Roma capoccia

Regionali per contarsi: la guerra di preferenze nel Pd e in FdI  

Gianluca De Rosa

Fabio Rampelli, il grande escluso del governo della destra, vuol dimostrare che a Roma è ancora il capo. Nel Pd tutti contro Areadem, con sguardo ai congressi locali

La partita principale delle elezione regionali del Lazio ha una trama semplice. Francesco Rocca, candidato della coalizione del centrodestra, complice la spaccatura della sinistra, è il super favorito. Alessio D’Amato, candidato di Pd e Terzo polo, assessore alla Sanità uscente, forte dei risultati della campagna vaccinale, sogna un clamoroso ribaltone. La sfida vera però si gioca dentro i partiti. Due su tutti: Pd e FdI. Da queste parti le regionali assumono tutto un altro sapore. Quello della conta interna. Lo strumento per calibrare i rapporti di forza: chi prende più preferenze pesa di più. Vicende speculari e con una comune e importante coincidenza: entrambi i partiti dopo le elezioni dovranno celebrare i loro congressi locali.

Dentro FdI il livello dello scontro è altissimo. La scorsa settimana Giorgia Meloni, presidente del consiglio, ma anche di FdI , ha rimosso il coordinatore romano Massimo Milani, accusato di usare l’agenda dei contatti del partito per invitare i simpatizzanti agli eventi di Fabrizio Ghera e Marika Rotondi, i candidati di Fabio Rampelli, il grande escluso del governo della destra. Da queste parti la corsa interna è sempre stata quella tra meloniani e rampelliani. Un’ordinaria sfida di fazioni per  pochi posti, tre nel 2018. Questa volta  invece i posti saranno molti di più, ma la vicenda diventa per paradosso più importante. Per Rampelli è una ghiotta occasione di vendetta, un modo per dimostrare che a Roma, a casa della premier, il più forte è ancora lui. Non è un caso che Francesco Lollobrigida, ministro dell’Agricoltura, cognato e alleato di Meloni, abbia sospeso qualsiasi impegno per dedicarsi alla battaglia a sostegno dei meloniani Giancarlo Righini e Roberta Angelilli.

Nel Pd che sente odore di sconfitta, dopo 10 anni di governo, la sfida delle correnti assume toni meno epici, ma non per questo meno conflittuali. Nel 2018 alla Pisana c’erano posti per tutti. Entrarono i renziani Marco Vincenzi e Marietta Tidei, gli zingarettiani Massimiliano Valeriani e Marta Leonori, anche se la sfida la vinse AreaDem. Daniele Leodori si diplomò Mr preferenze, con oltre 18mila voti. In tandem con lui correva la deputata Pd e moglie del capo corrente Dario Franceschini, Michela Di Biase (che sfondò le 13mila preferenze). La corrente fino ad oggi esprimeva  anche i segretari del partito regionale (Bruno Astorre) e di quello romano (Andrea Casu). Questa volta invece, complici i pochi posti a disposizione in caso di probabile sconfitta, è stato sancito un accordo tra correnti che potrebbe mettere in difficoltà il primato dei franceschiniani. Mario Ciarla ed Eleonora Mattia avranno il supporto del sindaco Gualtieri (e del suo fratello politico Claudio Mancini), di Base riformista e anche di Goffredo Bettini. Tutti contro Areadem (spariglia solo l’assessore uscente, già zingarettiano, Massimiliano Valeriani) per superare la coppia Leodori-Droghei, nel senso di Emanuela, ex collaboratrice di Di Biase ora promossa a candidata. Non sono un caso le polemiche alimentate nelle scorse settimane contro il sindaco di Roma  da diversi consiglieri, soprattutto da Andrea Alemanni, esponente di spicco di Areadem che ha quasi accusato il sindaco di nomine strumentali con riferimento all’arruolamento in Campidoglio di Marco Vincenzi e a Patrizia Prestipino, esponenti  di punta di Base riformista. Il risultato darà un forte segnale in vista dei due congressi locali. Anche se il Pd è un’alchimia complessa e, a livello nazionale, tutto si mischia. Zingaretti, Bettini e Franceschini appoggiano Elly Schlein, mentre Mancini e Base riformista sostengono la corsa di Stefano Bonaccini.