Roma Capoccia

"Una scusa per farmi fuori". Parla Milani, il coordinatore romano di FdI commissariato da Meloni

Gianluca De Rosa

Dopo la decisione ha scritto alla presidente del partito e premier chiedendo di rivedere la decisione: "Quelle contro di me solo illazioni". E attacca: “Nessuno mi caccia da casa mia”

“Per l’invito all’evento ho usato i contatti del mio cellulare, evidentemente a Giorgia la cosa è stata raccontata male, le ho chiesto di ripensarci, non si può usare un pretesto per farmi fuori, io rappresento il 70 per cento degli iscritti romani, i più numerosi di tutte le federazioni di FdI”. Massimo Milani non ci sta. L'ormai ex coordinatore romano di FdI si difende con il Foglio dalle accuse che hanno portato la premier e presidente del partito a commissariarlo. Sotto gli affreschi di palazzo Colonna  è ancora il coordinatore di FdI nella capitale. Ance Roma che ieri mattina ha organizzato la presentazione dell’ “Osservatorio per il Pnrr e Giubileo” con il sindaco Roberto Gualteri e il viceministro alle Infrastrutture Galeazzo Bignami non poteva immaginare che, proprio poche ore prima dell’inizio dell’evento, Milani si trovasse commissariato. “Penso sia stata solo una scusa per farmi fuori”, dice lui senza troppi giri di parole. Appena saputa la notizia, due giorni fa, ha scritto alla premier. “Le ho spiegato che quelle contro di me sono tutte illazioni senza alcun fondamento”.

 

L’accusa nei suoi confronti è in breve questa: l’ormai ex coordinatore romano avrebbe usato la mailing list del partito per invitare i simpatizzati a un evento dei due candidati in consiglio regionale della corrente rampelliana, Fabrizio Ghera e Marika Rotondi. “Non è vero – ripete –  se questa sospensione serve a evitare problemi fino alle regionali posso accettarlo, ma io FdI ho contribuito a fondarla, è casa mia, nessuno mi mette alla porta, non lo dico contro Giorgia, ma per il suo bene, a differenza di quello che fanno altri”. Chi sono questi altri? “Potete immaginarlo bene”. Il riferimento è all’ala più vicina a Francesco Lollobrigida, il ministro dell’Agricoltura, e cognato della premier, per paradosso minoranza  nel partito romano, ma maggioranza in tutto il resto d’Italia. I militanti vicino a Rampelli la dicono così: “Vogliono l’ultimo scalpo, il trofeo più importante, perché qui a Roma noi resistiamo come l’ultimo giapponese”.


La questione d’altronde ribolliva da tempo. Lo si era capito prima con l’esclusione di Rampelli da ogni ruolo di governo e, soprattutto, dalla corsa per la Regione Lazio a favore dell’ex presidente della Croce rossa Francesco Rocca. Ma Roma, è il sogno di Rampelli e dei suo Gabbiani, gli ex ragazzi cresciuti nella mitologica sezione di Colle Oppio (lo furono anche Meloni e Lollobrigida), è di mantenere il controllo della federazione romana, “il cuore pulsante del partito”, anche al prossimo congresso. Come ricorda Milani infatti: “Io stesso sono in realtà commissario dal 2016, è da tempo che la federazione non fa un congresso, quest’anno i tempi sono maturi”. Insomma, i nodi stanno per arrivare al pettine.

 

Interpellato sulla vicenda il  viceministro Bignami risponde sibilino citando il padre politico di tanti esponenti di FdI, Pinuccio Tatarella: “Sapete cosa diceva: ‘a Roma non devi neanche pensare’”. Un modo per dire: se vuoi governare delle beghe capitoline non ti occupare, perché il rischio di finire in mezzo a faide pericolose, potenzialmente mortali, è dietro l’angolo. E’ la preoccupazione anche di Meloni che la faida che agita le acque dei patrioti capitolini ha cercato di soffocarla sul nascere, colpendo Rampelli, ma cercando di farlo simulando terzietà. Come commissario ha scelto un papa straniero, l’uomo macchina del partito e suo fedelissimo Giovanni Donzelli, spiccato accento fiorentino e pazienza da mediatore dell’Onu. Eppure la vicenda continua a sembrare il colpo di pistola definitivo alla testa di Rampelli. A un collega deputato che ieri in Transatlantico gli chiedeva “Come va?” Donzelli ieri rispondeva provatissimo: “Dopo una riunione di tre ore con Rampelli come vuoi che vada…”. Ma intanto in tv rilasciava parole di miele per il  vicepresidente della Camera dei Deputati: “E’ una persona importantissima per FdI, un amico. Siamo l’unico partito che non ha caminetti. Lavoreremo tutti insieme per far crescere non solo Fdi e il centrodestra ma l’Italia. Non esistono i ‘rampelliani’ o i ‘donzelliani’, siamo tutti di Fdi e tutti al servizio della nazione”. Ma anche: “Ci sono regole da rispettare e c’è un presidente, Giorgia Meloni, che decide”.


Già nei prossimi giorni Donzelli convocherà i responsabili municipali di FdI. Inizierà dunque la fase del commissariamento. I rampelliani però hanno già dettato la loro linea: fino alle regionali resteranno in silenzio, disciplinati a sostegno di Francesco Rocca, più tardi Milani dovrà essere reintegrato oppure sarà guerra.