(foto LaPresse)

Roma e i suoi rifiuti ingombranti

Gianluca De Rosa

La sindaca fa i video sugli svuota cantine, ma le discariche abusive esistono perché Ama non funziona

Roma. Il sito semplice e accogliente vince l’indolenza e convince ad afferare il telefono. Lo 060606 – centralino di Roma Capitale – risponde subito. “La mettiamo in contatto con l’ufficio responsabile di Ama”. Dopo cinque minuti che la versione acutizzata dal telefono del concerto per oboe e archi in La minore di Antonio Vivaldi suona invano, si capisce che far ripulire la propria cantina sarà meno facile del previsto. Dopo 54 minuti di attesa – in cui si è ormai sviluppata un’inevitabile idiosincrasia per l’incolpevole Vivaldi – succede l’impensabile: alla musichetta e all’ammonimento ad “avere con sé il codice Tari”, si sostituisce un’altra voce. “Digiti 1 se il tempo di attesa è stato troppo lungo, 2 se è soddisfatto delle risposte fornite, 3 se non è riuscito a risolvere il problema”. L’incredibile sondaggio senza oggetto di Roma Capitale. Nella speranza di non aver speso un’ora invano, si tenta: uno. “Il comune di Roma la ringrazia per aver contribuito al miglioramento del servizio, arrivederci”. Tu-tu-tu-tu.

 

Far ritirare i rifiuti ingombranti, ripulire la propria cantina o il proprio garage passando per le vie legali a Roma è un’operazione molto complessa. Nonostante Ama abbia persino un tariffario: per il ritiro al piano stradale di oltre 2 metri cubi di materiale il costo è di 54,34 euro più iva, se si vuole il ritiro al piano o in cantina anche per meno si spendono 18 euro che lievitano fino a 77 per oltre 4 metri cubi. Discorso analogo (anzi più caro) per i negozi. Ma tutto questo varrebbe se solo qualcuno rispondesse al telefono.

 

E proprio il mal funzionamento di questo servizio a rafforzare le fila degli “zozzoni”, i cittadini che, esasperati o meno, abbandonano frigoriferi, divani, e quant’altro vicino ai cassonetti o in mezzo alla strada. Incivili che sono diventati i nemici numeri uno di Virginia Raggi che contro di loro ha iniziato una battaglia senza quartiere. App per la delazione, video con le immagini dello “zozzone” all’opera postati su Facebook (pagina da oltre 1 milioni di “mi piace”). Al di là del discutibile metodo per contrastarlo, come dare torto alla sindaca sulla nocività del fenomeno. Soprattutto dopo aver visto le immagini terrificanti del campo rom di Castel romano, discarica abusiva a cielo aperto, dove, tra la tanta monnezza, arrivano anche le paccotaglie raccolte nelle cantine di tanti “zozzoni” romani. Un business illegale e odioso, ma di cui l’ora di attesa al telefono spiega chiaramente la ragione. Proprio su Castel romano, intanto, prosegue lo scarica barile con la Regione che ieri ha emanato un’ordinanza per costringere il Campidoglio entro 15 giorni a bonificare l’area, controllarla e ripristinare i depuratori del campo. Da palazzo Senatorio la replica è arrivata secca “impugneremo il provvedimento: stiamo già facendo tutto e sui depuratori la responsabilità è della Regione”. Per Roberta Angelilli di Fratelli d’Italia l’impugnazione “è un atto di arroganza: la sindaca sgomberi e bonifichi l’area, poi si capiranno le rispettive responsabilità”.