Il sindaco di Bergamo, Giorgio Gori

Un sindaco e il virus

David Allegranti

I tre figli in giro per il mondo, i genitori anziani, un appello: “Fermate le fabbriche”. Parla Gori

Roma. Ha chiuso il cimitero, perché troppi anziani continuavano ad andarci, ammassati sul pullman che partiva dal centro di Bergamo; si è messo la mascherina (per la loro salute) ed è andato a trovare i carcerati della casa circondariale; ha richiamato a casa le due figlie che studiano in Inghilterra e il figlio che studia a Siena perché “preferisco averli qui”. Insomma, già fare il sindaco in tempi normali è un caos, figuriamoci adesso. “Già in tempi normali”, dice al Foglio Giorgio Gori, sindaco di Bergamo, “i sindaci vengono coinvolti dalla comunità per ogni istanza o problema. In questi giorni percepisci di essere ancora di più un punto di riferimento. Ci sono certo fonti di comunicazione autorevoli, come il presidente del Consiglio o i giornali, ma in questi giorni ho sentito il bisogno di sollecitare anche personalmente, anche per rispetto di chi si sta occupando di noi dal punto di vista sanitario, un senso di responsabilità individuale. Sento la città come una grande famiglia che è finita dentro una difficoltà imprevista ed estrema, al di là di ogni immaginazione”.

 

E, a proposito di famiglia, “io sono un padre, sì, ma sono anche un figlio. Ho due genitori anziani, mio padre ha 91 anni, mia mamma 87. Ben prima che diventasse obbligatorio stare in casa ho chiesto loro in ginocchio di non muoversi. Per fortuna c’è una persona che li segue e sono protetti. Da quel momento non sono più andato a trovarli. Per il compleanno di mio padre sono salito con l’ascensore e mi sono fermato sul pianerottolo, gli ho lasciato il regalo e gli ho mandato un bacio a distanza. Per difenderlo, perché anch’io non so bene di cosa potrei essere portatore”. Poi, dice Gori, “ho tre figli in giro per il mondo. Mio figlio studia a Siena e in queste ore sta tornando in macchina. Le due ragazze sono in Inghilterra, uno dei paesi che più sta sottovalutando quello che accade. Mi riferiscono nelle università si danno feste, i compagni vanno in discoteca e loro sono giustamente preoccupate. Ieri il governo britannico ha detto due cose totalmente in contrasto l’una con l’altra. Ha detto che come minimo il 20 per cento degli inglesi finirà contagiato, e che però ritiene sia inutile chiudere le scuole. Nottetempo ci siamo consultati e abbiamo deciso che domenica torneranno qui a Bergamo, che in questo momento sarà pure l’epicentro dell’epidemia ma perlomeno staranno a casa e se dovesse succedere qualcosa sono sicuro che possono essere curate bene. Dieci giorni fa pensavo di essere fortunato a sapere che erano lontane da questo disastro”.

 

Il virus non ha confini

Il problema è che il coronavirus non teme confini geopolitici, si muove velocissimo e qualche governo ne sottovaluta la circolazione e l’impatto. “Pensiamo a Macron che in 24 ore è passato da dire in un tweet che la Francia non avrebbe mai rinunciato alle sue terrazze, alle sale da concerto e alle feste d’estate, al fare un discorso alla nazione, ieri, gravido di preoccupazione. Chi ha la fortuna di non essersi trovato in prima linea nell’esposizione la virus, com’è invece accaduto alla Lombardia, spero ne tragga qualche vantaggio. Spero che in Italia il centro-sud si stia attrezzando. Il ritardo iniziale dell’Italia è comprensibile, dalla Cina ci siamo trovati in casa improvvisamente persone che morivano di polmoniti che non erano state individuate per tempo come Coronavirus, pensiamo a Codogno e Alzano. Ma è strano che chi sta a poche centinaia di chilometri ancora oggi rimuova il problema pensando che non ne sarà toccato”.

 

Gori vede un forte senso di responsabilità da parte della cittadinanza, “non c’è alcuna ribellione. Da giorni c’è piena consapevolezza. Non c’è persona che non abbia capito le difficoltà alle quali siamo esposti e quali sono le nostre responsabilità. Ieri ci sono stati 54 morti, ci sono quasi 900 pazienti Covid ricoverati negli ospedali della provincia. Il sistema sanitario sta facendo miracoli inventandosi ogni giorni nuovi posti di terapia intensiva”. Secondo il sindaco di Bergamo però manca ancora un tassello: fermare la produzione, a partire dalle fabbriche. “Vanno salvaguardati i settori strategici che non possono fermarsi, come la filiera della sanità, dell’energia e dell’alimentare, le imprese a ciclo continuo. Non è facile ritagliare le deroghe e le eccezioni ma non va bene neanche lasciare gli imprenditori da soli a decidere cosa chiudere e non chiudere e assumersi in toto la responsabilità della salute dei lavoratori. E infatti sono molte le voci di imprenditori che in questo territorio si sono levate a sollecitare, insieme ai sindacati, un provvedimento di temporaneo fermo della produzione. La Brembo, una grande impresa integrata nelle catene internazionali del valore, che pure certamente è in grado di garantire la sicurezza dei suoi operai, ha appena annunciato la chiusura degli stabilimenti in provincia di Bergamo. Ecco, questo è il pezzo che ancora manca”.

 

Ora, aggiunge Gori, “io non invidio chi sta in cima alla piramide. Ci siamo trovati ad affrontare la più grave emergenza dal dopoguerra e in pochi giorni, di fronte ad un nemico di cui sappiamo poco o nulla, si sono prese decisioni estremamente complesse, che impattano sulla vita di tutto un popolo. Ci sono stati alcuni ritardi e qualche sbavatura, ma la risposta complessiva del Paese e delle sue istituzioni è stata all’altezza. Anche l’asse Governo-Regioni-Enti locali a mio parere sta funzionando, al netto di qualche incomprensione. Ora aspettiamo il pacchetto delle prime misure a sostegno delle imprese e delle famiglie. Quando la crisi sanitaria sarà alle spalle ci aspetta una partita non meno complicata, quella dell’economia, che richiederà altrettanta capacità e coesione”.

Di più su questi argomenti:
  • David Allegranti
  • David Allegranti, fiorentino, 1984. Al Foglio si occupa di politica. In redazione dal 2016. È diventato giornalista professionista al Corriere Fiorentino. Ha scritto per Vanity Fair e per Panorama. Ha lavorato in tv, a Gazebo (RaiTre) e La Gabbia (La7). Ha scritto cinque libri: Matteo Renzi, il rottamatore del Pd (2011, Vallecchi), The Boy (2014, Marsilio), Siena Brucia (2015, Laterza), Matteo Le Pen (2016, Fandango), Come si diventa leghisti (2019, Utet). Interista. Premio Ghinetti giovani 2012. Nel 2020 ha vinto il premio Biagio Agnes categoria Under 40. Su Twitter è @davidallegranti.