Foto LaPresse

Il coronavirus, una spada di Damocle sugli ospedali del sud

Sergio Soave

La speranza è che le misure adottate permettano di risparmiare al Mezzogiorno una epidemia di grandi dimensioni. Ma sarebbe meglio costruire un ospedale in più che trovarsi sguarniti nel caso peggiore

Dalle autorità sanitarie di varie regioni meridionali viene lanciato l’allarme per l’insufficienza delle strutture ospedaliere locali in caso di estensione del contagio. A questo problema finora è stata prestata scarsa attenzione, anche se in qualche caso, come in Sicilia, si è invece provveduto ad ampliare i presidi sanitari. Quel che bisognerebbe fare è dotare tutte le regioni di ospedali specificamente attrezzati, e dove non è possibile farlo ampliando quelli esistenti, si potrebbe imitare i cinesi e costruire dal nuovo o attrezzare strutture esistenti in tempi rapidissimi e senza ostacoli burocratici. Basterebbe nominare dei commissari dotati degli stessi poteri che hanno permesso di ricostruire il ponte di Genova, che è strutturalmente un’opera assai più complessa di un ospedale, in tempi che per l’Italia rappresentano un record.

 

Per discutere quali siano le ragioni dell’arretratezza sanitaria meridionale, se dipendano da lassismo delle regioni o da responsabilità centrali, ci sarà tempo quando sarà passata la bufera. Ora bisogna agire, nel modo più efficace: le risorse stanziate dal governo per la sanità sono ingenti, nessuno negherebbe alla costruzione o all’adattamento di nuovi ospedali per la terapia estensiva le procedure di urgenza. Naturalmente c’è da sperare che le misure adottate per rallentare l’infezione permettano di risparmiare al Mezzogiorno una epidemia di grandi dimensioni. Ma è meglio costruire un ospedale in più (che comunque verrà sicuramente utile per altre patologie) che trovarsi sguarniti nel caso peggiore.

  

Le classi dirigenti meridionali godono di una fama poco lusinghiera che le dipinge intente solo alla contemplazione e non all’azione. Tutti ricordano come Gianni Agnelli definiva Ciriaco De Mita come “intellettuale della Magna Grecia”. Un’emergenza sanitaria nazionale che per ora ha lasciato al sud un po’ di tempo in più per attrezzarsi può essere l’occasione per smentire questa fama e i governatori meridionali dovrebbero sfruttarla.   

Di più su questi argomenti: