'Una zuppa' di Honoré Daumier 

Roma Capoccia - la tradizione abbandonata

L'eclissi della ciofella, ritornata nei menu veggy sotto mentite spoglie

Giovanni Battistuzzi

C'era un tempo nel quale a Roma si mangiava una zuppa d'orzo con gli scarti dei carciofi. Ad Aldo Fabrizi non piaceva per niente, Raimondo Vianello la ricordava con nostalgia. Era il piatto povero per eccellenza, ora è riapparsa in vesti chic nei menu vegetariani

Disse l’oste, un po’ seccato, che non era cambiato niente: “So’ quattro sordi er carciofo e du’ sordi ‘a carciofella. Nun te poi sbaja’!”. L’uomo che gli stava davanti mise le mani in tasca, ravanò un po’ e appoggiò due lire sul bancone. “E damme sta ciofella va’”. Poi, rivolgendosi al pubblico esclamò: “Anche la miseria ormai è cara ammazzata”.

Ad Aldo Fabrizi la carciofella o, per brevità chiamata, ciofella non piaceva per niente, “che a Roma ce stanno tante cose bbone e nun vedo pecché me devo magnà certe porcherie”, ma un posto nella sua pièce teatrale del 1945 “Roma città chiusa” glielo trovò. Perché la ciofella era parte di Roma di quella Roma.

E sì che a Roma la ciofella c’arrivò che era già Regno d’Italia. E’ un piatto inurbato, veniva dalle campagne e arrivò nelle osteriole con i primi inurbamenti sabaudi. La ciofella costava due soldi perché era un piatto semplice, un zuppone di orzo (cucinato o in acqua o nel latte) con i carciofi. Ma mica tutti i carciofi, solo gli scarti, le foglie esterne, quelle che si davano ai maiali. Le foglie esterne venivano fatte a listarelle e lessate a lungo per renderle il più morbide possibile, poi aggiunte alla zuppa.

Per Achille Campanile la ciofella era quasi una punizione: “Arrivava sempre il momento che mi ritrovavo una ciotola di ciofella fumante davanti. Ed era quando stavo male di stomaco: mia madre diceva che mi faceva bene. In effetti di solito mi sistemava a puntino”.

A Roma la ciofella è durata un’ottantina d’anni, ha sfamato un numero enorme di persone, poi com’era arrivata se ne è andata con il boom economico. A nessuno piacciono i piatti che ricordano quando si stava peggio.

Eppure, c’è chi la ricordava con affetto. Nel 1987 al SandraRaimondo Show Raimondo Vianello confidò che gli sarebbe piaciuto mangiare di nuovo un piatto di carciofella, ma che ormai non era possibile perché non la faceva e se la ricordava più nessuno, “ma era buona, soprattutto quella cucinata nel latte e coi pezzetti di cotica”.

I piatti spariti però ogni tanto si riaffacciano in mutate forme e mutate vesti. E così sbirciando nei menu di ristoranti vegetariani si trovano zuppe d’orzo e carciofi, questa volta però con la parte buona del carciofo e con tanto di listarelle fritte a fare da guarnizione per appagare occhio e palato. Non si chiama però più ciofella e non costa più due soldi, ma tant’è: “Anche la miseria ormai è cara ammazzata”.

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