contribuito a far registrare un numero ben più alto di decessi. Dal 1° agosto al 22 novembre il Regno Unito ha visto 13.969 persone perdere la vita a causa del Covid. Nello stesso arco di tempo, in Italia ci sono stati 5.184 decessi per Covid: 8.785 decessi in meno in tre mesi e mezzo, ovvero circa 77 morti in meno ogni giorno. 

Covid, ecco perché il modello inglese non funziona


Diversi altri elementi hanno contribuito a questo risultato. A cominciare dalla vaccinazione partita prima nel Regno Unito, con quindi una perdita di efficacia della protezione vaccinale, soprattutto dall’infezione, che si è fatta sentire con un certo anticipo nel periodo estivo. C’è poi da aggiungere che le vaccinazioni per i più giovani sono state autorizzate con notevoli incertezze e pareri contrastanti molto in ritardo, dopo l’avvio dell’anno scolastico. Di contro in Italia, alla riapertura delle scuole, era già stata immunizzata una fetta più ampia di ragazzi over 12 oltre a circa il 92 per cento del personale scolastico.

La differenza tra Italia e Regno Unito sta nella persistenza (da noi) di alcune restrizioni

Il Regno Unito va forte con le terze dosi, che sono già state somministrate al 22,8 per cento della popolazione over 12. L’Italia invece è ferma al 6,83 per cento, anche se va considerato che gran parte della differenza è dovuta al fatto che da noi la campagna vaccinale è partita più tardi. Infatti anche l’Italia sta procedendo con buon ritmo, con picchi di oltre 160 mila terze dosi in un giorno e una copertura del 70 per cento della popolazione potenzialmente oggetto della dose booster (cioè che ha ultimato il ciclo vaccinale da sei mesi). Ma sui richiami non c’è differenza con il “modello britannico”, visto che in Italia come nel Regno Unito le istituzioni governative e scientifiche spingono fortemente sulle vaccinazioni e sull’importanza della terza dose. Per entrambi i paesi un’elevata adesione alla campagna vaccinale è un elemento fondamentale del contrasto alla pandemia (e su questo, purtroppo, la Verità e Capezzone diffondono messaggi che sono, per usare un eufemismo, ambigui). La differenza tra Italia e Regno Unito è in alcune restrizioni, che da un lato hanno contribuito a salvare migliaia di vite e dall’altro hanno limitato alcune libertà personali soprattutto per i non vaccinati. Eliminare ogni forma di mitigazione della circolazione del virus è, ovviamente, una decisione politica possibile. Alla fine si tratta di una scelta di valore. Anche l’Italia, come auspica Capezzone, può adottare il modello britannico. Basta però fare chiarezza su quale sia il prezzo da pagare in termini di vite perse

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